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grande stupore

Oggi mi è capitato di leggere questo articolo del NYT, e sono rimasto piuttosto stupito. Non mi ha stupito che il cardinale di New York abbia scherzato, baciando per esempio l’inesistente anello di Stephen Colbert: ovvio che si sono preparati gli sketch in anticipo, in una discussione su come gioia e umorismo fanno parte della vita spirituale. D’altra parte, ho anche il sospetto che alla periferia dell’impero il cattolicesimo sia molto più allegro di quello che vediamo in Italia. Mi ha stupito un po’ scoprire che Colbert è cattolico praticante e insegna persino catechismo, o quello che è la Sunday School: ma c’è stata una cosa molto più incredibile, per uno abituato a leggere i nostri quotidiani online.
L’articolo termina infatti con questo testo:

This article has been revised to reflect the following correction:
Correction: September 15, 2012
An earlier version of this article misidentified the magazine whose editor sent out live Twitter posts from the event. It is Commonweal, not the Jesuit weekly America.

Insomma: il NYT ha fatto un errore, gli è stato fatto notare, e non solo ha corretto l’articolo: ha anche esplicitamente spiegato che l’errore c’era, e qual era. Da noi, quando va bene, scrivono “articolo modificato”…

Ultimo aggiornamento: 2012-09-18 18:33

deontologia giornalistica

Non so se in questi giorni vi siete trovati davanti il messaggio sui “miracoli di Hollande”, dove il presidente francese e socialista veniva indicato come il Vero Abbattitore della Casta (non Laetitia, intendiamoci). La “notizia” era una bufala, come capita molto spesso e poteva essere facilmente subodorato dalla mancanza di link a siti d’oltralpe che presentassero le Grandi Riforme. Paolo Attivissimo ha rintracciato la fonte originale, un blogger che alla richiesta di indicare le fonti ha risposto “è scritto tutto sui siti indipendenti bretoni, provenzali, baschi, i più liberi dell’Europa mediterranea”. (Scusate, prima di proseguire devo smettere di ridere).
Fin qua, nulla di particolare. Non è nemmeno così strano che la “notizia” sia stata copincollata nel blog di Leonardo Coen su Repubblica senza assolutamente citare la fonte. D’altra parte volete mettere l’importanza di Repubblica con quella di un blog qualunque? Ora lascio a voi decidere se la successiva riscrittura del post da parte di Coen per rifarsi una verginità (peccato per lui che gli screenshot parlino sin troppo bene…) sia o no una cosa strana. E no, non ci si può nascondere dietro la foglia di fico che “quello è un blog, non rispecchia la linea editoriale del nostro quotidiano”. Io guardo l’indirizzo del blog e leggo *.REPUBBLICA.IT, e lo associo a Repubblica.

Ultimo aggiornamento: 2012-07-18 11:44

la massa oscura di lavoratori tedeschi

Oggi il Corsera (pagina 5, taglio basso) fa un confronto tra i lavoratori pubblici in varie nazioni europee, con relativa grafica che potete vedere qui. L’infografica mostra la popolazione, il numero di dipendenti pubblici, la loro percentuale rispetto alla forza lavoro complessiva, e la spesa per i dipendenti pubblici sul PIL.
In Italia ci sarebbero 3.250.000 dipendenti pubblici, pari al 14.3% della forza lavoro, che a questo punto corrisponderebbe a 22.700.000 persone; quindi i lavoratori sono un po’ più di un terzo della popolazione complessiva. Per dire, in Francia ce ne sarebbe più del doppio, 7.539.000 pari al 26,7% della forza lavoro che corrisponderebbe circa a 28.200.000 persone: la percentuale dei lavoratori rispetto a tutta la popolazione sale a oltre il 40%, il che può ancora avere un senso. Magari in Italia c’è molta più gente che non si dichiara né lavoratore né in cerca di lavoro, e le statistiche sono un po’ falsate.
Però la Germania ha 9.200.000 dipendenti pubblici, pari al 10,4% della forza lavoro; si deduce che la forza lavoro è di 88.500.000 persone, superiore all’intera popolazione che, dai lattanti agli ultracentenari, assomma a 82,4 milioni. Magari poi veniamo a scoprire che più di metà dei lavoratori tedeschi sono in realtà turchi, romeni e polacchi, e i conti tornano; ma ho dei forti dubbi al riguardo. Eppure la giornalista ha preso questi dati e ci ha costruito su l’articolo senza proprio pensare a questo paradosso. È bello avere delle certezze nella vita.

Ultimo aggiornamento: 2012-07-16 15:07

Targhettizziamo

Stavo guardando un articolo su Libero per una delle mie vignette che non fanno ridere, e mi è saltato l’occhio sulla colonna di destra, “gli articoli più letti”. Li trovate qua. (Per la cronaca, l’articolo che leggevo era nella sezione “Politica”, quindi la lista era generale e non di sezione).
Han voglia a fare acute analisi politiche: la gggente ha scelto.

Ultimo aggiornamento: 2012-07-11 14:39

più o meno soldi?

[meno gettito?]
[meno gettito?]
Cosa capisce il lettore frettoloso da questi titoli nella home page di Cor&Rep? Che il gettito fiscale è diminuito.
In realtà, leggendo gli articoli si scopre che rispetto all’anno scorso sono stati incassati più soldi, il che è già preoccupante pensando che a essere buoni rispetto a un anno fa il PIL è rimasto costante e quindi significa che ci hanno preso più tasse. Il buco indicato nei titoli è infatti calcolato rispetto al DPEF, cioè alle previsioni di incasso: in pratica sono stati incassati meno soldi rispetto alle speranze. Nulla di nuovo né di strano, considerando che il piano presentato l’anno scorso agli europei mostrava appunto le speranze: ma è necessario che i nostri giornali perpetuino la presa per i fondelli?

Ultimo aggiornamento: 2012-06-06 12:13

insegua quel twit!

[followers, cioè inseguitori]
Quello qui sopra è il ritaglio di un articolo del Corsera odierno (pagina 6 taglio basso, per la cronaca), in un articolo dove si parlava degli strani messaggi spediti ieri su Twitter dall’account della CGIL. Per quanto mi riguarda i messaggi non erano nemmeno così strani, ma non importa: quello che mi ha lasciato basito è la nota della redazione che ha “spiegato” come i follower dell’account Twitter siano gli inseguitori. Mi chiedo perché un qualsivoglia componente di una redazione decida che una parola inglese non sia comprensibile ai lettori del quotidiano, decida di inserire una traduzione esplicativa, e sbagli completamente questa traduzione: tra l’altro “inseguitore” non è nemmeno una traduzione di “follower”, se non nell’ambito della meccanica.
Capisco che “seguace” possa sembrare un po’ esagerato, “ammiratore, discepolo” non siano necessariamente veri, “aderente” sia troppo formale: ma allora che si usi una perifrasi, “coloro che seguono gli aggiornamenti”… oppure si scriva “lettori abituali” o qualcosa del genere!
(per i grammar nazi: usare il plurale per follower è invece corretto, visto che la parola è stata scritta in corsivo e quindi segue le regole della lingua di partenza non essendo un prestito ma una citazione)

Ultimo aggiornamento: 2012-02-23 11:35

Splinder è morto, ma…

Se mi state leggendo, con ogni probabilità sapete cosa è stato Splinder: una piattaforma italiana di blog che ha avuto in passato momenti di grande gloria ma che è man mano diventata meno importante fino ad essere stata ufficialmente dismessa dai suoi proprietari a fine gennaio. Requiescat in pace.
Quello che però forse non sapete è che il fantasma di Splinder continua ad aleggiare. Prendete un articolo qualunque del Corriere della Sera, chessò questa notiziona sulle auto di lusso restituite ai concessionari per paura dei controlli della Finanza, e aprite il sorgente HTML. Su Firefox e Chrome basta schiacciare Ctrl-U. Troverete una riga come questa:
[...] dc:subject="" dc:creator="" dc:date="" trackback:ping="http://www.splinder.com/trackback?source=http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/12_febbraio_9/controlli-auto-lusso-boom-restituzioni-1903204974407.shtml"/>
Questa riga servirebbe per attivare il trackback, cioè un sistema automatico che aggiunge a una pagina web – generalmente quella di un blog – un collegamento a un altro blog che ha citato quella pagina. Non ci sarebbe nulla di strano se il Corriere facesse una cosa del genere per vedere quanti blog citano i propri articoli: poi sta a loro scegliere se pubblicizzare o no tali blog. Però per fare una cosa del genere occorre usare un programma locale, non certo uno che gira su un’altra piattaforma e che naturalmente non è mai funzionato come dovuto, almeno negli ultimi anni: ogni volta che citavo un articolo del Corsera mi arrivava un messaggio di errore che io bellamente ignoravo.
Ora la cosa è ancora più comica, visto che Splinder non esiste più e qualunque accordo fosse un tempo stato in essere è automaticamente rescisso. Però credo che sia chiaro che nessuno al Corriere (non dico i giornalisti, loro hanno tutto il diritto di non saperlo, ma chi gestisce la piattaforma web) sappia assolutamente cosa stia girando sui loro server, il che non mi pare bello: io non ho problemi ad ammettere che mica so esattamente tutto quello che c’è dietro questo blog, ma io sono appunto un dilettante allo sbaraglio…

Ultimo aggiornamento: 2012-02-10 07:00