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E un’OPA sui titolisti?

[Non c'è obbligo di Opa: mannò!]
Quello qui sopra è uno strillo in prima pagina di Repubblica. Il testo, per chi non può vedere l’immagine, dice: «Telecom, Vegas: “Non c’è obbligo di Opa” […] Il numero uno della Consob al Senato: “Solo quando i poteri di governance di Telefonica diventeranno reali, sarà possibile verificare l’obbligo di Opa”.»
Quando ho letto quel titolo, il mio pensiero è stato “Ma che cosa si è fumato Vegas?” Poi sono andato a leggere l’articolo, e ho capito che a fumarsi qualcosa (roba pessima) è stato il titolista. Secondo la legge italiana, infatti, un’OPA (Offerta Pubblica d’Acquisto) è obbligatoria se un azionista supera il 30% di quota dell’azienda. Ora, Telco ha circa il 22% delle azioni Telecom, e Telefonica ha sicuramente meno del 2% delle azioni Telecom per conto suo. Quindi obblighi di OPA non ce ne possono essere, e non c’è nulla da verificare. E questo è quanto Vegas ha in effetti detto.
Ora, questi concetti potrebbero non essere noti alla casalinga di Voghera, che magari non sa nemmeno cosa sia un’OPA; ma si spera che il titolista del secondo quotidiano d’Italia questo lo sappia. E allora perché scrivere un titolo insensato, senza neppure che si stia parlando di Berlusconi?

Ultimo aggiornamento: 2013-09-26 09:42

l’internazionalismo italiano

In India il partito del Congresso ha deciso di creare un nuovo stato, il Telangana, suddividendo l’Andhra Pradesh. Gli abitanti della parte dell’Andhra Pradesh rimasto, che si troverebbero senza capitale (Hyderabad resterebbe nel territorio del Telangana, anche se per dieci anni sarebbe una “capitale condivisa”: la cosa non è banale, perchè Hyderabad è la sesta città dell’India, ha per esempio il quartier generale indiano di Facebook), sono insorti come avevano già fatto nel 2009; ma sono corsi e ricorsi storici, perché il Telangana era stato unito all’Andhra cinquant’anni fa tra le proteste dei suoi abitanti. Insomma, la situazione è piuttosto pesante.
Però se uno legge i quotidiani italiani, almeno quelli online, non sa nulla. Ho controllato le sezioni Esteri di Corriere, Repubblica, Stampa, Messaggero (no, loro non hanno una sezione esteri), Giornale, Libero, Padania. Zero. Di notizie da quelle parti c’è solo quella dello show pakistano che dà in premio neonati – notizia di cui per esempio non v’è traccia sul Guardian. Ah, sì: c’è un flash sull’India nel sito del Corriere: questo. Abbiamo titoloni su Berlusconi che dice sempre le stesse cose, titoloni su Marchionne che dice sempre le stesse cose, titoloni su Manning dichiarato colpevole (perché se si parla di USA allora sì che siamo internazionali): punto.
Una cosa minimale sul declino totale italiano: stamattina sono andato a vedere la voce di Wikipedia sul Telangana. La versione inglese era semiprotetta perché anche da loro si scambia un’enciclopedia con un sito di cronaca; c’erano versioni in una ventina di lingue, tutte le principali del mondo… tranne quella italiana. Probabilmente chi lavora su it.wiki era troppo preoccupato ad aggiornare le voci sul calciomercato. (Per la cronaca, per la prima volta da penso un anno a questa parte ho aggiunto una voce: giusto un abbozzo, ma almeno se per sbaglio qualche italiofono passa di là sa da dove partire)

Ultimo aggiornamento: 2013-07-31 09:51

432 Hertz

[registrato a 432 Hertz] Quello qui a fianco è il riquadro con la prima notizia presente nel colonnino morboso di Repubblica alle 19:30 di ieri. Testo ribadito anche in questa pagina dove si può vedere un video della cantante.
Peccato che “registrare a 432 Hertz” non abbia nessun senso. Diciamo che se uno ha una buona conoscenza della storia della musica può immaginare cosa si volesse dire: che cioè l’accordatura degli strumenti non fosse quella di temperamento equabile usato oggi, ma un temperamento inequabile, accordato inoltre leggermente più in basso di quanto si faccia oggi. E infatti una rapida ricerca ha trovato questo articolo, sempre pieno di terribili newagismi ma più comprensibile.
Capisco che quello della frequenza sia un tema che fa incaponire la gente peggio del giudizio su Berlusconi: se non ci credete, guardate questa voce di Wikipedia. Ma magari sapere di che si parla potrebbe aiutare…

Ultimo aggiornamento: 2013-07-04 07:00

Gramellini se l’è cavata

Ieri il Buongiorno di Massimo Gramellini raccontava quella che poi si è saputa essere la bufala del commissario alla maturità che si è sentito chiedere di far bocciare il figlio perché altrimenti non avrebbe potuto fare il cameriere in pizzeria. Io tendo a evitare di leggere i giornali, quindi non avevo capito che la bufala era presente su vari giornali: avevo semplicemente visto il link postato da qualcuno e creduto fosse una delle solite provocazioni di Gramellini.
Saputo il tutto, stamattina sono andato apposta a vedere cosa avrebbe scritto: devo dire che se l’è cavata bene. Non tanto per scrivere subito di essere “dell’agenzia Pirla”, né per la frase finale «Continuerò a coltivare la mia ingenuità: fa comunque meno danni del cinismo» (ueh, stiamo parlando del Gramellini, se non mi aspettassi un po’ di retorica vivrei in un altro pianeta). È però riuscito a dire che ha sbagliato, e cosa avrebbe dovuto fare, e non si è nascosto dietro un dito. Non è così banale, in mezzo a gente (non solo giornalisti, e nemmeno politici, e direi neppure solo italiani) che per prima cosa inizia a dire che è stata fraintesa, che le cose sono diverse da come sembrano, che le cavallette. Quindi, tanto di cappello.

Ultimo aggiornamento: 2013-06-28 10:23

falafel halal

Ringraziamo Rosaria Talarico che sulle colonne (elettroniche) della Stampa ci spiega come vengono i terroristi islamici vengano reclutati nei negozi di alimentari islamici: “Vai a comprare un felafel fatto con carne «halal» (l’unica che i musulmani osservanti possono mangiare perché macellata secondo le regole della legge islamica) ed esci con un volantino.”
Che i falafel non contengano carne, halal o no che sia, è solo un particolare.

Ultimo aggiornamento: 2013-06-21 14:28

mica solo l’italica stampa!

Scopro su Google+, via Fernando Santagata, questo articolo di Wired (edizione inglese), che racconta di come un team di “ricercatori tedeschi” abbia avuto una Grande Idea per evitare il commercio illegale di ebook. L’idea è semplice: fare delle piccole modifiche a ciascuna copia del testo, e tenere traccia delle modifiche stesse, in modo che i pirati di libri abbiano paura di essere pescati perché ogni copia è tracciabile. Numericamente parlando, il conto è presto fatto: basta avere venti modifiche possibili per ottenere più di un milione di “copie uniche”.
Sul merito io ho dei grossi dubbi: in questo modo forse blocchi lo spacciatore di libri per lucro, ma a chi si scambia il testo con gli amici ovviamente la cosa non farà né caldo né freddo. Ma magari questo significa che gli editori sanno cose che io non so, e che esistono davvero questi mercati nascosti di copie piratate di libri. Sul metodo, nulla da eccepire: io stesso ho tentato, ahimè con ben scarsi risultati, di creare copie univoche del mio ebook autoprodotto come “valore aggiunto” (nel senso che l’ebook standard è liberamente scaricabile, quello personalizzato con e-dedica no). In un mondo dove una copia ha costo marginale nullo, sono convinto che l’unica via pratica sia appunto creare qualcosa “su misura”. Qui ovviamente il risultato voluto è completamente diverso, ma il principio resta.
Ma quello che mi ha fatto ridere è stato leggere questa frase: «By studying a list of example words and phrases that could be changed in purchased books, you can see that the changes are minor — like from “very disturbing” to “not disturbing.”». Credo che sia chiaro che cambiare “very disturbing” in “not disturbing” sia non sia proprio una modifica minore, no? E in effetti, andando a vedere il documento citato, le cose sono un po’ diverse. Ci sono quindici esempi di testo originale e modificato: il test è capire qual è il testo modificato e quanto – da “molto” a “per nulla” la modifica dia fastidio. Per dare un’idea delle modifiche: nel primo esempio un “unsichtbar” (invisibile) diventa “nicht sichtbar” (non visibile); nel terzo esempio, “ohne Tyrannei und Hunger” (senza tirannia e fame) diventa “ohne Hunger und Tyrannei”. Capirete che bastava guardare il documento, anche senza sapere una parola di tedesco, per immaginare cosa si fa. Però il problema era appunto quello: il documento è in tedesco, e Roberto Baldwin al limite l’ha fatto passare per Google Translate :-)
Qual è l’unico vantaggio rispetto all’italica stampa? Beh, dovreste averlo capito: perlomeno il link al documento c’era, e così ho potuto farmi un’idea da solo :-)

Ultimo aggiornamento: 2013-06-19 16:12

avrà proprio detto così?

Ieri Repubblica aveva un articolo sulla chiusura della Brockhaus, l’equivalente tedesco della Treccani (anzi, direi che è più corretto dire che la Treccani è l’equivalente italiano della Brockhaus): io ieri stavo tinteggiando casa, quindi l’ho visto solo oggi.
Ovviamente il titolone è «un mito del Sapere ucciso da Wikipedia». Vabbè. Però c’è una cosa che a me, come al solito, infastidisce davvero. Andrea Tarquini cita ampiamente un articolo di Peter Praschl sul Welt am Sonntag: peccato che chi ha preparato la pagina web si sia “dimenticato” di inserire un link all’articolo di Praschl. (Per i curiosi, lo trovate a questo). Certo, il testo è in tedesco, e non è che Google Translate funzioni così bene: ma io resto della posizione che un media debba dare al lettore la possibilità di risalire alle fonti, almeno quando sono pubbliche.
È anche vero che leggendo le fonti originali magari si scopre che le cose sono un po’ più complicate, e la colpa non è tutta di Wikipedia… ma questo sono certo è irrilevante, tanto nessuno leggerebbe mai un articolo in tedesco.

Ultimo aggiornamento: 2013-06-17 14:33

visto da destra, visto da sinistra

Non so che dire su don Andrea Gallo. Ricordo solo che quando Anna e io siamo stati a Genova per il Festival della Scienza, avevamo fatto un salto alla Feltrinelli locale, e ci eramo trovati tra le novità mezza dozzina di libri firmati da lui. Per il resto, la mia sensazione a pelle è che non fosse inviso più di tanto alle gerarchie ecclesiastiche per l’ottima ragione che non faceva politica nel becero senso italiano del termine, e che fosse un cristiano cattolico nel vero senso del termine. Che la terra gli sia lieve.
Quello che so dire è che è istruttivo leggere quali sarebbero stati i rapporti di don Gallo con Tarcisio Bertone, quando quest’ultimo era arcivescovo di Genova. Se uno va a leggere Il Giornale, scoprirà per esempio questo:

«con Tarcisio Bertone – che nell’iconografia tradizionale del parlamentino ecclesiastico sarebbe stato seduto dall’altra parte degli scranni – i rapporti erano addirittura idilliaci. Salesiani entrambi, qualcosa di più forte della politica.»

Se uno invece legge Repubblica, le cose stanno in modo un po’ diverso:

«Ben diversi i rapporti tra don Gallo e Tarcisio Bertone. La chiesa degli ultimi contro quella del potere. Per mesi Bertone non lo degna di una visita, parla di lui solo sui giornali. Fino a quando non puntualizza che “la chiesa genovese continuerà a svolgere i suoi interventi a favore dei poveri, dei senza dimora, degli emarginati, degli anziani, dei giovani e delle giovani a rischio, ma nell’autenticità dello spirito del Vangelo”. L’avversativo esalta la destra che continua a sognare la bastonata finale. Ma Bertone ha altre mire e altri interessi. Il caso san Benedetto sarebbe solo un impiccio.»

Chi ha ragione? Non lo so. Forse non è nemmeno così importante saperlo. Quello che è importante è rendersi conto che anche se don Gallo non faceva politica all’italiana, sicuramente la politica italiana si è fagocitata don Gallo, ancor più ora che è morto; quello che è parimenti importante è ricordarsi che è molto meglio non leggere un singolo italico quotidiano, perlomeno se si vuole sapere qualcosa in più di una minima sfaccettatura.

Ultimo aggiornamento: 2013-05-23 15:46