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_Il mio Papa_

Oggi, al prezzo di lancio di 50 centesimi e con una tiratura di tre milioni di copie (una copia ogni venti residenti in Italia, per dare un’idea), esce in edicola il primo numero di Il mio Papa: «il primo settimanale al mondo interamente dedicato al Santo Padre».

Ho il sospetto che buona parte dei miei ventun lettori (cattolici o no che siano) diranno WTF o qualcosa del genere. Può darsi. Io so solo che ieri, mentre ero dal giornalaio a comprare le parole crociate per mia mamma, è arrivata una signora tutta trafelata a chiedergli di tenerle da parte una copia perché non sapeva se sarebbe riuscita a passare. La signora in questione era più giovane di me – non che ci voglia molto, d’accordo, però non era la vecchina ottantenne che ci si poteva aspettare essere il target tipico dell’iniziativa.

La mia sensazione è che a Mondadori abbiano fatto bene i loro conti. Una volta c’era tutta una serie di riviste coi gossip – veri o inventati – sulle figure regnanti: Ranieri di Monaco, con Grace e i figli, erano sempre in primo piano ma anche la famiglia reale inglese si difendeva più che bene e c’era un minuscolo spazio persino per i Savoia. Al più si aggiungevano i grandi attori. Si è poi abbassata man mano l’asticella, arrivando ai tronisti e poi non so cos’altro: ma magari la gente si è anche scocciata di vedere gente come loro. A questo punto non vedo nulla di strano nel rialzare di nuovo l’asticella… la gente ricomincerà a fare ooooooh e continuerà a fare quello che faceva prima.

Ultimo aggiornamento: 2014-03-05 12:22

Continua l’addio al “giornale gratis”

Ne ho parlato meno di un mese fa: i quotidiani italiani tendono ad allontanarsi dal modello “tutto gratis”. L’ultimo in ordine di tempo è Giuliano Ferrara con Il Foglio, che ha twittato «Da domani nessun articolo del Foglio gratis on line. Solo carta o on line a pagamento. Fino alla fine di maggio. Esperimento. Grazie»

Ora, sono anni che mi chiedo quante copie venda Il Foglio – occhei, non è che non ci dorma la notte. Mi sa che si possa contare sulle dita di una mano il numero di volte in cui ho citato un articolo del Foglio – anzi no, sono stato ottimista: il numero totale è 1 (uno), nel 2009. Insomma, la cosa non mi tange. Però ero convinto che quotidiani come quello vivessero più che altro per le citazioni fatte da altri: e se non puoi leggere gli articoli non ti metti a citarli. Secondo voi, quali saranno i risultati dell’esperimento?

Ultimo aggiornamento: 2014-03-04 12:39

ma quale esterofilia!

[la fascetta di Repubblica]
Io ormai non leggo nemmeno i quotidiani online, le informazioni le recupero generalmente dalla radio (e dal sito della BBC). Però per fare le mie vignette ho bisogno di una fonte, e allora ogni mattina scruto le homepage dei principali quotidiani per vedere se c’è qualcosa che possa essermi utile. Stamattina volevo scrivere di Putin che bolla come dittatura il nuovo ordinamento ucraino, implicitamente ammettendo che lo status quo non è poi mutato, e così ho provato a cercare la citazione su Repubblica. Prima di scorrere la homepage ho guardato nella fascetta sotto il titolo, con le sezioni principali: ho trovato

Home | Politica | Economia | Sport | Spettacoli | Tecnologia | Motori

Chiaramente, cliccando su “tutte le sezioni”, poi ho trovato Esteri – ma non l’articolo che cercavo, per quello ho dovuto farmi largo in mezzo alle solite notizie imperdibili in homepage – ma quello che è chiaro è che i Soloni della SEO hanno stabilito che agli italiani di quello che succede fuori dall’orticello è irrilevante.
Non che sia rilevante in genere per i giornalisti di Repubblica. Come vedete dallo screenshot, di per sé “Ucraina” è un tema caldo, ma se uno clicca sulla sezione scopre che l’ultimo articolo presente è del 21 febbraio…

Ultimo aggiornamento: 2014-02-25 09:47

© Riproduzione riservata

Stamattina è morto il terrorista Roberto Sandalo. Naturalmente i quotidiani hanno riportato la notizia, ricordando cosa aveva compiuto. Per esempio, questo è l’articolo pubblicato su La Repubblica<!–, qui nella versione di FreezePage–>. Anche Wikipedia naturalmente ha una voce su Sandalo, e fin qui nulla di strano… beh, no: qualcosa di strano c’è. I due testi sono praticamente la fotocopia l’uno dell’altro, giusto con qualche aggettivo rimesso a posto. Non arriviamo al livello che la leggenda racconta sulla traduzione della Bibbia dei Septuaginta: ma in fin dei conti questa non è Parola Sacra, quindi possiamo permetterci queste minime varianti su un testo evidentemente divinato.
Ma forse c’è stato qualcuno che ha copiato da qualcun altro? Chissà. Non ho a disposizione i coccodrilli che La Repubblica, come tutti i grandi media, sicuramente mantiene; però Wikipedia permette di verificare tutte le versioni di una sua voce, e così sono andato a controllare cosa c’era scritto a luglio 2013. Toh: il testo è ancora lo stesso. Escludendo l’ipotesi che i server di Wikipedia siano stati craccati per modificare il testo nel passato, e quella che un solerte wikipediano sia tornato indietro nel tempo per inserire la copia della voce sei mesi prima che il quotidiano romano la scrivesse, possiamo accettare come ipotesi di lavoro che l’anonimo giornalista abbia copiato da Wikipedia, cambiando giusto qualche parola qua e là per mostrare la sua creatività.
Di per sé la licenza d’uso di Wikipedia (la Creative Commons CC-BY-SA 3.0) non solo non vieta, ma anzi invita al riuso delle informazioni: insomma non ci sarebbe stato nulla di male, se… se La Repubblica avesse ottemperato alle due semplici condizioni poste dalla licenza: indicare la fonte (cosa che sarebbe già compresa nella legge sul diritto d’autore, ma ripetersi non fa male) e rilasciare il contenuto con la stessa licenza. Peccato che io non sia riuscito a trovare scritto “Wikipedia” da nessuna parte nell’articolo; e ancor più peccato che quelle sagomacce a Repubblica abbiano terminato il pezzo con il loro stampino “© Riproduzione riservata”. Un po’ come Re Mida trasformava in oro tutto ciò che toccava, il gruppo editoriale trasforma in sua proprietà tutto quello che passa attraverso i suoi server.
Che si può fare al riguardo? Nulla. Sì, in teoria la Wikimedia Foundation potrebbe citare per plagio La Repubblica; ma ricordiamoci che siamo nella nazione in cui il mese scorso l’esecutivo pensava di promulgare una legge contenente «disposizioni di tutela del diritto d’autore quale strumento per la soluzione delle controversie derivanti dall’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca o di aggregatori di notizie al fine di contemperare l’esigenza della circolare dell’informazione anche sulle piattaforme digitali con la garanzia del rispetto dei principi in materia di tutela del diritto d’autore.» Insomma, per cui mettere un link a un articolo di un italico quotidiano sarebbe stata una violazione del diritto d’autore. Secondo voi, che succederebbe?
(grazie a Fabio Portera per la segnalazione!)

Ultimo aggiornamento: 2014-01-09 20:53

Calendari riciclati

Repubblica si è immediatamente allineata alla bufala che sta circolando in questi giorni, e illustra come quest’anno possiamo riciclare i calendari del 1986. Anzi, con le parole stesse di Rep., «I calendari vintage del 1986 tornano utili in questo 2014: le date dei due anni, infatti, sono allineate e rendono utilizzabili i vecchi calendari di 27 anni fa come fossero nuovi.» (Come? 2014 meno 1986 fa 28 e non 27? Quisquilie e pinzallacchere).
Peccato che la cosa non funzioni. Certo, anche nel 1986 Capodanno cadeva di mercoledì. Ma Pasqua capitò il 30 marzo, mentre quest’anno sarà il 20 aprile. Quindi il giorno di Pasquetta è diverso, e il calendario non funziona più. La cosa più divertente è che l’ultimo anno in cui Pasqua cadde il 20 aprile (almeno per noi cattolici) è stato il 2003; quello sarebbe un calendario riciclabile… ma non abbastanza adatto per il quotidiano scalfariano, evidentemente!

Ultimo aggiornamento: 2014-01-03 07:00

e i correttori di bozze?

[papa Francesco ha canonizzato Ignazio di Loyola...] Eugenio Scalfari, da quando ha lasciato la direzione de La Repubblica, si è riservato il diritto di scrivere l’editoriale della domenica: l’omelia, come viene affezionatamente chiamata. I contenuti sono generalmente piuttosto opinabili, ma viviamo in un paese sostanzialmente libero, e Scalfari ha tutto il diritto di esprimere le proprie idee.
Con l’età che avanza, Scalfari ha preso una deriva religiosa e si sente molto felice di poter colloquiare prima con il buonanima del cardinal Martini e poi nientemeno che con papa Francesco. Nulla di male, e possiamo anche accettare di trovarci un certo numero di omelie a questo riguardo: viviamo in un paese sostanzialmente libero, e nessuno ci obbliga a leggerlo. Solo che oggi, nel socialino dell’odio, qualcuno ha scritto che Scalfari avrebbe scritto «questo Papa, gesuita al punto d’aver canonizzato pochi giorni fa Ignazio di Loyola». Sono andato a leggere l’articolo, e ho trovato scritto «gesuita al punto d’aver canonizzato pochi giorni fa il primo compagno di Ignazio di Loyola» (san Pietro Favre, per la cronaca), e sono stato subito zittito. In effetti mi sono ricordato di avere ancora un abbonamento elettronico a Repubblica, sono andato a leggere e – inutile dirlo – la frase originale era quella riportata dagli altri.
Non mi stupisco molto che Repubblica corregga al volo un articolo senza dire nulla: si sa, i giornali esteri seri fanno la correzione e in fondo all’articolo si scusano per l’errore iniziale, ma quelli sono appunto giornali esteri. Non mi stupisco nemmeno troppo che Scalfari non abbia idea che sant’Ignazio di Loyola sia appunto santo: un (ex) mangiapreti come lui l’avrà sempre sentito nominare senza l’appellativo di santo. Ma mi state venendo a dire che Scalfari manda la sua omelia e nessuno la legge prima di pubblicargliela? Altro che assolutismo papale!
Aggiornamento: (19:15) Su Friendfeed mi hanno fatto notare che Luca Sofri (un’oretta prima di me) era arrivato alla stessa conclusione sui correttori di bozze; e soprattutto su Facebook Carlo Felice Dalla Pasqua mi ha segnalato che ora l’articolo online è di nuovo nella forma originale errata. Non so, mi sembra di essere in 1984.

Ultimo aggiornamento: 2013-12-29 17:15

“notizie”

[agliuto! la simulazione del sorteggio!] L’anno prossimo il Brasile ospiterà la fase finale dei mondiali di calcio.
Domani verrà fatto il sorteggio dei gironi, in diretta planetaria. Vabbè.
Ieri è stata fatta una simulazione di sorteggio ad usum televisionum. Vabbè.
Nella simulazione l’Italia è finita in un girone con Brasile, Francia e Australia. Visto che in teoria la cosa era possibile, non ci vedo nulla di strano.
A Repubblica.it, come si vede dal boxino che ho allegato, la pensano diversamente: titolo in homepage “La prova del sorteggio ci pone in un girone di ferro”.
C’è una sola cosa che non capisco. Fare una notizia sul nulla serve perché non hanno nulla da scrivere e sono costretti a riempire la homepage, oppure c’è qualcuno davvero convinto che se il sorteggio simulato è finito così allora la probabilità che il sorteggio effettivo finirà così è aumentata?

Ultimo aggiornamento: 2013-12-05 09:58

pericolosi concorrenti

Quando avevo velocemente visto questo post di Mantellini, ero convinto che stesse scherzando. Poi invece il prof. Liberti mi ha fatto notare che c’era – orrore! – un link al sito di Franco Abruzzo. Insomma, il Cdr del Corriere della Sera (il primo quotidiano italiano, almeno a mia conoscenza) si è lamentato con la direzione del quotidiano perché c’era un «link al sito <linkiesta> visibile ieri sulla homepage del Corriere.it». Il Cdr scrive:

Ci sembra una iniziativa incomprensibile, specie in un momento in cui stiamo discutendo, con tutte le difficoltà che conosci, su come rendere più redditizio il nostro di sito. Ti chiediamo, dunque, di interrompere quest’operazione che ha disorientato la redazione e che per altro è stata assunta senza neanche informare il Cdr, come invece è previsto dal Contratto.

Devo dire che sarei davvero curioso di sapere cosa prevede quel Contratto, e che quello “stupore” mi ha fatto sorridere – ma questo è immagino colpa del mio essere di un’altra generazione, quel sottile strato tra i nativi analogici e i nativi digitali che si erano creati un ecosistema.
Ma la parte più interessante, almeno per me, è la conseguenza logica del loro comunicato: evidentemente sono convinti che Linkiesta.it si posiziona nella stessa categoria del sito web del Corriere, e quindi un link “alla concorrenza” farà perdere accessi e soldi. Direi che insomma è della loro percezione del sito che forse dovrebbero «continuare a discutere»
Aggiornamento: (praticamente immediato, la fregatura di cliccare troppo presto su “pubblica”) a quanto pare, la vera questione è che il Corriere avrebbe fatto un accordo con Linkiesta per lasciare un box di quest’ultimo in mezzo a tutte le altre notizie del quotidiano. Comprenderei allora la logica del comunicato, ma mi chiedo chi diavolo abbia scritto il comunicato stesso, parlando a nuora perché suocera capisca…

Ultimo aggiornamento: 2013-10-21 12:09