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Sto per spiegare…

Ogni tanto mi capitava di sbirciare l’home page di Libero, per vedere se c’era qualche spunto per le mie vignette (e sapere cosa si pensa dalle loro parti). Ora sto smettendo. Perché? Semplice. Ecco alcuni titoli che ci sono in questo momento:

  • Silvio non molla, scoppia la bufera Ecco chi vuole farlo fuori…
  • Cav: “Resto il leader”. E su Marina…
  • Lo sfogo di Minzolini: “Silvio, ti dico io cosa hai sbagliato…”
  • Una voce su FI per il nuovo leader: ecco su chi punta Berlusconi…
  • Silvio scambia la Ravetto per la Boschi e lei risponde: “Presidente guarda che io…”
  • Lo studente realizza il suo sogno: lancia la torta in testa alla prof, ma…
  • Renzi vuole estendere la “mancia”. Ecco a chi andrà ora il bonus…
  • Renzi, 2 botte ai pensionati. Poi fa Frate Indovino: “I sondaggi…”
  • TERREMOTO IN PARLAMENTO – Ecco chi vuole andare col Pd e chi rischia la poltrona…
  • Le pagellone di Feltri dopo le europee: “Il migliore tra gli uomini del Cav è…”
  • LA POLTRONA DI RE GIORGIO – Dopo le europee scatta il Toto-Colle. I nomi in corsa e i loro “sponsor”…
  • Per Befera un altro posto da “sceriffo”: Ecco dove andrà e cosa farà adesso…
  • COMANDANO LE GONNE – Le donne più potenti del mondo. Ecco chi guida la classifica…
  • Innocenzi vendica Santoro, attacco a Grillo “Lascia stare il Maalox, fatti una…”

Vi siete accorti del pattern (che non è il contenuto politico delle notizie, che è ovvio)? Proprio così. La maggior parte dei titoli non sono informativi, ma sono dei teaser, resi coi puntini perché nessuno abbia difficoltà a capire che deve cliccare sul link per sapere tutto. Ovviamente questo significa un’altra impression per Libero e altri introiti diretti (pubblicità che appaiono) e indiretti (scalata delle classifiche Audiweb).

Nulla di illegale, intendiamoci. Qualcuno potrebbe anche dire che il modello classico del quotidiano (titolo che dà la notizia, catenaccio che dà qualche informazione di contorno, articolo che spiega con dovizia di particolari e/o aggiunge il commento del giornalista) è morto, ed è giusto provare nuove vie. Bene: le provi pure. Io passerò a sbirciare Il Giornale, che per il momento lascia ancora le notizie nei titoli.

Ultimo aggiornamento: 2014-05-29 10:00

Heartbleed: come non spiegarlo

Ieri Loretta Napoleoni ha scritto un articolo sul Fatto Quotidiano a proposito del bug di Heartbleed, che ha toccato buona parte di Internet.
Ora, Loretta Napoleoni è un’economista. Leggendo il suo articolo, effettivamente l’ultima frase c’entra probabilmente con l’economia: «presto le imprese di assicurazioni faranno capolino anche nel ciberspazio e venderanno polizze contro gli attacchi degli hacker, quando succederà è probabile che faranno solidi (sic) a palate.» Non essendo io un economista, non sono in grado di stabilire la validità pratica di quella frase: ma si sa che l’economia è una scienza poco esatta.

Il guaio è che una frase era un po’ poco per fare un articolo, e così Napoleoni si è lanciata in una “spiegazione” di Heartbleed con frasi tipo «Il sistema di sicurezza SSL non è un’impresa statale ma un sistema open source, che può essere usato gratis» e «Il pattugliamento d’internet avviene spessissimo attraverso sistemi di questo tipo dal momento che non esiste una legislazione ad hoc a livello globale né forze dell’ordine specializzate nei reati cibernetici». Lo garantisco anche a quelli tra i miei ventun lettori che di informatica non sanno nulla: quelle frasi non hanno alcun senso, visto che non c’è nessun “pattugliamento” (SSL serve a creare un canale sicuro che non possa venire ascoltato, mica a cercare programmi malefici) né “sistemi di sicurezza” che sono “imprese”. Bisogna dire che i commenti sul sito del Fatto sono stati quasi unanimi nell’esprimere più o meno gentilmente il non apprezzamento dell’articolo… e qui si va verso un punto un po’ più complicato, di cui abbiamo chiacchierato sempre ieri sera su Friendfeed. Scrivere qualcosa che vada male a tutti non è così difficile, lo si vede in questo caso. Ma come si fa a spiegare qualcosa in modo che vada bene a tutti?

La mia personale opinione è che quando scrivi su un certo medium devi avere in mente il lettore medio di quel medium e tararti di conseguenza: se io dovessi scrivere sul Fatto sceglierei un taglio ben diverso da quello che userei per scrivere su Le Scienze. Certo, anche se ho scelto il taglio corretto è possibile che qualcuno mi legga su Le Scienze e non mi capisca: ma il problema è con ogni probabilità suo e non mio, proprio come il problema di uno che trova il testo sul Fatto troppo semplice e quindi sbagliato. Certo, la semplicità va a scapito della correttezza nella maggior parte dei casi: ma dovrebbe essere sempre possibile trovare la giusta quadra. Prendiamo per esempio la vignetta di xkcd a proposito di Heartbleed. Certo, è un’ipersemplificazione: però dà l’idea di cosa succede. C’è un dialogo dove il client chiede al server di mostrare che è ancora su; e il cattivo fa in modo che il server risponda con un contenuto molto maggiore del necessario, in modo da poter vedere se nel mucchio ci sono informazioni sensibili… scritte in chiaro perché quello è il contenuto della memoria RAM, non di un file.

Certo, saper fare una spiegazione semplice, comprensibile e fondamentalmente corretta non è roba da tutti, ma nemmeno scrivere sui giornali lo dovrebbe essere…

Sindone: crocifissione a Y?

L’articolo segnalato da Galileo a proposito di un nuovo studio della Sindone è molto interessante. Secondo Matteo Borrini e Luigi Garlaschelli, infatti, le macchie di sangue sul braccio non sarebbero compatibili con una crocifissione a T, ma bensì con una a Y, cioè con le braccia molto in alto anziché orizzontali.

Naturalmente lo studio (lo trovate qui, alle pagine 205-206) si limita a scrivere che «Considering these results, the imprint on the Shroud does not correspond with the traditional artistic image of a crucifix with arms stretched out on the crossbeam», e non prosegue a valutare le altre ipotesi: tipicamente, che la crocifissione ai tempi dei romani fosse effettivamente fatta con una croce – pensate solo che fino a pochi decenni fa l’iconografia faceva portare tutta la croce al Cristo, e solo in seguito si è passati ai pali già pronti per l’uso – e che fosse usanza medievale crocifiggere qualcuno. Per questo secondo punto, il razionale è semplice: se io dovessi fare una finta Sindone potrei anche decidere di crocifiggere qualcuno perché “sembri vera”: ma a questo punto faccio le cose come credo siano avvenute, e quindi con il poveretto messo a T. Se invece mi limito a mettere il sudario su uno che era stato crocifisso per tutt’altra causa, allora è chiaro che come viene, viene…

Peccato che di tutto questo non vi sia traccia nel resoconto di Galileo, che si premura però di ricordarci che lo studio è stato “realizzato anche con il sostegno dell’Uuar” (sic – però il link arriva correttamente al sito UAAR)

Ultimo aggiornamento: 2014-04-08 10:51

Renzi, metti in lattina?

Ribadisco quanto scrissi già in passato. Il problema non è che Eugenio Scalfari nella sua predica domenicale scriva un “do you can?” che viene immediatamente notato persino in una nazione come l’Italia dove la conoscenza della lingua di Albione non è poi così comune. Il problema non è nemmeno che a Repubblica lascino scrivere il Fondatore ogni santa domenica.
Il vero problema è che nessuno ha il coraggio di toccare anche solo una virgola della Parola di Eugenio. Più che gli incontri con papi e cardinali, Scalfari è implicatamente interessato alla tradizione islamica, dove la parola di Allah è per definizione immutabile finché Allah stesso non cambia idea?

Ultimo aggiornamento: 2014-03-30 13:41

americofilia

Oggi pomeriggio Corriere e Repubblica online hanno subito messo come prima notizia il crollo dell’edificio ad Harlem. Io, per non sapere né leggere né scrivere, sono andato sul sito del New York Times a vedere se ne parlava. In effetti in fondo alla prima pagina, tra le “other news”, c’era una righetta che puntava a un articolo interno.
Però la riga era la prima delle tre “other news”.

Ultimo aggiornamento: 2014-03-12 21:00

_Il mio Papa_

Oggi, al prezzo di lancio di 50 centesimi e con una tiratura di tre milioni di copie (una copia ogni venti residenti in Italia, per dare un’idea), esce in edicola il primo numero di Il mio Papa: «il primo settimanale al mondo interamente dedicato al Santo Padre».

Ho il sospetto che buona parte dei miei ventun lettori (cattolici o no che siano) diranno WTF o qualcosa del genere. Può darsi. Io so solo che ieri, mentre ero dal giornalaio a comprare le parole crociate per mia mamma, è arrivata una signora tutta trafelata a chiedergli di tenerle da parte una copia perché non sapeva se sarebbe riuscita a passare. La signora in questione era più giovane di me – non che ci voglia molto, d’accordo, però non era la vecchina ottantenne che ci si poteva aspettare essere il target tipico dell’iniziativa.

La mia sensazione è che a Mondadori abbiano fatto bene i loro conti. Una volta c’era tutta una serie di riviste coi gossip – veri o inventati – sulle figure regnanti: Ranieri di Monaco, con Grace e i figli, erano sempre in primo piano ma anche la famiglia reale inglese si difendeva più che bene e c’era un minuscolo spazio persino per i Savoia. Al più si aggiungevano i grandi attori. Si è poi abbassata man mano l’asticella, arrivando ai tronisti e poi non so cos’altro: ma magari la gente si è anche scocciata di vedere gente come loro. A questo punto non vedo nulla di strano nel rialzare di nuovo l’asticella… la gente ricomincerà a fare ooooooh e continuerà a fare quello che faceva prima.

Ultimo aggiornamento: 2014-03-05 12:22

Continua l’addio al “giornale gratis”

Ne ho parlato meno di un mese fa: i quotidiani italiani tendono ad allontanarsi dal modello “tutto gratis”. L’ultimo in ordine di tempo è Giuliano Ferrara con Il Foglio, che ha twittato «Da domani nessun articolo del Foglio gratis on line. Solo carta o on line a pagamento. Fino alla fine di maggio. Esperimento. Grazie»

Ora, sono anni che mi chiedo quante copie venda Il Foglio – occhei, non è che non ci dorma la notte. Mi sa che si possa contare sulle dita di una mano il numero di volte in cui ho citato un articolo del Foglio – anzi no, sono stato ottimista: il numero totale è 1 (uno), nel 2009. Insomma, la cosa non mi tange. Però ero convinto che quotidiani come quello vivessero più che altro per le citazioni fatte da altri: e se non puoi leggere gli articoli non ti metti a citarli. Secondo voi, quali saranno i risultati dell’esperimento?

Ultimo aggiornamento: 2014-03-04 12:39

ma quale esterofilia!

[la fascetta di Repubblica]
Io ormai non leggo nemmeno i quotidiani online, le informazioni le recupero generalmente dalla radio (e dal sito della BBC). Però per fare le mie vignette ho bisogno di una fonte, e allora ogni mattina scruto le homepage dei principali quotidiani per vedere se c’è qualcosa che possa essermi utile. Stamattina volevo scrivere di Putin che bolla come dittatura il nuovo ordinamento ucraino, implicitamente ammettendo che lo status quo non è poi mutato, e così ho provato a cercare la citazione su Repubblica. Prima di scorrere la homepage ho guardato nella fascetta sotto il titolo, con le sezioni principali: ho trovato

Home | Politica | Economia | Sport | Spettacoli | Tecnologia | Motori

Chiaramente, cliccando su “tutte le sezioni”, poi ho trovato Esteri – ma non l’articolo che cercavo, per quello ho dovuto farmi largo in mezzo alle solite notizie imperdibili in homepage – ma quello che è chiaro è che i Soloni della SEO hanno stabilito che agli italiani di quello che succede fuori dall’orticello è irrilevante.
Non che sia rilevante in genere per i giornalisti di Repubblica. Come vedete dallo screenshot, di per sé “Ucraina” è un tema caldo, ma se uno clicca sulla sezione scopre che l’ultimo articolo presente è del 21 febbraio…

Ultimo aggiornamento: 2014-02-25 09:47