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ISIS e gattini

Uno potrebbe anche capire che un qualche giornale prenda un comunicato mal scritto da un sito nemmeno troppo noto e tiri fuori lo scoop: l’ISIS ha emesso una fatwa contro i gatti. Diciamo che – visto che il Corano tiene in alta considerazione i felini che ci hanno addomesticato – la cosa dovrebbe puzzare un po’, ma lasciamo stare. Quando però, come fa notare il Post, troviamo la stessa notizia pubblicata lo stesso giorno su Repubblica, Corriere e Stampa, e la notizia originale è di una settimana or sono (e la sua ripresa da parte di quell’altro campione di inchieste che è il Daily Mail di cinque giorni fa), allora i casi sono due: o l’italica stampa ha così paura di rimanere indietro che copia immediatamente tutto quello che appare sulla concorrenza, oppure c’è stata una notizia di agenzia al riguardo che è stata ripresa dalle sezioni online di tutti e tre i quotidiani, ciascuno dei quali l’ha poi colorita a modo suo. Quale sarà la risposta corretta?

Ultimo aggiornamento: 2016-10-10 22:12

Il mistero della svolta vegana di Appendino

Ieri La Stampa ha pubblicato un articolo sul programma della giunta pentastellata torinese, rimarcando come nel testo tra l’altro si proponga la «promozione della dieta vegetariana e vegana sul territorio comunale, come atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali attraverso interventi di sensibilizzazione sul territorio.»

Però oggi quell’articolo non si trova più, o meglio quando lo si apre compare una pagina vuota – cosa differente da un errore di “pagina non trovata”. Eppure l’articolo è uno dei link che si ottiene facendo una ricerca interna sul sito con la chiave “programma appendino” ed è citato anche all’interno di un altro articolo, quindi direi che non è un problema di nascondere le cose e fare finta di nulla. Chissà cos’è successo, ora provo a chiedere lumi :-)

(p.s.: il programma completo lo trovate qui, se vi interessa)

Ultimo aggiornamento: 2016-07-20 13:49

Magari dare un’occhiata prima?

Tipicamente non perdo tempo con queste sciocchezze, ma visto che sono stato citato due parole stavolta le spendo.

Vice, con la firma di Federico Nejrotti, scrive un articolo (archivio) al titolo “Ora Virginia Raggi potrà avere una pagina Wikipedia” dove spiega con dovizia di particolari che essendo Raggi diventata sindaco di Roma e non semplice candidata, finalmente l’enciclopedia avrà una voce su di lei: nell’articolo Nejrotti si dilunga a raccontare sarcasticamente tutte le possibilità (alquanto teoriche) che avrebbe avuto secondo le regole wikipediane. Non vado a discutere sul fatto che quella è una controprova del fatto che le regole sono stringenti in generale: quella è una scelta filosofica sulla quale di per sé si può discutere, tanto che la comunità di Wikipedia ci discute spessissimo. Mi limito a fare notare che il post è datato «20 June 2016 // 11:34 AM CET». Ora, alle 00:02 (CEST, magari non ve ne siete accorti ma in questo momento abbiamo l’ora legale) la voce Virgina Raggi è comparsa su Wikipedia. (Il link è appunto a quella versione, come potete leggere in alto). Le regole essendo regole, non appena l’elezione è stata ragionevolmente certa la voce è magicamente comparsa.

Ora io mi domando e dico. Se devi scrivere un pippone raccontando urbi et orbi come Wikipedia è brutta e cattiva, non ti viene proprio in mente di controllare quali sono i tempi verbali corretti da usare?

Ultimo aggiornamento: 2016-06-20 14:12

Il Fatto Ortografico

intensione Non so bene perché, ma oggi i giornali riprendono il sequestro Moro. Il Fatto Quotidiano per esempio pesca un retroscena sull’arresto di Morucci e Faranda (versione archivata. L’articolo in questione ha una sintassi un po’ avventurosa, ma soprattutto riesce a piazzare due erroracci di ortografia (tipici di varianti dialettali dell’italiano) in due righe. Al Fatto hanno deciso che il momento è troppo grave per occuparsi di quisquilie e pinzillacchere come la lingua italiana?

Ultimo aggiornamento: 2016-04-29 10:50

il paywall del Corsera

Come probabilmente sapete, da qualche mese il Corriere della Sera ha messo un paywall: dopo venti articoli visualizzati, bisogna pagare. A me non capita molto spesso di guardarlo, e sono rimasto abbastanza stupito da vedermi stamattina il messaggio “hai superato il numero massimo di articoli del mese”. Per curiosità ho provato ad aprire il link con Internet Explorer, che come potete immaginare non uso mai (e perché ce l’ho, allora? Semplice: nell’intranet aziendale funziona solo quello) e ho avuto lo stesso quell’avviso. La deduzione logica che posso fare è che al Corsera hanno cambiato la gestione del paywall, che inizialmente era legata al browser: ora controllano evidentemente l’IP di arrivo, che condivido con non so quante migliaia di persone.
(Non che la cosa mi importi più di tanto, continuerò a non leggere il Corriere online)

Ultimo aggiornamento: 2016-04-29 10:39

I bimbi nati ad agosto e i titolisti

Ho visto pubblicizzato questo articolo di Wired.it, il cui titolo “I bambini nati ad agosto rischiano di più di avere un disturbo dell’attenzione?” mi ha fatto naturalmente scattare un campanello di allarme in quanto padre di due gemelli nati ad agosto.
Bene: leggendo l’articolo si legge che questi sono i risultati di uno studio taiwanese, si fa l’ipotesi che i risultati possano essere correlati al fatto che a Taiwan vanno in prima elementare quelli nati tra il primo settembre e il 31 agosto dell’anno scorso e quindi gli agostani potrebbero essere troppo giovani per il carico previsto dalla scuola. Di più: studi condotti in altre nazioni dove c’è una data di nascita diversa che segna l’inizio dell’obbligo scolastico portano a risultati che corroborano l’ipotesi: dove si va con l’anno civile sono i bimbi nati a dicembre ad avere una probabilità maggiore di avere ADHD rispetto a quelli di gennaio.
Ecco. Cosa sarebbe costato scrivere “I bambini che vanno a scuola troppo giovani rischiano di più di avere un disturbo dell’attenzione?” Non è che quella frase all’inizio dell’articolo, che l’oroscopo non c’entra, non sia una excusatio non petita?

Ultimo aggiornamento: 2016-03-18 15:20

La fusione Repubblica-Stampa

La storia si ripete. Nel 1998, in un periodo di fusioni bancarie, il San Paolo si fuse (o meglio, assorbì…) l’IMI; nel 2007 il Sanpaolo-IMI si fuse (o meglio, venne assorbito…) dal gruppo Intesa. Stavolta il primo passo non è stato romano ma ligure, con la Stampa che meno di due anni fa si fuse (o meglio, assorbì…) il Secolo XIX mettendo le azioni in mano a Itedi, e il secondo passo non è stato lombardo ma romano, con Itedi che si fonde (o meglio, viene assorbita…) dall’editoriale l’Espresso.

Intendiamoci: in tutto il mondo la carta stampata va male, e in Italia va peggio. È notizia della scorsa settimana che l’Espresso non esiste più, o se preferite viene venduto solo la domenica in abbinamento a Repubblica a un prezzo complessivo di due euro: insomma, è diventato un supplemento dove si può mettere su carta patinata quel poco di pubblicità residua che ancora arriva. E anche senza leggere l’editoriale di Ezio Mauro, che poi prima di essere stato direttore di Repubblica lo era della Stampa esattamente come Mario Calabresi, è ben noto che le firme del quotidiano torinese passavano spesso e volentieri a quello romano. Pensate a Barbara Spinelli: oppure, nel mio piccolo di amante delle rubriche di giochi, prima a Giampaolo Dossena poi a Stefano Bartezzaghi. Insomma, dal punto di vista strettamente giornalistico e da quello industriale l’accorpamento ha senso.

Quello che io almeno trovo strano è che La Stampa sia finita con Repubblica e non con il Corriere, di cui FCA da metà 2013 deteneva la quota azionaria maggiore con il 20% del capitale. La famiglia Agnelli ce l’ha almeno da quarant’anni con Carlo De Benedetti (che nel 1976 è stato AD della Fiat…), e l’unica ragione che vedo in questa completa dismissione dalle attività editoriali italiane – anche la quota in RCS viene infatti passata ai vari azionisti FCA – è che a John Elkann, a differenza del nonno Giuanin Lamiera, dell’italica stampa interessi meno che zero. D’altra parte Fiat è appunto FCA, e quindi non ha più tutto quel bisogno di spiegare agli italiani perché Fiat è brava bella e buona. Molto meglio l’Economist. Il risultato finale, nonostante le testate manterranno formalmente la loro indipendenza, sarà inevitabilmente il declino della testata piemontese che diventerà poco più del dorso torinese di Repubblica. Noi piemontesi affezionati alla Busiarda non la prenderemo troppo bene, mi sa.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-03 12:14

Percentuali e PIL

Oggi al Sole-24 Ore è stata pubblicata questa infografica, che io ho prontamente salvato. (Ora l’articolo è stato corretto, ma dalla sua URL si può ancora intuire la genesi iniziale).

Il grafico di quell’articolo mostra come è aumentato il debito pubblico dei PIGS (stranamente senza l’Irlanda) e per confronto quello di Germania e Francia a partire dal 2007, cioè prima della crisi. Si può vedere come l’Italia non ha poi fatto troppo male: risulta messa un po’ meglio della Francia e un po’ peggio della Germania, soprattutto a causa degli ultimi tre anni, ma molto meglio degli altri malati economici europei. Peccato che appunto quell’infografica mostra l’incremento del debito e non il rapporto debito/PIL, come invece era scritto nel titolo iniziale («Debito pubblico in Europa. Italia al 133,20% del Pil, peggiore la Francia con 149,38%») e corretto in corsa («Debito pubblico in Europa: la corsa di Spagna, Portogallo e Grecia.»). Addirittura nell’articolo originale si affermava che «Il debito italiano, infatti, dai 133,20 punti percentuali sul Pil del 2015», cioè il numeretto che hanno visto nel grafico (il vero valore è 12,8%). Il nostro grande problema è appunto che partiamo da un debito altissimo, e quindi anche un incremento percentuale ridotto porta gravi danni, mentre per esempio la Spagna nel 2007 aveva un rapporto deficit/PIL molto basso (il 34%) e ha potuto così permettersi una crescita percentuale enorme.

Ho due domande, una ai miei lettori e una invece retorica. Qualcuno ha copia dell’articolo apparso sulla versione cartacea del Sole-24 Ore, per capire chi è stato a fare quello svarione? E come è possibile che il maggior quotidiano economico italiano riesca a pubblicare qualcosa del genere, proprio sul loro campo? Non hanno nessuno che legga quello che viene scritto?

Aggiornamento: nel corpo dell’articolo avevo erroneamente scritto “deficit” al posto di “debito”.

Ultimo aggiornamento: 2016-02-10 18:34