Nei supermercati si trovano spesso sacchetti di plastica molto leggera che servono per frutta e verdura. Non ho bene capito come siano considerati legalmente, ci sono scritte tipo “non per asporto” che immagino siano dovute alla legge che impone sacchetti per la spesa biodegradabili, e comunque sono troppo leggeri per essere usati nella spesa.
Bene: ieri all’Esselunga fighetta di Porta Nuova ho visto che quei sacchetti erano fatti in MaterBi e quindi con la certificazione “si può gettare nell’umido” (sono sempre fragilissimi, tranquilli). Tutto bene? beh, non troppo. Finché il tagliandino con il prezzo non sarà biodegradabile, bisogna comunque staccarlo via prima di buttare il sacchetto. Ufficio complicazione affari semplici :-)
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ma voi li festeggiate gli onomastici?
Le visite al blog al tempo delle ricerche compulsive
Il mio blog è un dinosauro. Sta su da sedici anni e ho perso da mo’ la voglia di pubblicizzarlo. Inoltro automaticamente i post (completi, tranne i link per colpa di Zuckerberg) su Facebook, il che riduce il numero di visitatori sul sito: poco male, visto che non avendo pubblicità non perdo certo soldi. Restano insomma i soliti amichetti che cliccano più o meno compulsivamente qui: gli accessi giornalieri viaggiano tra i 200 e 300. Però ogni tanto ci sono dei picchi: per esempio lunedì scorso si sono registrati quasi 800 accessi. Per curiosità ho provato a sfrucugliare tra le statistiche per vedere se si capiva cosa fosse successo: cosa resa un po’ più difficile da quando parecchi anni fa Google ha deciso di non inviare le stringhe di ricerca che portano a un sito.
Quello che ho capito è che qualche decina di visite è arrivata da chi guarda i trackback di Wittgenstein (che evidentemente di accessi ne ha ancora tanti :-) ), ma il grosso è arrivato da una ricerca via Google che ha portato a questo post su un codice di emergenza che avevo sentito diffondere all’Ikea l’anno scorso. Il picco precedente – ma credo che quel post abbia un accesso abbastanza costante – era dovuto a un mio pippone di maggio sugli stupri, e anche il post sui funerali nei giorni festivi compare spesso tra i più visitati, come ben sa chi guarda i miei post di statistiche.
Non ne so abbastanza di SEO per capire se un blog prende più punti di un sito web a parità di (non) ottimizzazione, né se Google usa un algoritmo “accumulante” (nel senso che più gente clicca su un post più viene considerato pertinente: la cosa avrebbe senso ma può essere sfruttata per falsare i risultati di ricerca, quindi potrebbe essere disabilitata). Quello che però vedo è che l’idea per cui i blog erano nati, essere cioè un diario, è ormai seppellita; ma soprattutto vedo che non solo le visite ai siti, ma persino le ricerche sono irreggimentate, anche in assenza di notizie importanti (dopo che il terremoto ha distrutto la regione di Oaxaca, è naturale che si vada a cercare informazioni sulla zona; ma un codice di emergenza non appare nelle notizie sui giornali). Non me lo aspettavo.
Aggionamenti a metà
Come gli appassionati di libri sanno, a fine luglio Anobii ha fatto un restyling del sito che è stato pesantemente criticato dagli affezionati fruitori. A parte tutte le parti che non funzionano (a livello backend, soprattutto), il nuovo sito sembra nato per essere visto sul telefonino dal lettore casuale che cerca informazioni sull’ultimo bestseller, dimenticandosi che in questi siti sociali il grosso del lavoro di inserimento informazioni è fatto dai lettori forti che dovrebbero essere coccolati e non tarpati.
Non ci credete? Per esempio, quando inserisco i dati di un libro non ancora presente nella base dati (la schermata è cambiata, ma funziona come quella vecchia), la schermata di ringraziamento ha ancora la vecchia grafica. Evidentemente nessuno degli sviluppatori c’è mai passato :-)
Ultimo aggiornamento: 2017-09-14 10:42
L’evoluzione dei distributori
Quando negli anni ’90 del secolo scorso venne timidamente introdotta la modalità self service alle pompe di benzina, il risparmio era risibile: dieci, massimo venti lire al litro. Insomma con cinquanta litri di pieno se ti andava bene risparmiavi l’equivalente di 50 centesimi attuali, e uno poteva anche chiedersi chi glielo faceva fare ad alzarsi e sporcarsi le mani.
I tempi cambiano, e adesso possiamo affermare che il default è la pompa self service, tanto che i distributori indicano sempre più spesso quanto costa in più il rifornimento servito: ho visto anche 20 centesimi in più al litro, che è ben più del 10% del costo della benzina. Ma ho come il sospetto che la cosa non funzioni più così bene per i benzinai… o almeno credo che sia così vedendo promozioni come questa di Eni che “regala” una gommina di Cars 3 a chi fa “almeno 30 euro al Più Servito”. Mah.
Acqua a km 0
Quando ero ragazzo, ma anche dopo, c’erano file di persone che andavano a riempire bottiglie, bottiglioni e finanche damigiane d’acqua alla fontanella torinese di piazza Rivoli, che le leggende metropolitane favoleggiavano essere direttamente collegata alle sorgenti del Pian della Mussa (effettivamente una delle fonti di approvvigionamento municipali, ma non credo con tubazioni separate). In questi anni è invece invalsa, almeno in Lombardia, l’usanza delle case dell’acqua: luoghi dove l’acqua del rubinetto viene raffreddata, eventualmente gassata e lasciata a disposizione dei cittadini. Davanti all’Ikea di Carugate è teoricamente ottenibile usando la tessera IkeaFamily, ma l’ho anche presa senza tessera; a Milano per evitarw abusi occorre usare la tessera sanitaria e vengono erogati 6 litri al giorno per persona.
Anche qui a Chiavari ho scoperto esistono le “case dell’acqua”: solo che siamo in Liguria e quindi l’acqua la paghi (5 centesimi il litro, si possono inserire monete oppure acquistare una tessera a scalare). A parte le battute, non sono intrinsecamente contrario al fatto che il servizio abbia un costo per l’utente: mi limito a osservare che – siamo pur sempre in Liguria – non mi è mai capitato di vedere nessumo prendere l’acqua, il che significa che si sono sprecati soldi per mettere il distributore
Influssi astrali
“Revisione di traduzione”
Anna ha comprato un libro per lavoro (L’arte di cambiare : Pratiche di leadership orizzontale per la business transformation di Adriaan Bekman, edizioni GueriniNext). Fin dall’inizio si è trovata davanti a una prosa francamente incomprensibile: ecco per esempio la terza frase dell’Introduzione.
Ma non siamo per niente disponibili a osservare in chiave critica al modo di lavorare che abbiamo in queste persistenti questioni di cambiamento.
(Immagino che sia il modo di lavorare, ma non ci giurerei). Siamo andati a guardare il colophon per scoprire chi era il traduttore… e non l’abbiamo trovato. C’è solo la sibillina frase “Revisione di traduzione: Alessandra Scala e Flavio Fabiani”; quest’ultimo ha poi anche scritto la prefazione.
Tralasciamo un attimo la qualità di tale “revisione”: se è pur vero che anche il grande Omero ogni tanto sonnecchiava, si spera che nessuno entri in catalessi a metà della prima pagina. La mia curiosità è un’altra. Chi è stato allora a tradurre? Anna ha suggerito “Google Translate”, e potrei anche essere d’accordo con lei. Un’altra possibilità che mi è venuta in mente è che il testo sia stato direttamente tradotto da Beckham, il che perlomeno spiegherebbe la mancanza del nome del traduttore che deve essere presente per legge. Se qualcuno che parla neerlandese conferma che il verbo osservare regge il dativo, l’ipotesi acquisterebbe forza. Avete altre idee?
Ultimo aggiornamento: 2017-08-21 09:18