Se non mi scoccio prima di fare prove e soprattutto se riuscirò a imparare la parte da basso, a fine gennaio canterò la Messa di Requiem di Giuseppe Verdi (“di”, non “da”, mi raccomando), col Forum Corale Europeo. In questa settimana di prove tutte le sere (argh) mi sono fatto una cultura sulla genesi di quest’opera, genesi 69, non è avvolta dal mistero come nel caso del Requiem di Mozart ma che ho comunque trovato molto interessante.
Tutto nasce nel 1868, alla morte di Gioachino Rossini. Peppino, che in quel periodo più che il compositore operistico stava facendo il proprietario terreno in quel di Busseto, pianse colui che a suo parere era insieme a Manzoni il più illustre connazionale, e lanciò l’idea di un U.S.A for Africa ante litteram: una messa da requiem da eseguirsi a San Petronio a Bologna nell’anniversario della morte del compositore pesarese. I vari brani musicali sarebbero stati composti dai maggiori compositori italiani e il progetto doveva essere addirittura autofinanziato. Com’è, come non è (c’è chi dice che Verdi, che pure aveva espressamente rifiutato di far parte del comitato organizzatore per non influenzarlo, avesse comunque remato contro) non se ne fece nulla: la prima esecuzione della Messa per Rossini avvenne nel 1988 (no, non è un refuso) e non c’è nemmeno una voce a riguardo nella Wikipedia in lingua italiana. Verdi aveva preparato e inviato a Ricordi il Libera me Domine con la clausola che se la messa non fosse stata suonata l’editore avrebbe dovuto ritornargli il manoscritto.
Passiamo al 1873. Muore anche don Lisander, e Verdi – che era ritornato alla grande sulla scena musicale con l’Aida decide che questa volta farà tutto da solo e comporrà lui la messa. Si era appena fatto rimandare il manoscritto del Libera me Domine e da lì partì per comporre tutta la messa. Solo che non basta musicare i brani: ci sono tutte le condizioni al contorno. Per esempio, la scelta dei solisti, anzi delle soliste (per tenore e basso non aveva posto condizioni particolari): Verdi voleva assolutamente Teresa Stolz come soprano e Maria Waldmann come mezzosoprano, e litigò con gli impresari fiorentini che in quel periodo stavano mettendo in scena l’Aida e non volevano lasciare abbastanza tempo per far imparare la parte. Poi c’era il problema del coro: Verdi voleva assolutamente che fosse misto, e non con voci bianche come era obbligatorio al tempo nelle chiese, e sapeva che Pio IX non avrebbe mai dato il permesso, soprattutto dopo Porta Pia: la scelta di San Marco come chiesa in cui fare l’esecuzione, oltre che perché aveva un’acustica migliore, fu facilitata dal fatto che il canonico da buon ambrosiano fece finta di nulla e chiese solo che le cantanti fossero vestite di nero e velate, non essendo ancora conosciuto il burka. Ma il rito ambrosiano della messa era diverso da quello romano (tanto per dare un’idea, nel rito ambrosiano non esiste l’Agnus Dei…) e la messa sarebbe appunto stata una messa, con le parti cantate che intervallavano il rito: anche lì si trovò un compromesso e si ebbe una specie di messa con “rito misto” (e senza consacrazione, ma quello immagino non fosse così strano nella liturgia preconciliare).
Il successo dell’opera portò a varie rappresentazioni in Italia e all’estero, compreso in una nazione che non riconosceva il diritto d’autore e non aveva nessun accordo con alcuno stato estero. Sì, avete indovinato: erano gli Stati Uniti d’America. Sono state conservate le lettere dell’incaricato statunitense di Ricordi che si lamentava perché una copia della partitura era stata fraudolentemente introdotta in quella nazione. In breve però il Requiem fu dimenticato quasi del tutto, perché non era né carne né pesce, e dovette passare più di mezzo secolo perché ritornasse in auge. Aspettiamo qualcosa di simile per gli One Direction :-)
Ultimo aggiornamento: 2015-10-08 15:27