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Un gioco di prestigio (quasi) scespiriano

Philip Henslowe era il fondatore e impresario del Rose Theater a Londra, negli anni in cui Shakespeare rappresentava le sue opere. Ci è pervenuto un suo diario manoscritto, dove in genere parla degli affari del teatro, ma ogni tanto ci sono delle chicche, come la spiegazione di un gioco di prestigio con le carte. Qui sotto potete vedere la trascrizione fatta nell’800 da un certo W.W. Greg.

Il testo di Henslowe, trascritto da W. W. Greg nell'800

Il testo è stato scoperto da Rob Eastaway mentre stava cercando materiale per il suo libro Much Ado About Numbers, che parla di Shakespeare e matematica. Peccato che il gioco di prestigio non funzionasse… probabilmente perché c’è stato qualche errore di trascrizione o di comprensione dell’inglese dopo tre secoli. Il gioco, secondo la trascrizione, funziona così:

Disponete 12 carte a faccia in giù in cerchio (ordinate dall’asso alla donna in senso orario), e in basso aggiungete il fante di picche, con la faccia in alto. [Nella figura è un K perché è un knave, un fante] Prendete un volontario, chiedetegli di considerare – senza dirlo – l’ora alla quale si è svegliato (tra 1 e 12: ma si può dire al volontario di scegliere un numero qualunque), scegliere una carta qualunque tra le 12 coperte sempre senza far vedere qual è, e contare dalla successiva in senso orario fino a 15, il tutto senza che noi guardiamo. A questo punto il volontario deve ricordarsi su quale carta è finito: noi ora partiamo dal fante di picche e contiamo in senso orario da 15 fino a 26. Il volontario deve notare qual è il numero che abbiamo detto mentre indicavamo la carta dove era finito, e contare questa volta in senso antiorario dal numero segreto fino a questo numero. Voltando la carta dove è arrivato con questo secondo conteggio, dovrebbe esserci proprio la carta corrispondente al numero pensato.

Colin Beveridge ha provato a eseguire il gioco, ha visto che non funzionava, e l’ha studiato per capire dov’era l’errore, riuscendoci e postando su Aperiodical i conti che ha fatto. La cosa non è stata molto complicata, perché si sbagliava sempre di un’unità (se uno partiva dal 7 finiva al 6); basta insomma che noi contiamo (e poi partiamo) da 14 e non da 15 e il gioco funziona. Ma come mai funziona? Semplice: stiamo lavorando con l’aritmetica modulare. Se il volontario ha scelto il numero n e parte dalla carta #c, contando fino a 14 dalla carta successiva arriva a #(c + 14 − n), naturalmente modulo 13. Partendo dal 14, noi in realtà stiamo dicendo il numero della carta coperta, sempre modulo 13, e quindi quando arriviamo sulla carta dove si era fermato il volontario siamo arrivati al numero (c + 27 − n). Quando conta all’indietro dalla carta #(i>c + 14 − n), partendo da n e arrivando a c + 27 − n, quello che succede in pratica è che si arriva alla carta in posizione (i>c + 14 − n) − (c + 27 − 2n) che è la carta #(n − 13), che modulo 13 è proprio la carta #n.

Come ha astutamente notato il figlio decenne di Beveridge, il 15 originale per il conteggio del volontario può essere un qualunque numero, perché tanto viene eliminato nel conteggio all’indietro; per quello che a differenza sua io ho preferito contare solo fino a 14 per mantenere la simmetria tra i due numeri. Il trucco è molto semplice se uno conosce un po’ di aritmetica modulare, ma ho il sospetto che nel ‘600 la cosa non fosse così comune… e anche adesso lo si può sfruttare, visto che presenta il vantaggio che può essere ripetuto più volte con valori diversi senza che il pubblico si accorga del trucco… a meno ovviamente che non ci sia un matematico!

poveri tassisti

Quando l’altro giorno mi è arrivata la comunicazione che diceva “in ottemperanza a quanto previsto dalla nuova Legge di Bilancio i giustificativi delle trasferte dei dipendenti d’ora in avanti dovranno essere tracciati attraverso pagamenti effettuati mediante bancomat o carte di credito.” non ci ho fatto nemmeno caso. Tanto sono anni che non vado in trasferta :-) Ma Anna mi ha fatto poi notare che c’è una categoria che non sarà molto contenta di ciò: i tassisti, che si vedranno i clienti più importanti richiedere obbligatoriamente una ricevuta. Com’è possibile che ELLA, e la destra in genere, abbiano fatto un errore così marchiano?

Fiscal drag per il Corriere

Leggo sul Corriere questa definizione:

Ma se c’è inflazione il valore del reddito scende, non è possibile comprare le stesse cose di prima perché queste costano di più, però le imposte non ne tengono conto, e quindi in termini reali è come se aumentassero (tecnicamente si chiama «fiscal drag»)

Che con l’inflazione a parità di stipendio il valore del reddito scenda è lapalissiano. Quella che è una grande cantonata è che questa cosa si chiami fiscal drag.

A parte le drag queen, in inglese drag significa trascinare, strascicare: quello che fa una draga. In pratica quello che succede con il fiscal drag è che se c’è un’inflazione diciamo del 5% e il nostro stipendio è cresciuto del 5%, il valore del reddito sarebbe lo stesso: però questo 5% in più è tassato con un’aliquota marginale più alta (della media del reddito precedente), e quindi la percentuale di soldi che paghiamo in tasse cresce più del 5%. Lo stato ha appunto dragato un po’ di soldini dal nostro reddito. In caso di stipendio costante (e aliquote fiscali pure costanti) noi perdiamo valore per il nostro reddito, ma lo stato non ci guadagna nulla, perché i soldi che ottiene sono sempre gli stessi.

Non so, a me pareva un concetto ovvio, ma evidentemente non è così.

Ultimo aggiornamento: 2024-12-13 09:16

Documenti elettronici sull’app IO

Schermata di IO Da ieri è possibile (con qualche difficoltà iniziale) una versione digitale della tessera sanitaria e patente sull’app IO. A dire il vero per la patente ho dovuto aspettare che la motorizzazione civile accettasse la mia richiesta, e per quanto riguarda la tessera sanitaria io vedo solo il codice fiscale, nemmeno il numero della tessera: spero che siano problemi di gioventù.

È buffo che non si possa inserire la CIE, ma probabilmente è un problema di ricorsività (ci si può autenticare su IO usando la CIE, oltre che lo SPID). Diciamo che al momento le possibilità sono limitate: la patente può essere verificata dalle forze dell’ordine in Italia, e sulla tessera sanitaria non ho idea. Si può anche inserire la Carta Europea della Disabilità, ma lì non ho dati ulteriori. Però mi pare interessante avere questo primo inizio, per rendere l’app davvero utile: fino a oggi mi accorgevo dell’esistenza dell’app solo quando l’INPS mi pagava l’assegno unico per i gemelli. In definitiva, diamo credito al fatto che l’app è ancora in fase di sviluppo e potrà migliorare: sono ottimista.

Ultimo aggiornamento: 2024-12-05 12:34

ma questi sondaggisti?

Questa è stata una delle rarissime volte in cui ho praticamente imbroccato il risultato elettorale, visto che immaginavo che Trump prendesse 300 grandi elettori. Misteri.
Ma quello che mi chiedo più che altro è perché i sondaggisti sono stati ancora una volta così fuori dalla realtà, a partire da Nate Silver che su 80000 simulazioni ne dava 40012 contro 39988 per Harris. Lo so, i sondaggi hanno un margine di errore, e molti dei risultati sono comunque dentro il margine di errore, anche se non mi pare nessuno pensasse che il numero totale di voti per Trump sarebbe stato maggiore di quello per Harris. Ma il punto è che se tutte gli errori vanno dalla stessa parte vuol dire che c’è un bias di base, e sono le terze elezioni USA di fila in cui c’è questo bias.

Di nuovo, so fin troppo bene che fare sondaggi è ormai complicato, perché è sempre più difficile trovare gente che risponda e risponda sinceramente. All’inizio si poteva anche immaginare che il problema fosse che la gente non voleva dire che avrebbe votato per Trump, e quindi i suoi voti venissero sottostimati: ma un bravo sondaggista sa come mettere in conto questo tipo di bias e corregge i dati, e soprattutto mi pare che ormai non ci sia più questa ritrosia. E allora perché si continua a sbagliare, persino più di me che non so nulla?

PS: martedì mattina alle 10:55 il mio amico Alessandro Giassi ha chiesto a Copilot “Quando si saprà chi è il nuovo presidente degli Stati Uniti?”. La risposta: “I risultati delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2024 sono stati annunciati. Kamala Harris ha vinto con 276 voti elettorali contro i 219 di Donald Trump.” Notate che la somma dei delegati non fa 538: ma non possiamo pretendere che un’AI sappia fare meglio di quello che trova scritto in giro…

Coglioni allegorici

Un generale al Bar ItaliaA quanto si legge, il GIP di Ravenna ha assolto Pierluigi Bersani, che era stato citato a giudizio dal generale Roberto Vannacci per diffamazione, “perché il fatto non sussiste”.

Bersani, alla Festa dell’Unità di Ravenna dell’anno scorso, parlò di un certo Bar Italia e chiosò: “Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?”. Secondo il ip, la richiesta non può “essere accolta per insussistenza giuridica e prima ancora linguistica”: più precisamente, a sua detta, “il querelante [ha] confuso la figura della metafora con quella della allegoria”, essendo quella frase un artificio retorico: Bersani ha “voluto evidenziare che, come è sbagliato dare dell’anormale a un omosessuale, è altrettanto sbagliato dare del coglione a un generale”.

Bisogna dire che il dispositivo della sentenza è interessante: avrei capito l’ultima frase che ho citato, ma l’excursus grammaticale è una sorpresa. Ma quanti conoscono la differenza tra una metafora e un’allegoria?

(immagine generata da foooocus. Il prompt è stato “a coffee shop with a sign “Bar Italia” and a general in uniform at the bar”. Ogni eventuale somiglianza con generali realmente esistenti è colpa del materiale di addestramento dell’AI)

Ultimo aggiornamento: 2024-11-05 17:03

La carica dei cento e uno

screenshot del film La scorsa settimana la Curiosona ha scritto un post riprendendo quanto scritto da Riccardo Falcinelli sul colore (o meglio sulla sua assenza) nel film La carica dei cento e uno, dove afferma due cose.
Sulla prima non ho nessun dubbio, e d’altra parte Falcinelli è un vero esperto del campo: intendo la parte sul colore. Avere tanti dalmata disegnati significa avere molto spazio in bianco e nero: che fare allora? Alla Disney hanno pensato di togliere ancora più colore. Soluzione prettamente creativa.

Ho invece qualche dubbio sulla sua seconda affermazione, quella dove afferma «la seconda parte del film è un film in bianco e nero: questo è un film di guerra. Qua Disney sta citando i cinegiornali degli anni ’40. […] Devono far finta di essere di un’altra razza: per non farsi prendere, si fanno passare per dei labrador. È Auschwitz.» Ecco. Siamo proprio sicuri di dover fare il parallelo con gli ebrei e Auschwitz? E siamo sicuri che nel 1961 si pensasse ancora ai cinegiornali di guerra? Nemmeno io ero nato nel 1961 (lo so che c’è chi non ci crede), quindi magari sono io che mi sbaglio; però credo che la trama sia semplicemente un classico. Che ne pensate?

(screenshot del film preso da Wikimedia Commons)