Eurostack

EuroStack è un collettivo che vorrebbe che si costruisse «A complete digital ecosystem made and supplied in Europe». Vedo che tra gli attivisti c’è anche Vittorio Bertola, probabilmente noto a molti dei miei ventun lettori.
Ora, è assolutamente vero che abbiamo una dipendenza totale dai sistemi digitali americani. Ma aver «messo nero su bianco le azioni chiave che l’Europa deve portare avanti per tentare di smarcarsi il prima possibile dai player extra-Ue e in particolare le Big tech americane», come dice Wired, serve molto a poco. In questi anni abbiamo visto tanti esempi: vi ricordate Volunia? O se i progetti italiani vi inducono alla risata, avete mai davvero usato Qwant? No, abbiamo perso il treno da una vita, e il problema non è tanto la regolamentazione troppo stringente ma la mancanza di fondi e di una vision, come si dice adesso. Insomma, EuroStack è un progetto arrivato con vent’anni di ritardo. E dire che il WWW sarebbe europeo…

10 pensieri su “Eurostack

  1. pgcd

    @notiziole hai ragione sui vent'anni di ritardo, ma se non iniziamo a fare qualcosa diventano ventuno, no?
    Aggiungo che, probabilmente, la cosa più lunga e costosa da fare oggi sarebbe un motore di ricerca in grado di competere con Google del 2015.
    Fortunatamente, nel 2025 Google fa piuttosto schifo e diventerà peggio e, secondo me, non è più un'asticella così elevata, per quanto loro ci tengano a presentarsi così.

  2. Bubbo Bubboni

    Questi sono i migliori prodotti farmaceutici europei!!
    Ridere aiuta così tanto alla salute che non mi stupisce la longevità di quello che giustamente si chiama vecchio continente!
    E chissà loro che sghignazzatate! Io non riuscirei proprio, poi non riesco più a scrivere, ma ammiro moltissimo chi magari fa anche la faccia seria mentre fa il pitch.

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  3. mestessoit

    Il problema maggiore che vedo io è che le cose “calate dall’alto” sono estremamente rischiose dal punto di vista applicativo: chi sta in alto ha una conoscenza puramente teorica dei problemi e necessità di chi sta sotto, con l’effetto di costruire qualcosa che sin dall’inizio è inutile se non dannoso. Senza contare che la “visione” delle PA europee è diversissima: non parlo della visione italica piena di corruttela e paraculi, ma anche solo pensare che il medesimo strumento possa funzionare in Germania e Francia così come è, beh, lo vedo impossibile.

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    1. .mau. Autore articolo

      quello della visione dall’alto sarebbe il minore dei problemi. Riportiamo in Europa un po’ di ricercatori, pagandoli meglio che negli USA, e diamogli carta bianca per preparare qualcosa di nuovo. Questo ecosistema non dovrebbe funzionare solo per le PA, e comunque se adesso stanno usando i software americani (patchati, immagino) non vedo una grande differenza. È proprio la volontà che manca, oltre ai soldi…

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      1. mestessoit

        Il target dichiarato è la PA, e ci sta, dato che è senza dubbio più facile partire in un sistema che puoi (parzialmente) controllare. E’ il metodo che non va, però: ci puoi anche mettere gente qualificata e capace, ma il risultato non sarà mai ottimale, perché cerchi di unificare realtà fortemente disomogenee.

        Mia moglie è prof universitaria, lavora in un progetto UE e nel suo piccolo una università tedesca è gestita in un modo così diverso da una italica per dire che ti chiedi lecitamente come procedure comuni vengano gestite: io ti dico che è un incubo. Una roba del genere, fatta così, non potrà mai andare.

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  4. un cattolico

    “avete mai davvero usato Qwant?”

    Da Wikipedia in lingua inglese: “In 2020, Qwant claimed to have exceeded 50% of independent results for web searches, and 70% for all researchs“.
    Direi che anche se lo usassimo sarebbe comunque un simulare indipendenza da Bing e altro, se tuttora sono queste le percentuali.

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  5. xlthlx

    Meglio tardi che mai, sul serio.
    Concordo pero’ sull’idea che non dovrebbe essere qualcosa calato dall’alto, ma non per i motivi sottolineati nei commenti precedenti.
    Invece più che pensare solo alla PA bisognerebbe pensare di dare alternative anche alle aziende e alle persone, insomma a tutti, e non trattare la questione come un blocco unico, ma gestire lo stack per quello che è, una collezione di pezzi differenti, che possono avere differenti soluzioni. E considerare seriamente l’idea di usare l’Open source, come dovrebbe essere usato. Ma nel sito non vedo nemmeno un accenno.

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  6. Steve E

    [Nota di .mau.: ero indeciso se approvare o no questo messaggio. Alla fine ho deciso che la trasparenza vinceva.]

    @notiziole
    Thanks for this great idea. I do agree that tech is primarily owned by American based companies, and there is certainly cultural bias and ownership there.

    These days, I'm advocating for Co-op Stack, cooperatively developed, owned, and operated digital infrastructure. See https://datacommons.coop/cooperative-digital-infrastructure-manifesto. We at Patio https://patio.coop, Data Commons Co-op, and the 186 signatories of the manifesto are working toward a cooperative digital infastructure for the people, not the profit.

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