Non ho seguito molto le paralimpiadi (a parte Guo Jincheng nel nuoto). Del resto, non ho nemmeno seguito molto le olimpiadi. Però mi è capitato di vedere i titoli dei giornali, non solo nostri ma anche la BBC, e c’è qualcosa che non mi torna. Non parlo della storia di Valentina Petrillo: mi pare che ci siano già stati abbastanza articoli in giro. Quello che invece ho notato è che ci sono parecchi atleti che hanno partecipato e vinto a svariate Paralimpiadi. Che vuol dire, in pratica? Direi che loro, nella evidente sfortuna, hanno almeno avuto la possibilità di allenarsi per decenni ad alto livello, cosa che purtroppo non possono fare in tanti. Mi chiedo insomma quanto le Paralimpiadi siano un modo per vedere i pochi e dimenticarsi dei tanti.
(logo paralimpico da Wikimedia Commons)
Osservazione parecchio fondata. Un’altra cosa che ho notato io è che alle Paralimpiadi è assai più frequente che si affrontino atleti di età molto diverse: la stessa Valentina Petrillo, che ha cinquant’anni, ha probabilmente gareggiato contro atlete molto più giovani di lei. Suppongo che questo possa dipendere dal fatto che in ambito paralimpico c’è molta meno concorrenza; un’atleta normodotata a cinquant’anni avrebbe appeso gli scarpini al chiodo da un pezzo.