Addio, TIM


Il 3 giugno TIM ha dato la comunicazione ufficiale di cessione di ramo d’azienda: in altre parole, circa metà dell’ancora per poco grande azienda dove lavoro sarà ceduta a Fibercop (la piccola società nata nel 2021 per gestire formalmente il passaggio dalla rete in rame TIM alla fibra), che contestualmente sarà acquistata da Optics Bidco (altra piccola società creata dal fondo KKR).

In Italia una cessione di ramo d’azienda è normata dalla legge, e i sindacati hanno il diritto di chiedere informazioni su cosa succederà ed eventualmente firmare un verbale d’accordo. Ieri c’è stata questa procedura, e ho scoperto all’ultimo momento che a differenza del solito potevo partecipare (usando Teams) in qualità di RSU (assieme ad altri quasi 400 colleghi, insomma l’1% dell’azienda). Diciamo che la giornata è stata interessante.

La Triplice Più Uno è stata abbastanza unitaria: tutti hanno detto che continuano ad essere contrari allo spezzatino, nessuno ha firmato il verbale, nemmeno nella forma debole “abbiamo parlato e non siamo d’accordo” (ma anche qui non si capisce bene l’utilità di un siffatto verbale: Unindustria ha semplicemente preso atto che sono state espletate le formalità), e sono state chieste un po’ di informazioni su cosa succederà ai tra poco miei ex colleghi. L’azienda aveva pronta una dozzina di slide con le spiegazioni del caso, ma la sensazione è che siano ancora in alto mare con tutte le cose che bisognerà completare in questi ultimi dieci giorni prima del probabile closing, anche perché ogni giorno ci si accorge che ci sono procedure condivise tra “restanti” e “partenti” che non possono essere divise con facilità. Gli autonomi, con in prima linea lo Snater, hanno cominciato a parlare di tutto tranne che di quanto riguarda la separazione, mostrando come non fossero davvero interessati alla procedura in corso.

Diciamo che se uno non ci finisce dentro non può capire la quantità di cose inutili che occorre fare per legge o per abitudine.

Ultimo aggiornamento: 2024-06-20 11:49

6 pensieri su “Addio, TIM

    1. .mau. Autore articolo

      io resto, purtroppo. (Diciamo che i partenti non faranno chissà cosa, ma hanno qualche sicurezza in più)

  1. Silvia

    L’impressione, sentendo ex-colleghi e amici, finiti chi in una parte chi nell’altra, è che tutti temono per il futuro e che indubbiamente ci sia tanta incertezza e confusione in questo momento: passaggi di consegne all’ultimo minuto, spostamenti di personale da un settore ad un altro pur all’interno della stessa società ma con criteri non chiarissimi, persino incertezze operative riguardo lo smart working, la solidarietà e, con rammarico di chi era stato contattato ma poi non ne ha saputo più niente, l’isopensione.
    Tristezza e amarezza.
    (Una nota un po’ OT: ho notato che sui giornali scrivono ServCo, ma poi voi la chiamate SerCo).

    1. .mau. Autore articolo

      da luglio sarà un bagno di sangue. Sono convinto che dal collega Pietro giù per i primi e secondi livelli nessuno abbia fatto davvero i conti su cosa significherà la dis-integrazione di un’azienda che nel bene o nel male, anche se le parrocchie fisso e mobile erano sempre rimaste separate, funzionava perché internamente si saltavano le procedure formali per fare i lavori.

      (Noi abbiamo sempre detto SerCo, ma in effetti l’ldap aziendale per esempio ha ServCo, l’ho scoperto l’altro ieri mentre cercavo di scoprire quali ancora per poco colleghi di NetCo dovevamo togliere dalle nostre mailing list)

      1. Marco d'Itri

        “Si saltavano le procedure formali per fare i lavori” è esattamente il motivo per cui l’integrazione verticale dell’incumbent non è tollerabile .

        Nei prossimi anni scopriremo se la separazione è stata fatta nel punto giusto oppure no…

        1. .mau. Autore articolo

          dopo trent’anni di liberalizzione, l’incumbent non aveva in realtà più una fetta di mercato predominante. Vedremo in effetti che succederà con il nuovo operatore verticalmente integrato…

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