Ieri nel primo pomeriggio sono stato al Policlinico per una visita di controllo. Tornando indietro, vista la bella giornata, ho pensato di prendere il BikeMi per tornare in ufficio. Arrivo alla cerchia dei navigli e alla sua pseudopista ciclabile: faccio il solito slalom per evitare le auto parcheggiate; arrivato all’incrocio con via Passione (nomen omen) vedo due pedoni che vorrebbero attraversare la strada e mi fermo. Subito dopo mi sento sbattere da dietro: la bici va un po’ avanti (i pedoni per fortuna non erano ancora partiti), io cerco di mantenermi in equilibrio ma poi casco (senza farmi nulla, non preoccupatevi). Chi mi ha tamponato? Un idiota con una cargo bici che evidentemente guardava il telefono anziché cosa c’era per strada, e si è anche incazzato perché mi sono fermato. Anche quello non sarebbe stato un problema, visto che per fortuna passava un’auto della polizia che si è fermata per verificare che tutto andasse bene. Certo che la vita è difficile.
Da pedone, ho dovuto purtroppo constatare, da esperienze dirette in città dove la bici è usatissima e dove esistono vere ciclabili, che una parte dei ciclisti italici rispecchia i vizi (di una parte) degli automobilisti: ignoranza delle strisce pedonali, velocità eccessiva, distrazione, prepotenza. Per non parlare di quelli che usano i marciapiedi riservati ai pedoni come pista e vanno pure in due su una bici (e mica solo i ragazzini: ora pure i trentenni…).
Mi è parso quasi che più venga incentivato e osannato l’uso, più la gente sviluppi sindromi di onnipotenza.