Il mio primo incontro con Zellini fu a Pisa, quando io ero un giovane studente di matematica che ogni tanto andava a fare incursioni tra gli informatici, e ho seguito per curiosità personale parte del corso di teoria della complessità che lui al tempo teneva. In effetti mi ero sempre chiesto come mai nei suoi libri scrivesse di temi apparentemente lontani dal suo campo di studi: con questo libro finalmente sono riuscito a comprendere il motivo. La tesi di Zellini è piuttosto spiazzante, e la si può leggere nel titolo dell’ultimo capitolo del libro: “il continuo come approssimazione del discreto”. In pratica, la matematica nacque come discreta e algoritmica, si pensi alle tavolette babilonesi per esempio, e il continuo fu introdotto in età relativamente tarda perché semplificava i conti. Ma adesso la situazione è di nuovo cambiata! Sono i computer a risolvere i problemi, lo fanno con una struttura numerica discreta – quella dei numeri di macchina – e quello che conta è riuscire a dimostrare che si resta vicini alla soluzione teorica, sintetica ma non calcolabile, e che le operazioni sono fattibili in un tempo umano – ciò che studia la teoria della complessità, insomma.
Come nelle altre opere di Zellini la lettura non è sicuramente agevole, e probabilmente stavolta è ancora peggio vista la predominanza della parte matematica vera e propria. Però sono stato contento di averlo letto, perché anche se mi sa che non ho colto tutti gli spunti quelli che ho trovato sono già interessanti di loro!
(Paolo Zellini, Discreto e continuo : Storia di un errore, Adelphi 2022, pag. 406, € 13,99 (cartaceo: 28), ISBN 9788845985621 )
Voto: 4/5
Ultimo aggiornamento: 2023-03-25 16:42
Non hai indicato il voto in quinti!
perché ho copincollato male… è 4/5