i prigionieri degli smartwatch

Da un annetto ho uno smartwatch Huawei di fascia bassa (l’ho pagato una trentina di euro) che uso essenzialmente come contapassi. Lo smartwatch si collega all’app Huawei Health che è una roba pesantissima (110 MB), viene aggiornata più o meno ogni settimana, probabilmente manda tutti i miei dati fisici in Cina… ma non mi lascia esportare i dati grezzi. Nei forum si trovano messaggi di gente incazzata, ma le risposte sono da muro di gomma. Pare che esistano procedure un po’ barocche, che sfruttano la richiesta dei dati conservati nei server che poi devono essere convertiti (ok, JSON non è la fine del mondo), ma capite che non è una cosa che viene voglia di fare tutte le settimane.

Ho provato a vedere cosa offre Aliexpress, in fascia un po’ più alta: niente da fare, sono tutti bloccati così. Ma secondo voi qual è il motivo di tutto ciò? Non può essere una semplice questione di privacy: in quel caso basterebbe che l’app richieda una password. Qualche altra idea che non sia prendere uno smartwatch di fascia alta, visto che non è che la cosa mi serva chissà quanto?

4 pensieri su “i prigionieri degli smartwatch

  1. Metello

    Ti permette di sincronizzare i dati con Google Fit? Il mio Mi Band sì, poi esporto da Google. È un giro, ma è l’unico che sono riuscito a trovare.

    1. .mau. Autore articolo

      La condivisione mi pare solo monodirezionale, nel senso che se ho telefono e non smartwatch l’app Huawei prende i dati da Google Fit.

  2. Enrico Delfini

    Non capisco nulla di ciò che dite a livello di elettronica e di informatica. Ma so che è in corso una gara spietata a chi per primo riuscirà a produrre devices affidabili a livello cardiologico, che superino il livello di giocattolo. Già oggi lacardiologia deve tener conto della presenza di furbofoni (cit.) che avvisano ogni mattina se durante la notte è successo “qualcosa”. Non possono ancora porre diagnosi, ma siamo vicini. Le conseguenze a livello medico saranno imprevedibili. Condizioni come la fibrillazione atriale dovranno essere “riscritte” alla luce del fatto che, molto probabilmente, è dimostrabile che gli episodi aritmici sono molto più frequenti (e spesso indolori e bengni) di quanto fin qui creduto. Se si dovesse arrivare a considerare valida a livello diagnostico a detection di una fibrillazione da parte di un aggeggio, bisognerà decidere se varranno ancora le indicazioni al trattamento condivise dagli espetti in uno scenario ben diverso. Potrebbe significare che milioni di persone in più devono curarsi a vita con farmaci (come gli anticoagulanti) che costano un centinaio di euro al mese. Facciamo una botta di conti…

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