Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale

Fino al 15 giugno il Ministero della Cultura (MIC) ha indetto una consultazione pubblica sul Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale:

la visione strategica con la quale il Ministero intende promuovere e organizzare il processo di trasformazione digitale nel quinquennio 2022-2026, rivolgendosi in prima istanza ai musei, agli archivi, alle biblioteche, agli istituti centrali e ai luoghi delle cultura statali che possiedono, tutelano, gestiscono e valorizzano beni culturali.

Ho letto le linee guida per la circolazione e il riuso delle immagini, e ho capito che la linea del MIC – “cacciateci i soldi” – non è cambiata di una iota. La cosa peggiore è che il piano pare essere un patchwork: le sue premesse sono assolutamente condivisibili, ma nella fase di assemblaggio qualcuno ha ben pensato di disattendere tali premesse per una presunta capacità di ottenere ricavi.

Tanto per essere chiari: non c’è nulla di male se il MIC vuole creare e vendere degli NFT a partire dalle opere che ha in cura. Io non riesco a capire perché uno vorrebbe mai avere un NFT, ma è evidente che c’è gente che invece li vuole; e allora che li si faccia e li si venda. Tanto quelli sono per definizione entità non copiabili, o se preferite uniche. I problemi sono altri. Per esempio,l’avere un sistema NC (non commerciale) per default sui contenuti in pubblico dominio, cosa che è incompatibile con i progetti Wikimedia e OpenStreetMap. Il tutto con una “licenza” (non lo è, e anche nelle linee guida la cosa viene rimarcata) “MIC Standard” che porterà a risultati parossistici. Mi spiego meglio. Se qualcuno chessò negli USA pubblica una traduzione non autorizzata del mio Matematica in pausa caffè, il titolare dei diritti (Codice Edizioni) può contattare le autorità statunitensi, bloccare la vendita e citare a giudizio il malcapitato editore. Questo perché le leggi sul diritto d’autore sono state (più o meno) armonizzate in tutto il mondo, e quindi i diritti di sfruttamento economico sono tutelati ovunque. Ma se lo stesso qualcuno usa commercialmente un’immagine del Colosseo con l’etichetta – esplicita o implicita – “MIC Standard”, il ministro può strillare quanto vuole ma non succederà nulla, perché dal punto di vista delle autorità USA quell’immagine è nel pubblico dominio. Insomma, gli unici eventuali guadagni arriverebbero dai nostri compatrioti, mentre all’estero potrebbero fare quello che vogliono.

Per quanto riguarda Wikipedia Commons, c’è persino una citazione esplicita:

Il download di riproduzioni di beni culturali pubblicati in siti web di terze parti non è sotto il controllo dell’ente pubblico che ha in consegna i beni (ad es. le immagini di beni culturali scaricabili da Wikimedia Commons, realizzate “liberamente” dai contributori con mezzi propri per fini di libera manifestazione del pensiero e attività creativa, e quindi nella piena legittimità del Codice dei beni culturali). Rimane nelle competenze dell’istituto culturale l’applicazione di corrispettivi per i successivi usi commerciali delle riproduzioni pubblicate da terze parti.

Rileggete questa frase. Ve la traduco in italiano corrente: Wikimedia Commons viene trattata alla stregua di una vetrina pubblicitaria dove l’unico lavoro da parte dello stato è farsi dare i soldi da chi prende da lì del materiale. Come forse immaginate, non è che la cosa ci piaccia più di tanto…

Ah: al MIC non piace proprio la CC0, la licenza che formalizza il rilascio di un oggetto o un’informazione nel pubblico dominio. Infatti (grassetto mio) si legge che

l’uso di dati e riproduzioni digitali del patrimonio culturale per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza, che non abbiano scopo di lucro diretto è libero per legge;

Quindi anche i metadati – a differenza per esempio di Wikidata, dove tutti gli elementi presenti hanno licenza CC0 – sono sotto una licenza di tipo NC. La digitalizzazione dei metadati è insomma qualcosa che si può fare solo per offrirlo poi gentilmente al MIC che sicuramente ci farà tanti soldi. Che gioia, vero?

5 pensieri su “Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale

  1. Pla

    Mi piacerebbe conoscere la posizione ufficiale del MIC su immagini come “Interieur van het Colosseum in Rome” https://www.europeana.eu/en/item/90402/RP_F_F01143_U

    A detta del Rijksmuseum e di Europeana quell’immagine è in pubblico dominio (con tanto di link a CC PD-mark).

    Se la metto in copertina di un libro dovrei secondo loro pagargli qualcosa?

    Mi verrebbe voglia di farlo per farmi fare causa e portare l’istanza a livello europei.

    1. .mau. Autore articolo

      se lo facciamo io oppure tu non succede nulla. Purtroppo mi sa che non succeda nulla nemmeno se lo facesse Wikimedia Italia (che sarebbe dispostissima ad andare in causa)… Se però lo facesse chessò Mondadori sono abbastanza certo che chiederebbero il canone.

      1. mestessoit

        Le linee guida sono molto chiare: il canone viene chiesto a chi fa un uso commerciale delle immagini, quindi il sito europeana è fuori, wiki* è fuori, così come sono al di fuori tutti gli enti pubblici (tipo pro-loco, agenzie del turismo, enti regionali etc).

        Ci sono casi sicuramente “borderline” di uso commerciale, ad esempio che so, un fornitore di servizi basato a Roma che usa la cartolina postata come immagine di ingresso, ma la cui attività non è incentrata sul turismo.

        Sono anche sicuro che quelli del ministero sanno benissimo a chi convenga chiedere il pizzo e a chi no, in pieno stile mafioso, e ci siano linee guida interne già scritte e pronte ad essere applicate. Così come sicuramente esiste una “black list” di gente che non deve essere affetta, anche se in teoria lo sarebbe.

        Detto in due parole, le norme sono lì per rimanere, anche se ingiuste, e personalmente ho seri dubbi che persino l’agenzia europea preposta abbia una reale volontà di correggere la situazione imponendo regole diverse.

        1. .mau. Autore articolo

          Attenzione. Europeana è fuori nel senso che non chiederebbero nessun canone, ma secondo l’interpretazione del ministero quell’immagine non può essere indicata come di pubblico dominio. Quindi il fornitore di servizi dovrebbe comunque pagare, nonostante abbia preso un’immagine indicata come PD. Quindi anche Europeana c’entra eccome.

          1. mestessoit

            Ammesso e non concesso che non rientri nella famosa black list, nella peggiore delle ipotesi tolgono l’immagine e finisce lì, ma nessuno si lamenterà di loro, stanne certo. Dubito che quelli di Europeana di loro sponte si lamentino, quindi tutto rimane come se fosse normale.

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