Anche Stefano Bartezzaghi sceglie di entrare nell’agone delle distinzioni più o meno artificiali nella lingua italiana: e lo fa a modo suo in questo libretto. L’introduzione riprende il suo vecchio testo “Mater ignota” pubblicato sulla rubrica Lessico e Nuvole il 3 maggio 2006, e che mostrava un tormentone con un insieme di parole che applicate ai maschi avevano in certo senso e messe al femminile si traducevano sempre – absit iniuria verbis – in “una mignotta”. Da lì prende il via una disamina del terzo articolo della Costituzione, che comincia affermando «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, […]» Cominciando con la parte apparentemente più semplice, Bartezzaghi fa notare che anche se si espungesse dal testo la parola “razza” non è che il razzismo sparirebbe. (Lui lo dice meglio di me e lo spiega anche dal punto di vista semiotico.) Ma più in generale, spiega, la lingua è fatta da distinzioni, che possono essere neutre oppure diventare oppositive, e caricarsi di valori morali: si parla di assiologia. Insomma, se non ho capito male, limitarsi a cambiare le parole senza considerare tutto quello che c’è dietro di esse non porterà mai a grandi risultati…
(Stefano Bartezzaghi, Senza distinzione : Di sesso, di razza, di lingua, People 2022, pag. 144, € 15, ISBN 9791259790279 )
Voto: 4/5