morire durante l’alternanza scuola-lavoro

Vorrei aggiungere alcune parole sulla morte del povero diciottenne schiacciato da una putrella nel suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro. Le parole però non sono mie – non ho conoscenze sufficienti – ma di un mio amico che ha postato un thread su Twitter.
Di mio non posso che condividere la sua considerazione iniziale: il problema iniziale su cui concentrarsi è la sicurezza sul lavoro. (E presumibilmente in questo caso non si sarebbe neanche dovuto parlare di alternanza scuola-lavoro ma di tirocinio)q

Ultimo aggiornamento: 2022-01-24 08:52

5 pensieri su “morire durante l’alternanza scuola-lavoro

  1. mestessoit

    In Italia si muore tanto di lavoro perché:

    1) tante ditte piccole, poco strutturate, al minimo degli investimenti strutturali
    2) come corollario del puto precedente, si fa pochissima formazione, tutta on-the-job, quindi “si lavora come quello là”
    3) i dipendenti stessi sottovalutano i rischi connessi alla propria attività nella gran parte dei casi e la maggiornaza accetta compense in nero di fatto per lavorare in suddette condizioni
    4) il meccanismo sanzionatorio è praticamente nullo e non disincentiva comportamenti criminali del datore di lavoro

    Sia ben chiaro, tutte queste cose sono ben note a livello politico, ma non se ne farà mai niente perché:

    1) essendo la stragrande dell’economia (produttiva) italiana basata sulle PMI nessuno diminuirà i rendimenti delle stesse sarebbe un suicidio politico
    2) lo Stato non ha risorse per incrementare la repressione di comportamenti criminali del datore, anche se ne avesse la volontà (che non ha, ripeto)
    3) i dipendenti stessi mugugnano ma alla fine sono in parte succubi, in parte complici del loro destino “io sono attento a me non succede”

    Ed tutto questo posso dire che nella mia vita lavorativa precedente (chimico analista) ho conosciuto uno dei (relativamente) pochi colleghi morti sul lavoro: colpevole imperizia, ma colpevole comportamento del datore nell’ambiente lavorativo (pressione sui modi e tempi). Alla fine, se lavori sul ciglio del burrone, cadi, anche solo per stanchezza.

    Operaio, impiegato, lavoratore: se non ti ribelli, niente e nessuno ti potrà aiutare.

    1. Bubbo Bubboni

      “2) lo Stato non ha risorse per incrementare la repressione di comportamenti criminali del datore, anche se ne avesse la volontà (che non ha, ripeto)”
      Verissimo, la religione neoliberista impedisce allo stato di impegnarsi in queste attività, non necessariamente repressive ma anche “consulenziali”. Dopotutto le PMI non sono così moleste quando pagano le tasse, qualcosa in cambio lo potrebbero anche ricevere!
      C’è da aggiungere che però, per i medesimi vincoli religiosi, il controllo a posteriori riguarda la documentazione. Se il piano dei rischi era ben redatto, se il modulo delle firme era in ordine, ecc. ecc. tutto è bene quello che finisce bene!

      Per me la situazione migliorerà solo quando la richiesta non sarà la solita di punire di più gli imprenditori, ma di avere uno stato che non si limita al controllo dei documenti quando c’è il morto.

  2. Marco[n]

    Il punto dirimente a me sembra proprio il 3c del thread di Twitter citato. Voglio dire, se l’incidente l’avesse avuto luogo l’anno dopo, assunto proprio in quella ditta dopo aver finito la scuola, sarebbe cambiato qualcosa?
    L’alternanza scuola-lavoro è proprio l’ultimo dei problemi da affrontare in casi come questo.

    1. .mau. Autore articolo

      sarebbe stato rubricato da un’altra parte. (Comunque ripeto: a quanto pare si stava parlando di tirocinio e non di alternanza scuola-lavoro. Possiamo discutere su come il tirocinio sia anch’esso una schiavitù normata, ma non possiamo confonderlo con l’alternanza)

  3. Enrico Delfini

    Un paio di considerazioni di stampo matematico statistico. Premetto che ogni infortunio sul lavoro è un dramma, e che ci sarebbero migliaia di cose da correggere. Però sarebbe interessante sapere come vengono rilevati i dati INAIL sul numero degli infortuni, dei feriti e delle morti. Che incidenza hanno, se l’hanno, i morti “in itinere”; i sistemi di computo sono omogenei in Europa? Di fatto in Italia il numero di morti annui indicato da INAIL è da anni sostanzialmente stabile tra 1000 e 1100. Sono tanti, sono troppi. Ma significa che ogni giorno in media ci sono tre disgrazie (in realtà se consideriamo i weekend, siamo a 4-5. Per quale motivo, ogni qualche mese, per qualche giorno, TV e giornali si dilungano su uno o due casi in particolare, per poi rientrare nel silenzio? Per non parlare del ridicolo cui è giunto oggi il TG5 che ha riferito di un operaio ad Ansedonia, caduto dall’altezza di due metri, per fortuna senza gravi conseguenze.

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