La percezione della scienza

È persino stato intervistato dal Tg1. Parlo di Francesco Tulone, il matematico siciliano che assieme a due colleghi russi ha trovato un controesempio a una congettura proposta una ventina d’anni fa. Il risultato, pubblicato sui Proceedings dell’AMS – rivista indubbiamente importante ma non al top – era stato subito salutato dal Corsera.

Un mese dopo Repubblica promuove i Proceedings a rivista “più prestigiosa al mondo per i matematici”, raccontando nel contempo come a Tulone sia stata tolta la cattedra, cosa che del resto era nota da settimane. Solo che la storia è un po’ più complicata di come descritta, e non parlo delle conoscenze matematiche necessarie. Tulone non è un professore ma un ricercatore, e quindi non ha obblighi didattici, anche se molto spesso le università fanno comunque insegnare (su base volontaria) anche i ricercatori. Tulone ha sempre dato la sua disponibilità a tenere il corso, ma quest’anno in università è arrivata una professoressa in quella classe di materie e il consiglio di dipartimento ha deciso di affidare il corso a lei. Tutto questo naturalmente non si evince dagli articoli di giornale, scritti evidentemente senza cercare altre fonti. Insomma, chi scrive questi articoli non ha esattamente idea di quali siano i risultati scientifici di cui si parla – e questo è assolutamente comprensibile – ma non gliene importa nulla e pubblica più o meno a caso quello che sente dire da una singola parte in gioco.

Ma come sempre in questi casi la mia domanda è un’altra. Ferme restando le qualità scientifiche di Tulone, che comunque non saprei quantificare: quali sono le sue qualità sociali per riuscire a tirare fuori tutto questo cancan mediatico?

14 pensieri su “La percezione della scienza

  1. mestessoit

    “spesso le università fanno comunque insegnare (su base volontaria) anche i ricercatori.”

    sticazzi. Mia moglie ha fatto tutta la trafila (ricercatrice/professore associato) alla facoltà di Matematica della Università degli Studi di Milano, e so bene come funzionano le cose dall’interno.

    Sulla carta è volontario, nella pratica all’orecchio ti dicono “se non fai i corsi non ti rinnovo il contratto”. Ti posso dire che per quanto riguarda Milano, è pratica usuale in tutte le facoltà. E non sarei minimamente stupito se fosse così in tutta Italia.

    Sono pronto a scommettere peraltro che la mossa di togliere il corso a Tulone sia frutto di un presunto sgarro che ha fatto e la sua facoltà abbia messo in piedi come vendetta.

    Sul cancan mediatico, beh non lo trovo una cosa negativa in sé, anche se sono meno quotato di te per capire il valore della cosa, trovo che sia utile avere anche una parziale relazione di un mondo che è molto opaco in generale e che sarebbe meglio fosse più trasparente.

    1. .mau. Autore articolo

      certo che in genere è volontario solo sulla carta. Ma togliere un corso non penso che ti faccia perdere chissà quali soldi (anche se a dire il vero non ho idea), e ti lascia più tempo libero…

    2. dag68

      Da romano, mi permetto sommessamente di ricordare che non intendi veramente “sticazzi”, che significa invece, parafrasando, “chi se ne infischia”. :)

      1. Pla

        Sì, quello è un significato, e forse il principale. Però “stica” si usa anche nel modo in cui mestesso l’ha usato: ad indicare “col cavolo”, “ma come ci pensi”.

        Effettivamente in quell’eccezione io avrei prefisso un “ma”: “_lavorano in modo volontario._ Ma stica! Non è mica vero…”

        1. dag68

          Visto che sono espressioni romane (come testimonia “’sti”), fa testo l’uso romano, e io non pretendo di dire agli altri come usare belin, pirla o minchia, per rimanere in tema. Quello che dici tu è semmai “’sto cazzo!” (= “neppure per sogno”) che, non pare, ma è ben diverso da “’sti cazzi” (= “chi se n’infischia” / “e con ciò?”).
          Poi, ognuno è liberissimo di usare qualunque parola o espressione in qualunque modo. Al massimo viene frainteso.

  2. S

    Aggiungo qualche precisazione dall’interno del mondo matematico (lontano sia da Palermo che dagli interessi scientifici di Tulone, ma comunque in grado di capire la situazione).

    * I ricercatori pre-Gelmini (quali Tulone) formalmente non hanno obblighi didattici. È falso inoltre che “se non fai i corsi non ti rinnovo il contratto”, in quanto questi ricercatori , dopo la conferma a 3 anni dall’inizio, sono a tempo indeterminato. Certo comunque se uno non vuole rendersi complicate eventuali promozioni (ché poi nei concorsi conta pure l’impegno didattico) e non inimicarsi il dipartimento, qualche corso lo tiene e quindi è molto raro che questo non succeda.
    C’è da aggiungere infine che, a differenza che per professori e ricercatori post Gelmini, le ore insegnate dai ricercatori pre-Gelmini vengono pagate extra in aggiunta allo stipendio. Mi pare l’importo sia sui 30€/ora lorde, ma potrei sbagliarmi.

    * Tulone ha tenuto per 16 anni lo stesso corso (analisi 2) a matematica. Questo per mia esperienza non è comune, in quanto di solito c’è un po’ di rotazione, questo soprattutto per i corsi di base quale quello in discussione (per quelli più avanzati invece succede che ci sia un solo docente veramente esperto sull’argomento, quindi si ruota meno). Ruotando si evita sia di fare annoiare e/o impigrire il docente sia si consente a più persone di avere l’opportunità di insegnare corsi comunque stimolanti. Infatti, molti docenti di matematica si trovano regolarmente a insegnare corsi a chimica/biologia/architettura/ingegneria/…. con studenti per forza di cose molto meno motivati di quelli del secondo anno di matematica. Molto spesso i corsi fondamentali vengono poi tenuti da professori e non da ricercatori, perché solitamente hanno maggiore esperienza e maggiore “qualità scientifica” e anche, in qualche modo, per dare più autorevolezza al corso di studi. Non mi sembra affatto strano quindi che un professore ordinario di analisi neoassunto posa essere stato invitato a tenere quel corso.

    * Un’altra cosa per me un po’ inusuale è che i corsi del 22-23 siano stati assegnati con così tanto anticipo (ad aprile mi pare di capire, da noi si farà intorno al prossimo febbraio-marzo). In ogni caso i corsi si assegnano anno per anno non è che ognuno ha il suo, anzi (io ho insegnato una decina di corsi diversi negli ultimi 6/7 anni), quindi non è che nessuno gli abbia tolto niente.

    * Il lavoro di Tulone è stato pubblicato in una rivista “media” dedicata a articoli brevi e non certo prestigiosa (invito a leggere il comunicato dell’UMI in proposito https://umi.dm.unibo.it/2021/09/22/articoli-scientifici-ce-rivista-e-rivista/?fbclid=IwAR0VPjvLebiOulpBj670ll4cM7FSj5BBdMYVcOWf06taUBHIrcSuu-PVA1Y ). Il lavoro in sé non l’ho potuto ancora vedere, ma è sicuramente su un argomento di nicchia e, visto il giornale su cui è pubblicato, direi neanche particolarmente innovativo. In ogni caso un analista di buon livello dovrebbe avere almeno una pubblicazione di almeno quel livello ogni anno o quasi. Gli altri lavori di Tulone invece sono per lo più pubblicati in riviste di livello basso. Tulone inoltre non ha l’abilitazione a professore ad associato (né ovviamente ad ordinario), quindi sicuramente non può venire promosso. Dubito che la mancata abilitazione si possa attribuire ad antipatie visto che la commissione viene estratta a sorte ogni due anni e ha avuto molte finestre in cui poter fare domanda. Probabile quindi che o non abbia i requisiti per fare domanda di abilitazione (citazioni, numero di articoli, H-index) o che il suo lavoro non sia stato giudicato di sufficiente impatto dai commissari.

    * La mancata assegnazione del corso difficilmente può essere legata a gelosie sull’articolo (al contrario di quanto sostengono i vari giornali), visto che gli incarichi erano stati dati ad aprile, mentre l’accettazione dell’articolo di agosto.

    Queste un po’ di considerazioni basate sulla mia esperienza. Poi per carità può darsi che gli abbiano voluto comunque fare un piccolo sgarbo per chissà quali motivi, ma anche se fosse si tratta comunque di cose di rilevanza nulla normalissime in un qualsiasi posto di lavoro.

    Invito inoltre a leggere l’intervento su Facebook ( https://www.facebook.com/francesco.maggi.31/posts/10228280789230298 ) di Francesco Maggi, un matematico, lui sì, di molto alto livello (nonché collaboratore di Figalli).

    1. mestessoit

      Se per 16 anni rimani ricercatore, ne converrai immagino S, qualche scazzo con con l’ateneo ce lo devi avere, vero? Sai bene quanto me che esistono gli scatti di anzianità dovuti a tutto ed a tutti…

      1. .mau. Autore articolo

        Che io sappia, non ci sono “scatti automatici”, e anche i concorsi ad associato e ordinario sono su base nazionale. Poi magari ci possono essere favori tra atenei diversi, ma tant’è.

      2. S

        Ci sono scatti di stipendio, che immagino abbia avuto come tutti gli altri negli anni in cui non erano bloccati a livello nazionale. (Di recente stanno introducendo delle valutazioni, ma immagino gli scatti finiranno comunque a tutti o quasi). Quanto agli avanzamenti di carriera, deve prima ottenere l'”abilitazione scientifica nazionale” (che valuta la maturità scientifica del candidato), senza quella non può nemmeno partecipare ai concorsi (che poi comunque vanno vinti). Ah, l’abilitazione è appunto nazionale e negli anni si sono alternate varie commissioni (estratte casualmente), quindi difficile attribuire la cosa a scazzi di ateneo. Poi non è neanche detto che abbia neanche mai fatto domanda per ottenerla, perché per poterlo fare bisogna soddisfare dei requisiti minimi dei minimi che al momento lui non mi sembra avere (nel suo settore attualmente sono: Numero articoli 5 anni >= 8, Numero citazioni 10 anni >= 56, Indice H 10 anni >= 5; tutti da calcolare su Scopus o WoS).

        1. S

          Aggiungo: per poter fare domande bisogna soddisfare almeno 2 di quei 3 requisiti, anche se nella pratica molte poche persone vengono abilitate senza soddisfarle tutte e tre. Se non sbaglio Tulone soddisfa solo il primo requisito.

  3. Bubbo Bubboni

    Mah, io mi chiedo come è possibile che l’ambientino accademico sia così come viene descritto.
    Ci sono le persone più colte e intelligenti della nazione, taluni devono anche avere una qualche preparazione su questioni etiche, legali, organizzative o economiche.
    Eppure è un settore con storie e percorsi di carriera che al confronto la gig economy sembra uscire da un contratto nazionale degli anni ’60!

    1. Pla

      > Ci sono le persone più colte e intelligenti della nazione

      No?

      Ci sono alcune persone colte e ci sono alcune persone intelligenti.

      Ma l’accademia è uno specchio della società come molti altri. Ci trovi quelli ci si dedicano con passione, ma anche quelli particolarmente tonti, quelli che lo fanno per voglia di potere, quelli che al di fuori del loro orticello non sanno fare 1+1 (i ricercatori in medicina che hanno fatto il classico, non capiscono la statistica e si vantano di non avere imparato mai la matematica sono i miei preferiti)…

      1. Bubbo Bubboni

        E’ vero che ci sono persone di varia capacità, ma nel complesso perché il settore non riesca ad organizzarsi bene non mi è chiaro.
        Capisco il disastro nei servizi “erogati”, massacrati da 3+2=0, “Bolonia” e i CFU, ma non perché la struttura accademica sia così mal ridotta, anche considerando l’accesso diretto alla politica di cui gode.
        Mi sembra come un ristorante che usa cibo mal conservato e che prepara piatti in condizioni igeniche precarie… ma il cui cuoco pranza e cena con gli avanzi. Incomprensibile!

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