In questi giorni ero da mia mamma a Usseglio, nelle montagne piemontesi. Ci vengo da quarantacinque anni, quindi conosco abbastanza bene i posti. Sabato pomeriggio ho portato mia mamma a messa: chiesona praticamente vuota, eravamo in quindici compreso il prete che era un sostituto: un mesetto fa il parroco è caduto ed è ancora in ospedale. Comincia la messa, vado all’ambone per le letture, si arriva all’offertorio e il prete si ferma, dicendo “non c’è vino”.
Diciamo che l’opzione “trasformare l’acqua in vino” non era molto praticabile, per le nostre limitazioni: dunque che fare? In teoria avrei potuto uscire sotto la pioggia, andare al negozio che si trova a cento metri e comprare una bottiglia. (Tecnicamente per la validità di una consacrazione eucaristica basta che il vino sia d’uva, non ci vuole necessariamente il vin santo) Più prosaicamente, il sacerdote mi chiama per aiutarlo a cercare di un po’ di vino in sacrestia: entro, comincio a guardare in giro e trovo una bottiglia di dolcetto, imbottigliato in proprio, e sperabilmente adatto. Essendo io come al solito in giro con il mio marsupio, avevo il mio coltellino svizzero con cavatappi e ho aperto la bottiglia. Diciamo che il vino era come minimo molto marsalato, almeno dall’odore… ma comunque adatto all’uso. Così per la prima volta in vita mia ho fatto il chierichetto e versato il vino direttamemte dalla bottiglia :)
Però sarebbe stato divertente se, quando il prete ti ha detto «Non c’è vino», tu avessi risposto «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» :-)