Il post Facebook di Pierfrancesco Maran, che mostrava le nuove piste ciclabili disegnate in corso Venezia, ha suscitato le rabbiose e prevedibili reazioni di chi non può fare a meno di andare in automobile e le rabbiose e prevedibili controreazioni dei ciclisti duri e puri. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, se non che con tutto il tempo che si ha a disposizione restando chiusi in casa la gente riesce a fare flame molto più ampi di prima.
Personalmente il piano milanese, anche leggendo gli articoli di giornale, mi pare fatto un po’ troppo a caso, e scegliendo i punti in cui lavorare più in fretta, nonostante i vari proclami. Per quanto riguarda corso Venezia, però, diciamocelo: checché ne dicano, quello non è un asse di scorrimento. Dovrebbe servire solo per arrivare in centro per chi lavora e ha un parcheggio interno e per il carico e scarico: se rimane a una corsia per senso di marcia con sosta solo per carico e scarico non dovrebbe cambiare nulla. Anche corso Buenos Aires, dove tanto sono sempre tutti in doppia fila, potrebbe tranquillamente vedere ridotta la portata automobilistica, con la sosta regolamentata in modo diverso. Il problema che vedo è sempre il solito: quelle piste ciclabili diventeranno illico et immediate piste scooterabili. Se gli scooter in questione andassero a 20 all’ora come le biciclette non ci sarebbero grandi problemi, ma non sarà certo così. E io gli scooter li conosco bene. Quando lavoravo a Turro, spesso trovavo via Popoli Uniti bloccata dalle auto, e quindi scendevo dalla bici e mi facevo a piedi i centocinquanta metri fino al semaforo. Mi è capitato spesso di trovarmi moto che si stavano facendo il marciapiede (e che quindi dovevano tornarsene indietro..). Figuriamoci su un pezzo di carreggiata.
L’idea di fare dei rarissimi controviali milanesi delle zone 30 (meglio ancora 20…) per renderli principalmente usati dalle biciclette, con le auto che passano solo per parcheggiare, mi pare invece buona: non toglie parcheggi, non riduce la viabilità e rende più tranquilla la vita dei ciclisti. Quello che non vedo molto bene – e non sono il solo – è l’asse di viale Monza. Io l’ho fatto più volte in bici, quando mi capitava di andare dal dentista a Monza e non avevo voglia di caricare la bici sul treno. Volenti o nolento, quello è un asse di scorrimento; e mettere i paletti in mezzo alla carreggiata per delimitare la pista ciclabile renderà la vita impossibile a ciclisti e automobilisti (agli scooter no, tanto per cambiare). Anche in questo caso, il vero problema è il parcheggio selvaggio: le due corsie teoriche ora funzionano più o meno a slalom, e in futuro in pratica non ci saranno. Lo stesso problema si avrebbe se si pensasse di fare piste ciclabili sulle circonvallazioni: si vede bene cosa succede su viale Marche, tra auto parcheggiate e onnipresenti motorini, e comuqnue quelli devono essere assi di scorrimento serio. Insomma, va bene l’emergenza, ma bisogna pensare bene a cosa fare.
Si dovrebbe fare come a Londra: multe salate e certe per chi invade le ciclabili, e telecamere ovunque. E incentivi: chi usa la bicicletta per andare al lavoro ha uno sconto sull’acquisto della bici (in busta paga) e un’indennità di 20p per miglio.