La notizia non è che la Consulta ha bocciato la proposta di referendum abrogativo presentata dalle regioni a trazione centrodestra (e quindi oggi ocme oggi Lega). La notizia non è nemmeno la motivazione per la bocciatura, cioè l'”eccessiva manipolatività del quesito referendario”. Tradotto in italiano, quando fai un referendum elettorale devi lasciare una legge funzionante, perché non si sa mai quando si vota; il che rende difficile modificarla a tagliuzzamenti vari. (Abolire in toto il Rosatellum non sarebbe stato un problema, da quel punto di vista). Ma visto che togliere la parte proporzionale avrebbe lasciato un parlamento monco di seggi, i proponenti avevano affermato (al di fuori del quesito) che tanto la legge che si stava in parte abrogando dava al governo la delega per rifare i collegi elettorali, e quindi era tutto a posto. La Suprema Corte ha invece rimarcato che a questo punto si tirava troppo per la giacchetta il governo. Sono abbastanza certo che anche i promotori, o almeno quelli con un minimo di cultura legale, sapevano perfettamente che non è che se ti danno l’incarico di ristrutturare una casa allora tu puoi anche buttarla giù e rifarla da capo perché il committente ha cambiato idea.
La (brutta) notizia è che la Consulta ha ritenuto di dover esplicitamente anticipare questa parte della sentenza: evidentemente si immaginava i trenta giorni di polemiche sul nulla nel caso di attesa della sentenza. Ma tanto l’arbitro non viene più considerato dal teatrino della politica, anzi dall’avanspettacolo che ormai è diventata.
Ultimo aggiornamento: 2020-01-17 09:18