Gli Agnelli tornano nell’editoria

La situazione dell’italica stampa è sempre più tragica, e questo lo sappiamo tutti… o almeno lo sanno i pochi che leggono ancora i giornali. Alcuni quotidiani sono messi peggio di altri: a parte il Fatto Quotidiano, chi fa davvero fatica a trovare una sua posizione è certamente Repubblica. Due anni fa ci fu un tentativo di unirsi tra perdenti, quando Repubblica si prese ITEDI – dove La Stampa aveva a sua volta inglobato il Secolo XIX – per tornare ad avere una massa critica. Però a quanto pare la cosa non è stata sufficiente. Il mese scorso Carlo De Benedetti, che aveva ceduto le sue quote ai figli, ha pubblicamente fatto un’offerta di acquisto rimandata al mittente; altre voci si sono susseguite, ma ora sembra che la Exor di John Elkann stia facendo un’offerta che non si può rifiutare, nonostante il titolo in borsa stia andando malissimo. Cosa poi voglia fare Elkann, a parte le dichiarazioni formali «quello che prenderà avvio la prossima settimana è un progetto imprenditoriale coraggioso, tutto proiettato al futuro. Obiettivo: assicurare a Gedi condizioni di stabilità che consentano alla società di evolvere velocemente, compiendo scelte che non possono più essere rimandate» non è chiaro. Per dire, Il Sole-24 Ore parla addirittura di delisting.

Il nonno Giuanin Lamiera amava fare l’editore, tanto che c’è stato un periodo in cui oltre all’house organ La Busiarda (ehm, pardon, La Stampa) aveva anche il controllo del Corriere della Sera. Ma Elkann non è mai sembrato tanto interessato a buttare soldi in un settore notoriamente difficile, tanto che aveva fatto fuori praticamente tutte le sue quote azionarie. Perché questo ritorno di fiamma? Le malelingue affermano che ora che con l’accordo FCA-Peugeot la famiglia Agnelli si è praticamente sfilata dal mercato dell’auto c’è bisogno di avere una campagna di stampa positiva sulla scelta, ma mi pare un’idea piuttosto bislacca. Al limite penso che voglia diventare il Jeff Bezos de noantri e far diventare Repubblica l’equivalente del Washington Post: ma diciamo che anche questo mi pare improbabile. Vabbè, magari oggi salta tutto e quindi non potremo mai sapere cosa sarebbe successo :-)

7 pensieri su “Gli Agnelli tornano nell’editoria

  1. Mestesso

    Ha lo stesso senso che aveva prima con la Stampa. Anzi, ha più senso: la Stampa è sempre stata piccola, anche ai tempi d’oro. La Stampa + Repubblica ha da un punto di vista meramente industriale _molto_ più senso. La Stampa diventa un Vero Locale, Repubblica rimane un Vero Nazionale. La combo ha un suo perché. Poi possedere un giornale ad un imprenditore del suo calibro fa sempre comodo, ieri come oggi. E di soldini adesso ne hanno tanti da investire. Il mercato lo conoscono bene, gli obbiettivi pure, non è un investimento al buio.

    1. Bubbo Bubboni

      E’ vero che conoscono il settore (umm, più o meno, dicono taluni che il tale giornale fu il primo su iPad semplicemente perché il proprietario passato e forse futuro non avrebbe saputo come leggerlo su altro supporto dato che è spesso fuori città), ma investire anche poco in un settore senza prospettive è strano.
      Forse per qualche obiettivo a brevissimo, quale che sia, ma per me resta incomprensibile comprarsi un giornale quando neanche i governi lo fanno più.
      A meno che anche loro abbiano constatato, come me, che per i vetri non c’è influencer che tenga. Ci vuole la carta stampata.

      1. Mestesso

        I giornali non spariranno, stai tranquillo. Devono cambiare e fanno fatica a farlo, ma son qui e ci rimarranno.

        Tieni presente che in USA, che sono “avanti” la maggioranza delle persone il giornale non lo comprano *mai*, ma questo non impedisce che i giornali esistano comunque.

        1. Bubbo Bubboni

          Io ho ancora dei pensionati che mi riforniscono e poi c’è la stampa gratuita (piccola e con i punti metallici) ma mi è già capitato di restare senza giornali e, come dico sempre, la mia capacità di vedere il mondo è seriamente compromessa.

          Anche le registrazioni su filo non sono sparite, però sono acquistate solo per collezionismo, non come se fossero un business generico & con le tradizionali mirabolanti prospettive.

          1. Mestesso

            Dieci anni fa dissero che con Internet la radio sarebbe sparita. Oggi il numero di radioascoltatori è in aumento. La stampa nazionale è in lento ma costante calo da dieci anni. La stampa locale è sostanzialmente stabile, con un lieve calo. Fare le previsioni è facile, azzeccarle molto meno. Ma leggere il presente?

  2. Bubbo Bubboni

    Il presente non è facile da leggere sulla carta che uso per i vetri. Meglio il passato: una volta il direttore di un giornale nazionale aveva la tessera della P2 e all’epoca tutti riconoscevano l’importanza della stampa in un regime democratico. Oggi è già tanto se un articolista precario è ammesso alla tessera punti del supermercato e ogni giorno ci sono articoli su quanto è importante il giornale, sulle migliori leggi per la tutela della comunicazione democratica e su come e perché i politicanti debbano tenerne conto.

    Il dato rilevante non è la circolazione ma se i giornali sono il top-of-mind della propaganda.

    Appena vedrò che un politicante trionfante è irrilevante sui social e talmente nullo in rete da non avere neanche un meme ma compra giornali come se dovesse pulire i vetri di un grattacielo, allora sarò convinto che presente è diventato diverso.

    (P.S.: Gli USA non sono “avanti”, sono “diversi”. Tra le cose che però non capisco è perché un giornale che un tempo non mi vergognavo di dire che leggevo si è riempito di firme di livello “discutibile”. Boh? Forse hanno capito a loro modo la rilevanza sui social misurando le citazioni e non i like…)

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