No, non aggiungo il mio pensiero su cosa fare dell’ILVA. Non ho assolutamente le competenze non dico per dare una soluzione, ma neppure per parlare con cognizione di causa. Tutto quello che posso fare è notare alcune cose.
– Ho letto che l’ILVA vale l’1,5% del PIL italiano, quindi circa 29 miliardi l’anno. Il suo fatturato 2016 era di 2,2 miliardi: anche considerando l’indotto e un ipotetico raddoppio della capacità produttiva siamo ben lontani.
– Scudo penale: siamo abituati a leggi che cambiano artatamente i limiti, chi ha la mia età si ricorda certo dell’atrazina e anche chi è più giovane dovrebbe ricordarsi della ThyssenKrupp. La fregatura è che mentre in quest’ultimo caso la (mancata) sicurezza era nei confronti degli operai, l’inquinamento dell’ILVA è per tutta la zona intorno: insomma, rimane la scelta su quanto morire. Ciò detto, non sono riuscito a capire quanto tempo ci voglia per rientrare in parametri accettabili di inquinamento nel caso si facessero davvero questi lavori: la mia preoccupazione è che quello dello scudo sia un modo per non fare nulla e risparmiare soldi.
– Occupazione: è il solito ricatto “preferite morire di fame o di cancro?” che abbiamo visto tante volte. Premesso che non credo in una riconversione post-industriale della zona – soprattutto in tempi brevi – non ho proprio idea di quale sia la scelta meno peggiore nel breve termine. Il vero guaio è che mi pare che non lo sappia nessuno.
Scusate se per una volta non ho fatto lo scodellatore di soluzioni :-)
Lo scudo penale dovrebbe essere commisurato ai lavori risolutori.
Ovvero: la legge dice che non puoi emettere queste sostanze, se devi smettere subito chiudi bottega, per consentirti di proseguire nel lavoro concordiamo degli step e se li rispetti ti garantisco l’impunità.
Ovviamente questi step devno essere adeguati sia per fattibilità quanto per non perpetuare la violazione.