Indubbiamente a Mickaël Launay la matematica piace. Piace così tanto che non si capacita che chi matematico non è non riesca a capire quanta bellezza ci sia in essa, e così ha pensato di scrivere questo libro (Mickaël Launay, Il grande romanzo della matematica [Le grand roman des maths], La nave di Teseo 2019 [2016], pag. 334, € 20, ISBN 9788893448246, trad. Sergio Arecco), che possiamo definire una “storia impressionistica della matematica”. Il suo scopo insomma non è raccontare tutto quello che è successo nei millenni, ma selezionare alcuni punti che possono essere interessanti anche rispetto a quello che vediamo ogni giorno. Anzi, parte dalle cose di tutti i giorni (o quasi, non so quanto in realtà uno vada al Louvre…) per tornare indietro e mostrare come spesso si faccia matematica anche senza l’armamentario di teoremi e dimostrazioni. A volte la cosa gli funziona meglio, come con le simmetrie del primo capitolo o il suo manifesto sulla matematica “singola” e non plurale come del resto si scrive in francese o in inglese: altre volte l’accostamento mi pare un po’ troppo forzato, ma è anche vero che io non sono certo il pubblico di riferimento per un libro come questo.
Ho infine parecchi dubbi sulla traduzione di Sergio Arecco, nonostante nel colophon l’editore indichi che c’è stata una “revisione scientifica”. Tanto per fare un esempio: mi sta benissimo che si parli di figure “pulviscolari” (poudreuses nell’originale). Non mi sta bene che si scriva «è sempre possibile dividere la prima in un numero di pezzi pulviscolari tale da permettere di raddoppiarla, cioè di ricostituire la seconda», perché “raddoppiarla” qui non c’entra nulla (né c’era in francese…). Purtroppo la matematica è bella, ma richiede attenzione!
Il passo (mal?) tradotto si riferisce al paradosso di Banach-Tarski?
sì