Per una volta devo apprezzare Facebook, o meglio la mia bolla personale. La storia degli atleti africani a cui sarebbe stato impedito di partecipare alla mezza maratona del Trieste Running Festival non l’avevo letta su Repubblica (che poi ha anche continuato a parlarne) ma in un gruppo chiuso che aveva citato un sito locale giuliano. Da come il sito aveva presentato la notizia mi ha subito fatto immaginare che la cosa fosse un po’ più complicata: e infatti sempre in quel gruppo c’è stato chi ha spiegato già sabato mattina che non è possibile impedire a un qualsivoglia affiliato di partecipare a una gara, e che semplicemente l’organizzazione aveva deciso di non invitare (cioè “non pagare perché partecipassero”) atleti africani per mancanza di budget. Specifichiamo: i pochi soldi che c’erano, a quanto pare, sono stati usati per invitare atleti europei.
Detto questo, tra notizie, smentite, dietrofront e stracci vari che sono volati mi pare si sia perso un punto. Gli organizzatori avevano affermato di voler dare uno «stop allo sfruttamento di ragazzi tanto veloci quanto sconosciuti, che gareggiano ogni settimana in giro per tutta Europa per gettoni di presenza e premi che per la maggior parte vengono incassati dai manager, quasi tutti italiani.» Le mie domande sono semplici. Perché si dovrebbero ingaggiare “ragazzi veloci ma sconosciuti”? Se sono sconosciuti non portano vantaggi economici, quindi non si vede perché pagarli. Perché non si è detto semplicemente che il budget era troppo risicato? Perché se questi sono veloci e costano di meno non li prendi? A parità di tasso tecnico spendi di meno. D’altra parte posso anche immaginare che ci siano manager che sfruttino questi runner africani, ma non è certo questo il modo per “fare una provocazione” come due giorni dopo gli organizzatori hanno cercato di giustificarsi. A questo proposito, quanti atleti e di che nazionalità sono stati invitati, e a quanto ammonta il loro gettone di presenza? (Penso anche che queste gare siano perlopiù un business tra i peones che pagano per correre e gli sponsor che pagano per far vedere il loro nome, e che quindi gli invitati siano semplicemente la ciliegina sulla torta, ma la cosa è irrilevante). Il guaio è che come al solito sono subito cominciate le risse faziose, senza che nessuno abbia tutte le informazioni a disposizione. Forse stavolta si è riusciti a sapere qualcosa in più, ma ci deve essere un sistema migliore per arrivarci!
Il problema è analogo a quello del muratore albanese, del DHL sudamericano, della badante ucraina e dell’esercito di immigrati nelle professioni più umili: sono disposti a prendere meno soldi per lavori anche gravosi per meno soldi degli autoctoni.
Nell’atletica il gap genetico peraltro avvantaggia grandemente i vari kenioti, che sono una razza superiore e destinata alla fine a eliminare tutti gli altri.
Le risposte non sono per niente scontate, dentro o fuori l’atletica. Se escludiamo gli immigrati diamo possibilità in più agli autoctoni, ma perdiamo atleti migliori.
Se includiamo tutti gli atleti autoctoni sono sfavoriti se non esclusi del tutto. Insomma una soluzione ottimale non ce la vedo.
Non ci avevo capito nulla, ora credo di avere capito; solo una cosa: se qualche giornalista avesse usato il verbo “ingaggiare” invece di “iscrivere” o “invitare”, penso che avrei capito prima
il casino di sabato mattina era appunto perché avevano usato “iscrivere” che era una cosa insensata. Quando sono passati a “invitare” allora ho immaginato che RSPV significava “Recuperate Soldi Per Venire”