_Too big to know_ (libro)

[copertina] Giusto mezzo secolo fa, Umberto Eco scrisse un saggio che definì due grandi categorie in cui si può dividere l’umanità: gli apocalittici, quelli che ritenevano che la cultura di massa avrebbe portato solo guai, e gli integrati che invece erano ottimisti e pensavano che ci sarebbe stato un nuovo modo di vedere le cose. Con l’avvento del Web, le due categorie sono tornate a nuova vita: gli apocalittici sono quelli che pensano che la Rete darà il colpo di grazia alla nostra civiltà, mentre gli integrati scommettono su una nuova età dell’oro.
David Weinberger è sicuramente un integrato, come si può anche vedere da questo suo libro (David Weinberger, Too Big to Know : Rethinking Knowledge Now That the Facts Aren’t the Facts, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room Is the Room, Wiley 2014 [2012], pag. 256, $ 16,99, ISBN 9780465085965). L’assunto di base di Weinberger è che il modello di conoscenza che abbiamo sviluppato nei millenni ora non funziona più, perché “c’è troppa roba” e non sappiamo come distinguere il grano dal loglio. Nema problema, però: la rete stessa ci aiuterà a trovare un nuovo metodo per organizzarci, e lo stiamo già vedendo. È davvero così? Mah. Gli assunti di base sono probabilmente veri, nel senso che nella gerarchia DIKW (data, information, knowledge, wisdom) proposta da Russell Ackoff ora abbiamo mandato in overflow non solo dati e informazioni, ma anche la conoscenza. Anche il dire che la soluzione è nei filtri è condivisibile: peccato però che non si sappia quali possano essere tali filtri – e chi ne avesse probabilmente li manterrebbe più segreti della formula della Coca-Cola – e soprattutto Weinberger non dà risposte chiare: i metadati per esempio aiutano sicuramente i computer a processare l’informazione, ma visto che li dobbiamo creare noi umani il problema viene semplicemente spostato. Allo stesso modo, l’affermare “la persona più intelligente della stanza è la stanza stessa” è un bello slogan, ma non spiega come poter sfruttare l’intelligenza collettiva della gente e soprattutto distinguere gli esperti da chi esperto non è. In definitiva, leggete il saggio ma non lasciatevi troppo suggestionare!

Ultimo aggiornamento: 2014-12-06 23:11

4 pensieri su “_Too big to know_ (libro)

  1. nicola

    Penso che quanto sto per dire sia già stato detto e pensato da altri.

    La soluzione al problema dei filtri e della scelta penso si risolva localmente e individualmente con un processo di sbaglia/ritenta, sarai più fortunato. È quello che facciamo noi, che in Rete ci stiamo da tempo e che negli anni abbiamo memorizzato siti, persone, blog, istituzioni di riferimento per i nostri argomenti di interesse, cambiandoli nel tempo quando ci siamo accorti che non potevano più esserci d’aiuto. Chiunque usi in modo intensivo la funzione di segnalibro nel browser e consulti dei feed rss sa di cosa parlo. La rete di conoscenza e dei filtri ce la costruiamo noi col tempo, è personale, dinamica ed espandibile secondo i nostri limiti. Se costruita bene, cioè se siamo abbastanza curiosi da non seguire *solo* chi è come noi e se siamo attenti agli spunti della nostra rete di conoscenze, questa rete che ci funge da filtro ci consente di arrivare molto lontano, anche se la maggior parte delle cose troppo distanti da noi, dopo un primo contatto, vengono poi tralasciate.

    Non a caso Ippolita è molto critico sull’uso *esclusivo* di Google, Facebook ed altri servizi e strumenti che facilitano – e in qualche modo obbligano – all’omologazione. Sottolineo “esclusivo” perché non è pensabile oggi di fare a meno degli strumenti che ci sono, ma quando diventano gli unici la perdita di senso e di libertà (=cultura) è garantita.

    La diversità e la curiosità in Rete è un atteggiamento che andrebbe insegnato e coltivato nelle nuove generazioni. Per questo è importante avere più account di mail, con operatori differenti, per usi diversi. Come è cosa buona e giusta non fare acquisti on line da un solo sito. Ed è giusto, di tanto in tanto, mescolare il mondo reale con quello della Rete. Si evita di essere un unico soggetto facilmente profilabile e prevedibile. Si aumentano le nostre capacità di giudizio, la nostra rete di conoscenze, la capacità di far fronte alle informazioni farlocche, la capacità di far fronte ai cambiamenti della Rete.

    Stesso discorso per i metadati. Li costruiamo noi, pezzo per pezzo, localmente, quando ci iscriviamo ed usiamo servizi, stabiliamo connessioni. Poi arriva l’NSA, butta le sue reti nei punti di maggior passaggio (Google, Facebook, eccetera), raccoglie i dati e i metadati raccolti da altri, mette tutto in un gran calderone e inizia a vedere chi fa cosa con chi e quando. Sempre per il nostro bene, sia inteso. ‘-)

  2. delio

    domanda non retorica: ma cosa si aspetta esattamente da un libro con un titolo del genere uno che lo compra? filosofia? tuttologia?

  3. Marco Antoniotti

    Circa lo slogan della “stanza”, io penso che la suddetta sia “la muratura”. Decisamente più intelligente di certi consessi di persone 3:)

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