Terne pitagoriche/2

Dove eravamo rimasti con le nostre terne pitagoriche? Ah sì: dimostrare che in ogni “triangolo pitagorico”, rettangolo con i tre lati di lunghezza pari a un numero intero, c’è un cateto multiplo di tre, un cateto (non necessariamente distinto dal primo) multiplo di 4, e un lato (cateto o ipotenusa) multiplo di 5. Vediamo come fare, in modo diverso da quanto fatto da Giovanna nei commenti al post precedente: anche in questo caso consideriamo (in genere) le terne pitagoriche base, dove i tre numeri non hanno alcun fattor comune.
Iniziamo con il caso del multiplo di 3. L’idea è considerare le lunghezze dei lati modulo 3, cioè i resti che si ottengono dividendo per tre le varie lunghezze. I resti possibili sono 0, 1 e 2; e i quadrati dei resti sono 0, 1 e 1. (2*2=4, e il resto della divisione 4/3 è 1). Ma allora se né il cateto a né il cateto b fossero multipli di 3 allora il quadrato dell’ipotenusa modulo 3 varrebbe 1+1=2, il che è assurdo. Quindi almeno un cateto è multiplo di 3. Come corollario, si vede che se entrambi i cateti sono multipli di 3 anche l’ipotenusa lo è e la terna non è base; questo è l’unico caso in cui l’ipotenusa è multiplo di 3.
Il caso del multiplo di 5 si dimostra sfruttando la stessa idea: stavolta si prendono le lunghezze dei lati modulo 5. Quando tali lunghezze sono rispettivamente 0,1,2,3 e 4 i loro quadrati sono 0,1,4 (che possiamo leggere come -1), 4 (di nuovo, -1) e 1. Gli unici modi in cui si possono combinare tre di questi valori in modo che la somma dei primi due (sempre modulo 5) sia il terzo sono 0+0=0, 0+1=1, 0+(-1)=-1, 1+(-1)=0. Nel primo caso non abbiamo una terna pitagorica base, ma comunque tutti e tre i valori sono multipli di 5; nel secondo e nel terzo abbiamo un cateto multiplo di 5; nell’ultimo caso ad essere multipla di 5 è l’ipotenusa.
Per il caso del multiplo di 4 dobbiamo tirare fuori dal cilindro – inteso come cappello – un coniglio di tipo diverso. Ricordate le formule per ricavare le terne pitagoriche base a partire da due numeri dispri coprimi m e n? Il cateto di lunghezza pari era dato dall’espressione b = (m2 – n2)/2. Ora, m e n sono dispari, e quindi della forma 4k+1 oppure 4k+3. Nel primo caso, m2 = 8(2k2+k)+1; nel secondo, m2 = 8(2k3+k)+9. Entrambi i numeri sono uguali a 1 modulo 8: quindi per ogni scelta di m e n la loro differenza è multipla di 8, e la metà della differenza, cioè il nostro cateto b, sarà un multiplo di 4, come volevasi dimostrare.
Che dire? Le dimostrazioni richiedono conoscenze di aritmetica modulare che in genere non si fanno a scuola, ma non sono di per sé complicate: nei casi di 3 e 5 probabilmente non serve nemmeno una grande fantasia per riuscire a scoprire la strada giusta, mentre nel caso del 4 magari c’è bisogno di una spintarella per sapere quale strada prendere. Detto questo, io di didattica non ne so molto: ma mi chiedo se una ragazza delle medie, seguita e aiutata dalla sua professoressa, può arrivare non dico a dimostrare ma almeno a seguire il procedimento (Giovanna?) e se uno studente delle superiori ce la potrebbe fare da solo, sia pure con qualche aiutino di base (Zar?). Sono però certo che problemi come questo ce li avrebbero potuti dare dopo il primo mese di lezione all’università.

Ultimo aggiornamento: 2008-12-21 12:07

4 pensieri su “Terne pitagoriche/2

  1. giovanna

    Mau,
    grazie per le dimostrazioni alternative.
    Quanto alla tua domanda sulla didattica: a me capita di accennare all’aritmentica modulare, a piccoli passi, già in prima… dipende dalla classe, e i ragazzi si incuriosiscono ma ahimé, rispondendoti in base alla mia esperienza direi che oggi pochissimi alunni di una scuola media, guidati come dici, riuscirebbero a seguire dimostrazioni. Si passa dall’intuizione all’astrazione, i più trovano difficoltà (già occorrono molti stimoli per recuperare capacità intuitive).
    Poi, dico “oggi” perché se penso ad alunni che ho avuto in passato… si poteva fare di più! :-(
    Approfitto per augurare Buone Feste a te e i tuoi lettori.
    g

  2. Barbara

    “ce li avrebbero potuti dare dopo il primo mese di lezione all’università”.
    E sarebbe stata anche una bella idea, invece di darci (cose ben più difficili come) il teorema dei quattro quadrati. So che è Natale e siamo tutti più buoni, ma i nostri docenti erano una manica di str***i.

  3. .mau.

    @barbara: l’unico ricordo che ho dell’algebretta prima della teoria dei gruppi è il Forti che ci ha chiesto di dimostrare il teorema di Wilson (senza appunto sapere nulla di teoria dei gruppi). Mi è venuta in mente la soluzione subito prima di addormentarmi, e ne sono stato molto fiero :-)

  4. zar

    Mah, non so se uno studente delle superiori potrebbe arrivare alla dimostrazione. Dovrebbe essere molto motivato, e purtroppo di studenti che hanno voglia di impegnarsi nella risoluzione di un problema ce ne sono sempre meno. Fino a che si tratta di fare un esercizio in cui c’è da applicare qualche formula, e che hanno già visto venti volte, allora ci siamo. Ma la risoluzione di un problema nuovo…? Diciamo che lo studente medio non ne ha voglia. Quelli bravi ce la possono fare, sì.

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