Una gita in Toscana (parte 2)

Dopo che ci avete lasciati a Siena, siete ancora convinti di voler sapere cosa abbiamo fatto? Beh, peggio per voi.
Siena in realtà l’abbiamo visitata solo in parte, perché non è che Anna e io siamo degli stakanovisti delle visite turistiche. Siamo più stakanovisti zompettatori, al limite: il nostro albergo era a un paio di chilometri dal centro storico, ma ci siamo ben guardati dal prendere l’auto e ci siamo incamminati per una via trafficata, assolutamente inadatta al traffico pedonale (sessanta centimetri di “marciapiede” tra il guard rail e il muro, per dare un’idea) e che pure era frequentata da piu di un jogger. Non saprei dire qual è il rapporto causa-effetto tra l’inalazione di gas di scarico e l’obnubilamento delle capacità intellettive che porta una persona a scegliere un posto simile: ma sono sicuro che qualcuno prima o poi ci tirerà fuori un articolo da pubblicare su una rivista internazionale prestigiosa, e si beccherà la sua bella citazione sul Corsera o su rep.it.
A Siena c’è il Montepaschi. L’informazione potrebbe sembrare pleonastica, ma non è così. In effetti, Siena è il Montepaschi. Non puoi girare un angolo che non ti trovi qualcosa targato MPS in un modo o nell’altro, per non parlare di tutte le opere varie sponsorizzate dalla fondazione MPS. Bisogna dare però atto che ad esempio la città è pulita, senza tutte le cartacce che potremmo aspettarci in un luogo pieno di turisti ancorché spesso stranieri.
A Siena fanno pagare l’accesso al duomo, e credo che sia l’unica città d’Italia che lo faccia. Tre euro a cranio, oppure il biglietto cumulativo da dieci euro che permette di vedere anche cripta battistero museo dell’opera metropolitana e l’oratorio di san Bernardino che però non abbiamo visto. Il trucco dovrebbe essere di iniziare il giro, chiamato “My name is Duccio” – in inglese, sì – da qualche altra parte, così non si fa coda. Noi non lo sapevamo. Ah: Siena è un comune dove si risparmia sulla carta, e se tu compri due biglietti – qua o al palazzo comunale – ti danno un biglietto per due persone. Il duomo ha metà pavimento coperto, per non rovinarlo; non è che abbiano messo del plexiglas che ti permetterebbe di vedere qualcosa, ma hanno scelto di coprirlo con dei pezzi di formica o roba simile, cosa di grande utilità pratica. La libreria Piccolomini attaccata a una parte è piena di codici e affreschi, illuminati davvero bene; solo che non si capisce assolutamente nulla di cosa c’è.
Oltre al duomo, come ho detto c’è il battistero – che da fuori sembra una chiesa e non un battistero, anche perché è sotto il duomo sfruttando la collocazione su una collina. Lì ti vengono lasciati degli specchi per vedere il soffitto senza piegare il collo; il fonte battesimale è interessante perché è esagonale e ha agli angoli le statue che rappresentano le virtù cardinali e teologali. La parte interessante? Le virtù sono sette, e quindi ne hanno dovuto lasciar fuori una. La scelta è toccata alla temperanza, che è sempre quella meno apprezzata… La cripta è a metà tra duomo e battistero, e ha degli affreschi duecenteschi che erano sconosciuti a tutti fino a dieci anni fa, quando li hanno trovati per caso. I pittori non saranno il massimo, ma l’averli lasciati all’oscuro per più di settecento anni significa che i colori sono davvero spettacolari, cosa che non ti aspetti per nulla da un affresco. Certo che ai tempi non dovevano essere considerati chissà cosa, visto come erano stati trattati: oppure erano diventati fuori moda.
Il museo dell’opera contiene varie opere di Duccio di Boninsegna, a partire dal rosone che stava inizialmente nella facciata del duomo – e bisogna dire che in questo modo è molto più semplice da osservare – e arrivando alla Vergine Trionfante (fronte e retro) dove si può vedere che la profusione di oro non è fine a sé stessa ma permette di vedere l’abilità del pittore. Poi avere le sedie a disposizione per fermarsi tranquillamente a gustarsi il quadro nei minimi particolari è un vantaggio assoluto rispetto a tanti altri posti: purtroppo – ma questo capita ovunque a Siena – occorre arrivare con una guida appresso, perché di informazioni sul posto ne trovi sempre zero. Dal museo si arriva al Facciatone, che non è il risultato di una botta contro un muro ma quello che sarebbe dovuto essere l’inizio del Nuovo Grandissimo Duomo, grande il triplo di quello attuale e che non è mai stato portato avanti per mancanza di soldi. Chissà, forse il Montepaschi nacque proprio per recuperare i fondi… Ad ogni modo, il Facciatone è un ottimo punto per vedere Siena dall’alto, forse anche meglio della Torre del Mangia dove però non siamo saliti.
A proposito di quest’ultima, la nostra visita specifica senese ha anche contemplato il palazzo civico, tranne la Loggia dei Nove che era chiusa “per alcuni giorni” a causa di lavori vari. Non che il biglietto di ingresso fosse scontato, intendiamoci. Io mi sono molto divertito a vedere la Sala del Risorgimento, affrescata a fine ‘800 – e se ci pensate è una cosa stranissima – con gli episodi della vita di Vittorio Emanuele II. Per una volta c’erano tutte le didascalie che spiegavano i vari episodi, in maniera assolutamente divertente per chi conosce un minimo di storia patria. Naturalmente ci sono poi tutte le altre sale di stile più medievale, ma in un certo senso uno si immaginava di vedere quelle cose. Poi c’erano finalmente dei cartelli con le didascalie, anche se scriverli in nero sul marrone legno non è stata una grande idea.
Posterò anche una terza e ultima parte su cibi e dintorni; aggiungo solo che sono stato riconosciuto dal collega di tanti anni fa Roberto Pieraccini, uno dei maggiori esperti mondiali di riconoscimento della voce, che era casualmente in Italia e a Siena (oltre che essere molto più fisionomista di me, considerando che ci eravamo visti l’ultima volta dieci anni fa. Io l’ho riconosciuto dalla voce). Inutile, non posso andare in giro in incognito!

Ultimo aggiornamento: 2008-06-03 12:07

5 pensieri su “Una gita in Toscana (parte 2)

  1. Bubbo Bubboni

    Hai riconosciuto uno dei maggiori esperti mondiali di riconoscimento della voce… dalla voce? Beh, a suo modo, è logico! :-)
    Non per fare l’esterofilo, ma per il pontone sono andato a Leon in treno. L’unica critica al viaggio è che il film che davano in treno (passa l’omino a distribuire le cuffiette all’inizio del viaggio) era la solita storia semi-horror di bambini morti…
    La cattedrale, oggi miracolosamente priva delle devastazioni dei barocchi, è uno spettacolo del gotico con vetrate seconde, per estensione, solo a Chartres.
    Con due euro si accede alla piattaforma a 14 metri d’altezza per vedere le vetrate da vicino (tra un anno, finito un pezzo di restauri, la smontano) ma siccome era tardi facevano salire gratis…

  2. silvia

    Mi spiace contraddirti sui biglietti d’entrata alle chiese: a Vr nelle principali chiese l’ingresso era a pagamento già a metà degli anni ’90,a Venezia ai Frari si paga almeno da 25 anni e mi ricordo di aver pagato l’ingresso ad una chiesetta di Capri quando ero ancora nei miei “-teen”…(qualche decennio fa).
    Riguardo la “pulizia” (tutto è relativo…) della città di Siena, questa è dovuta al passaggio quotidiano in centro degli spazzini comunali con l’apposita rumorosissima macchinetta turbosoffiante spazza-aspira-lava.
    p.s.la pulizia è svolta, perchè necessaria, anche in inverno, quando di turisti se ne vedono pochi…

  3. J_B

    Giusto per dovere di cronaca: anche a Firenze si paga per entrare al Duomo. Tra l’altro, se si esclude la cupola, nel duomo di Firenze non è che ci siano tutte ‘ste meraviglie da vedere e quindi non si capisce per quale oscuro motivo dovrei pagare un biglietto e farmi pure una mezz’oretta (se va tutto bene) di coda per vedere delle pareti spoglie. Con tutto quel che c’è da vedere a Fi la coda chilometrica davanti al Duomo mi ha sempre lasciato interdetto…

  4. fB

    J_B> per quale oscuro motivo dovrei pagare un biglietto e farmi pure una mezz’oretta (se va tutto bene) di coda per vedere delle pareti spoglie
    Beh, io per indole sono piú sensibile all’architettura, e in secondo grado alla scultura, ancor piú che alla pittura. Quelle pareti, come le altre componenti architettoniche, sono parte di un tutto che è ammirevole dall’interno, oltre che dall’esterno.
    Ci si può lamentare che il tempo abbia distrutto i vivaci colori di cui erano ricoperti i templi greci e romani, ma non per questo quei templi sono da disprezzarsi.

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