Mi dicono che l’informazione televisiva sul prossimo referendum è nulla (Rai) o fuorviante (Mediaset): insomma, mi tocca di nuovo fare un po’ di spiegoni. Per chi ha fretta, metto in grassetto i titoli, così non deve perdere troppo tempo.
1. Il referendum non ha quorum: infatti non è abrogativo (articolo 75 della Costituzione), ma confermativo (articolo 138). In pratica, la legge c’è, ma non è ancora in vigore perché si chiede al popolo, cioè a noi, se ci va bene oppure no; e la scelta dei costituenti, proprio perché si tocca la legge fondamentale, è stata che in questo caso non ci si può chiamare fuori. Se per assurdo votasse una sola persona, il referendum sarebbe comunque valido.
2. Si vota al rovescio: chi vuole cambiare deve scrivere SÌ. Proprio perché non è abrogativo ma confermativo, il voto è diverso da quello dei soliti referendum: in pratica la domanda è “vuoi cambiare il testo della Costituzione”? Chi vota SÌ chiede che la nuova versione entri in vigore, chi vota NO dice che gli va bene quella che c’è adesso.
3. Riforme della Costituzione ce ne sono state tante. Di molte non ce ne siamo accorti perché approvate con una maggioranza qualificata che le rendeva immediatamente esecutive: nel 2001 c’è stato però un referendum per la riforma federale votata dal centrosinistra. Beh, per la precisione in prima e seconda lettura (le leggi costituzionali prevedono quattro passaggi, due per ciascun ramo del parlamento, in modo da dare il tempo per rifletterci su) c’era stata una maggioranza qualificata: ma poi si avvicinavano le elezioni e così la Lega ha convinto il resto del centrodestra a cambiare il proprio voto. In quel caso il referendum fu chiesto sia dalla maggioranza che dall’opposizione, e finì con l’approvazione della riforma.
4. Il cambiamento è “o tutto o nulla”. Questo è un punto importante, e per nulla reso noto. Tanto per fare un esempio, la modifica del 2001 in realtà era composta da tre leggi distinte: le modifiche (più o meno) federali che sono andate a referendum, ma anche il diritto di voto e di elezione per gli italiani all’estero e l’elezione diretta dei governatori delle regioni. Questa volta la legge è un blocco unico, quindi non si può scegliere quali parti approvare e quali no.
5. La riduzione di deputati e senatori è uno specchietto per allodole. Non certo casualmente, gli spot Mediaset pongono fortemente l’accenno sul fatto che ci saranno molti meno parlamentari. Ma c’è un ma. Innanzitutto, come si può leggere nell’articolo 53 comma 2 della legge costituzionale, avverrà “per la successiva formazione della Camera dei deputati” (quindi non si ritorna a votare, checché ne pensi Silvio) e addirittura “trascorsi cinque anni dalle prime elezioni del Senato medesimo”, e qua non si capisce se ci toccherebbe votare ad aprile 2011 per Camera nuova e Senato vecchio, e a giugno 2011 per il Senato nuovo. Inoltre il Senato sarebbe sì ridotto nei membri con diritto di voto, ma visto che ci sarebbero due rappresentanti per regione senza diritto di voto (ma con diritto di prebenda, immagino) il numero totale dei senatori non cambierebbe di molto.
6. Qualcosa di buono c’è, ma all’atto pratico? L’idea di eliminare il bicameralismo perfetto che abbiamo adesso non mi dispiacerebbe, almeno in teoria. Con la riforma, ci sono leggi della Camera (interesse nazionale) e leggi del Senato Federale (interesse regionale); una legge può avere al più tre passaggi, con la camera “non interessata” che la discute solamente una volta. Però bisogna capire come si deciderà, con il comitato “quattro+quattro” di cui all’articolo 14 della legge, e sarà molto divertente per chi non sta in Italia. L’abbassamento del limite di età per fare il Presidente della Repubblica, visto cosa capita oggi, è quasi una burla.
7. Il controllo politico aumenta. La Corte Costituzionale avrà quasi metà dei membri nominati dalle Camere; in compenso, sarà il Premier (che a oggi non esiste nella Costituzione, si parla infatti di Presidente del Consiglio dei Ministri) a decidere quando si scioglie la Camera, il che gli dà un potere mica male. Di per sé, la Camera potrebbe da sola trovarsi una maggioranza con un altro primo ministro (articolo 27), ma è una finta, visto che deve anche dichiarare “di voler continuare nellattuazione del programma”. In pratica il premier è l’unico a decidere di cambiare.
8. La “devolution” è preoccupante. Secondo la nuova Costituzione, le regioni avrebbero competenza totale su scuola, polizia locale e salute (anche se le “norme generali sulla tutela della salute” sono di competenza dello Stato). A me il pensiero di scoprire che il programma scolastico lombardo è diverso da quello pugliese preoccupa anzichenò, per non parlare delle Guardie Padane istituzionalizzate.
9. E i soldi? Il “federalismo fiscale” (che c’è già in Costituzione, vedi l’articolo 119; semplicemente, come capita spesso, non è mai stato messo in pratica) è liquidato con due frasette nell’ultimo articolo di legge: “Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, le leggi dello Stato assicurano lattuazione dellarticolo 119 della Costituzione. In nessun caso lattribuzione dellautonomia impositiva ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva”. Sì, ci dovrebbe (già) essere un fondo perequativo, ma andrà a finire ancora peggio di adesso, che non appena si alza l’IRAP per le regioni che sfondano il tetto di spesa si alzano gli scudi. Non credo alle stime di un maggior costo di 250 miliardi di euro portato dalla riforma, ma già un decimo di quella somma implica che qui al nord non ci preoccuperemo più di tanto, ma al sud sarà una tragedia.
Per concludere, alcuni collegamenti di approfondimento:
– l’iter della riforma, a partire dalla “Bozza di Lorenzago” che detta così sembrerebbe chissà quale cosa ma è il risultato di un weekend tra amiconi, guidati dal Sommo Calderoli.
– lo schemino delle differenze (pdf, dal sito del governo)
– il sito del Comitato per il Sì (gestito da Forza Italia, come si può vedere cliccando qua e scrivendo “Cancella” alla richiesta di password)
– il sito del comitato per il No (compreso il “Comitato Scientifico“, perché questa è scienza, non fantascienza!)
P.S.: se a qualcuno non fosse ancora chiaro, io voterò NO.
P.P.S: come mi fa notare nei commenti Apis958 – ammetto che la chicca mi era sfuggita – non solo la Camera può eleggere un primo ministro solo se giura di continuare il programma, ma solo la maggioranza espressa dalle elezioni può deciderlo. Insomma, qualcosa che può capitare solo se il premier dà di matto e lo si vuole far fuori… pensate, Minimo D’Alema non sarebbe nemmeno riuscito a soppiantare Prodi, perché si era imbarcato l’UDEUR!
Ultimo aggiornamento: 2006-06-19 12:20