Lo sapete, io in Telecom ci lavoro, praticamente da vent’anni. Non sono certo così in alto nella gerarchia da avere notizie di prima seconda o anche quinta mano, ma le cose si vedono. E quello che vedo io è una sconfitta completa di Marco Tronchetti Provera e di Riccardo Ruggiero: ecco la storia vista da dietro i miei occhiali. Per una volta non sarò breve.
Fase 1, o “come comprare una società con i soldi della società stessa”. Dopo la privatizzazione fatta in fretta e furia dal governo Prodi I per guadagnare due lire senza pensare alla situazione italiana, arrivò il ragionier Colaninno con un’OPA fatta da una società, Tecnost, il cui capitale era una frazione di quello di Telecom. E allora, dove li ha trovati i soldi? Semplice: facendoseli prestare dalle banche, indebitando così Tecnost a dismisura, e poi fondendo Tecnost con Telecom e accollandole così il debito. Due anni dopo Tronchetti fece esattamente la stessa cosa: stavolta Telecom fu comprata da Olivetti, che poi fu anch’essa fusa con Telecom. Quindi in entrambi i casi Telecom Italia è stata comprata con i soldi di Telecom stessa, o se preferite facendo indebitare alla follia una società che era un dinosauro ma aveva una posizione invidiabile.
Fase 2, o “come tirare fuori i soldi”. MTP comprò Telecom a metà luglio 2001, praticamente in contemporanea col mio trasferirmi da Tilab a Rozzano in Saritel. Una delle ragioni di questa scelta fu la visione del piano industriale del “collega Andrea” (che di cognome fa Granelli, uno dei tanti “figli di” nel management, e che era inopinatamente diventato presidente di Tilab). Dalla mia scrivania, ho subito tutta una serie di cambi di casacca.
A gennaio 2003 Saritel e le altre società di informatica del gruppo vennero fuse in IT Telecom. L’idea era ottima: eliminare i doppioni (e un po’ di dirigenti) e creare una società con una massa critica. Peccato che tre mesi dopo la nascita di IT Telecom cominciarono le spinte centrifughe, mandando fuori un terzo dei dipendenti.
Ad aprile 2004 la spinta centrifuga era praticamente completata, e mentre molti dei miei colleghi furono assorbiti da Telecom Wirelien noi finimmo in Tim. Di per sé anche questa logica era sensata: si costruiva una società di telefonia che sapesse farsi le cose in casa. L’assunto era abbastanza falso, visto tutti i consulenti che c’erano ancora, ma facciamo finta di niente.
Arriviamo a metà 2005: viene annunciata la fusione tra Tim e Telecom. Per me la cosa era un’idiozia, perché significava aumentare ancora di 15 miliardi di euro un indebitamento che era già eccessivo. E non ero il solo a pensarlo, considerando che anche Marco De Benedetti, come già l’anno prima Mauro Sentinelli, se ne andò via sbattendo la porta. Però si poteva anche provare a dare credito a Tronchetti ed a Riccardo “Speedy” Ruggiero, un altro dei figli di. In fin dei conti è probabile che ci sarà una convergenza fisso-mobile, e se si prova ad anticipare le altre compagnie ci si può portare avanti e fregarli.
Fase 3, o “bambole non c’è una lira”. L’annuncio di ieri naturalmente non può essere fatto per “avere una maggiore flessibilità”. L’unico che può far finta di crederci è l’ineffabile Giuseppe Turani: ma di questo ne parlo dopo. La ragione è molto più banale: la scommessa è stata persa su tutta la linea. Il valore delle azioni Telecom, invece che risalire, è ancora sceso, ed è arrivato più o meno a metà di quello che la controllante Olimpia ha in bilancio. Prima o poi MTP dovrà svalutare la sua quota, e quindi essere in debito di soldi e sotto il rischio di una scalata su di lui. Si è già venduto il vendibile: non solo tutte le partecipazioni create da Colaninno (altro bagno di sangue della Niu Economi), ma anche quelle di telefonia mobile create in America Latina. Al momento resta solo Tim Brasile, ma lo sapevo persino io che non appena qualcuno fa un’offerta decente sparirà anch’essa. Persino la quota della turca Avea è stata ceduta. Ma non solo: si sono venduti anche tutte le centrali, e ricordo a chi non lo sapesse che il patrimonio immobiliare di Telecom aveva un valore enorme. Niente. Tutto questo non basta, e adesso bisogna vendere l’ultimo gioiello di famiglia, cioè l’ex-Tim, e se possibile rifilare allo Stato la parte di infrastruttura di rete. Non che sappia come Prodi II possa riprendersi a caro prezzo quello che Prodi I ha venduto, tenuto poi conto che a parte la mancanza di soldi nell’Erario Bruxelles sarà pronta a bloccare quello che in pratica è un aiuto di Stato; ma la coppia T&P è ridotta a dover sperare in questo. E al riguardo è significativo il fatto che il CdA Telecom, in cui dieci membri su venti dovrebbero in teoria essere indipendenti, ha approvato all’unanimità il piano; la situazione è davvero tragica. In una nazione normale, il padrone se ne sarebbe già andato via da solo; ma noi siamo in Italia, e T&R sono certo che resteranno al loro posto. Ma forse il simbolo più incredibile di questa rovina è la dichiarazione che Emilio Miceli (il segretario generale della SLC, la CGIL di noi telecomunicazionisti) ha scritto ieri mattina. Il testo non era da tradurre dal sindacalese. Come mi ha detto il mio collega torinese Ugo, “deve avere avuto davvero fretta per non oscurarla” :-)
Post Scriptum, o “perché queste cose non si sanno?” Se qualche anima pura si chiede allora perché Turani è così felice, forse è meglio che pensi a questo piccolo particolare: come giustamente fa notare Mantellini, Telecom è ancora oggi uno dei maggiori inserzionisti pubblicitari per i giornali e la televisione. È difficile dire le cose in maniera chiara, quando corri il rischio di vederti tagliare una buona percentuale dei tuoi introiti pubblicitari. Intendiamoci, questo vale anche per Vodafone, tanto per dire, e non è una peculiarità di Telecom; però in questi casi non si può dire “mal comune, mezzo gaudio”. Per fortuna oggigiorno è possibile recuperare le notizie per altre vie: personalmente trovo che gli interventi più lucidi siano quelli di Luca De Biase, che già sabato scorso aveva azzeccato tutto. Altri preferiscono Stefano Quintarelli o Beppe Caravita, che tanto si linkano tutti tra di loro quindi li trovate lo stesso. Ma tanto quello che conta davvero non è seguire pedissequamente quello che dice qualcuno “famoso”, (tantomeno i miei sproloqui!) ma usarlo per farsi un’idea a trecentosessanta gradi. Forse persino beppegrillo™ può essere utile.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-12 15:34
Non e’ che dunque possa accadere qualcosa “alla Parmalat”?
Del resto anche Tanzi era famoso per rifornire abbondantemente i media di pubblicita’ e cosi’ fino al botto non si e’ saputo nulla in giro.
nonostante tutto, il cash flow di Telecom è abbastanza alto, così come l’EBITDA: questo dovrebbe aiutare a evitare un crac enorme.
bel post. complimenti.
grazie per la citazione.
Il rischio maggiore IMHO e’ che venda tutto, che la rete venga spoliata, che Olimpia si pigli x miliardi dalla vendita e lo spezzatino venga racimolato da finanza senza scrupoli.
Io spero di no e per questo spero che ce la faccia.
Caro ex collega (sì, anch’io ero in Saritel e dire che mi sono rivisto nelle tue parole è dire poco), la situazione è proprio come la descrivi. La strategia finanziaria del Tronchetto, che mira semplicemente a mantenere le dimensioni industriali del suo personale portafogli, è risaputa fin dai tempi di Corning: compro a poco, faccio finta di saper fare l’industriale, cerco aiuto, rivendo a molto. E chi se ne frega se di mezzo c’è un colosso che aveva anche tanti aspetti positivi.
Spero di leggerti presto sul mio blog.
Ciao
sono un ex collega anch’io (finsiel) e concordo pienamente.
Tra l’altro osservo che uno dei problemi di questa gestione MTP è l’essersi contornato di “figli di”, privilegiando tra l’altro quelli che danno sempre ragione al capo …
Cose come questa erano nell’aria, dal poco che ho potuto vedere (non sono certo un analista del mercato TLC), fin dal ’96(*): io, lato banca (cliente = lavoravo con i tecnici SIP come controparte (molto) qualificata), ho visto man mano smantellare la struttura tecnica, penalizzando i lavoratori validi (ed era un bel problema, per noi), sostituendoli con una massa di CallCenter semi-inutili e spostando verso il “centro stella” (per noi Milano) i servizi funzionanti e che conoscevano il territorio.
Si annusava l’aria di niu economi… ma d’altro canto avevamo problemi ancora più grossi in casa nostra (l’era delle fusioni bancarie) e siamo rimasti presi tra due fuochi: qualità di Telecom che scendava a vista d’occhio a favore del suo marketing-vaporware e qualità nostra che “la seguiva” (outsourcing, consulenze, deprofessionalizzazione ecc. ecc.).
Spero che qualsiasi cosa succeda adesso (soprattutto lato Governo) non sia l’ennesima “finta” (sarebbe ora di avere un carrier che facesse il carrier e non concorrenza ai suoi clienti) ma sospetto tristemente che sarà il “solito salvataggione” dei soliti noti (peraltro già abbondantemente citati).
(*)quindi, nel “mondo reale”, anche da prima: quando la cosa diventa “nota” in genere è tardi.
Sempre su Telecom
Mau, non vedo link a blog o altro di Andrea Granelli, che a suo tempo conobbi in Vol … sai che fine ha fatto?
Ero certo che alcuni anni fa da http://www.agranelli.net/ si arrivasse a qualcosa di simile a un blog, ma non ho trovato nulla.
(ah, l’unica volta che io vidi e parlai con Granelli fu ai tempi di VOL, il che la dice lunga)
http://kanso.it è la nuova società di consulenza di Granelli.
Ciao .mau.,
forse ora anche tu proverai qualcosa di simile a quanto successo a me (per chi vuole, vada sul mio sito). Non che te lo auguri, anzi.
Ma ragionando a freddo, ex-post, di cose ne avrei da dirti(-vi).
Una cosa da dire è il primato dell’aspetto finanziario su quello industriale. Non è colpa del Tronchetto: più soldi metti (inevitabilmente di altri) più chi te li dà li rivuole indietro a) prima b) con molti interessi. Che sia Telecom, la mia Siemens, o la Fiat non fa alcuna differenza.
Il fatto è che i ricavi di una industria matura come la telefonia possono solo scendere. Quindi il rientro del debito si allunga. Il fatto singolare che dopo un anno e mezzo il Tronchetto faccia retromarcia è molto probabilmente dovuto ad una banca di affari cui ha commissionato uno studio di mercato. Da dove si evince che la situazione può solo peggiorare e che il mercato in crescita è il video su IP su telefono fisso.
Si, la linea fissa ritornerà, ed alla grande, fra 2-3 anni.
Perché? Semplice: banda infinita, risorse quasi infinite=servizi quasi infiniti. Ed i costi sono (abbastanza) bassi. E’ un mercato in crescita. La scommessa del tronchetto è che il video sarà il mercato trainante. E’ un rischio, non è detto che questo lo sia veramente, ma qualcosa su cavo sarà molto richiesto comunque.
Vodafone, la potente Vodafone, fra non molto potrebbe vendere al migliore offerente la gestione della baracca, come fa 3. Il motivo è lo stesso: redditività in ribasso.
Per il telefono mobile in europa inizia la fisiologica contrazione.
Come possano avere redditività in ribasso facendoti pagare 15 centesimi un SMS (23 se verso l’estero) resta un mistero.
Probabilmente ci sono troppe persone nel marketing, che a loro volta generano troppi progetti farlocchi e fallimentari pur di tenersi occupati e giustificare il proprio stipendio.
Scusate il cinismo.
Fritto misto
1) Con tutto ‘sto casino intorno alla Telecom il contadino ha solo capito che il suo ultimo miglio rimarrà così per eterno, con il filo per terra nella vigna e una decina di giunture isolate alla meglio col nastro isolante…
grazie per questa preziosa visione dall’interno anche se mi dispiace per te che hai dovuto viverla ogni giorno. è desolante cmq la perdurante assenza di strategie industriali vere nel nostro paese. e l’ipocrisia con cui spesso questi cambi di direzione sono usati per redistribuire vantaggi e prebende fra i soliti noti, per mantenere lo status quo ed infognarci sempre di più. così ci rimarrà solo il turismo, forse.
perche’ continuiamo a sentire storie come questa? siamo difronte a dei maghi della finanza? oppure a dei perfetti imbecilli? io non riesco a capirlo. sul serio. mi ci inca770. non ci dormo.
Ciao,
ho segnalato questo post nella selezione dei post della settimana che pubblico sul mio blog. A rileggerci
Ciao,
leggo in ritardo l’ottimo post. Come ex-anch’io partecipo al dolore e vi segnalo il commento dell’Economist del 14/9. titolo: “Ecco il conto, presidente”.
http://www.economist.com/displaystory.cfm?story_id=7905659&fsrc=nwl