A fine gennaio c’è stato un certo qual fermento giornalistico, quando il ministro dell’Innovazione ha presentato il DPR sulla Posta Elettronica Certificata, PEC per chi ha fretta. Stanca si è premurato di farci notare come l’Italia sia “tra i primi Paesi al mondo a disporre della posta elettronica certificata”, insomma della “raccomandata elettronica” come tradotto dai giornali. Volete poi mettere? con doppio controllo antivirus! Cintura e bretelle!
Il comunicato del CNIPA (come? non sapete che cos’è? È il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) è disponibile qua, per gli amanti della burocrazia. Io personalmente mi sono divertito ad andare un po’ a sfrucugliare sul testo del decreto in via di pubblicazione. A dire il vero ho anche guardato l’allegato tecnico che è stato opportunamente tolto dal sito, ma non divaghiamo. E se ne scoprono delle belle.
Il concetto di “raccomandata” è legato alla consegna della lettera, non a un eventuale contenuto: Posteitaliane non sta certo a verificare se tu mandi un foglio bianco. Sarebbe stato bello che nella trasposizione elettronica venisse sfruttata la possibilità di raccomandare anche il testo del messaggio, ma la cosa non è stata fatta. Amen. Non che al ministero non conoscano l’esistenza di queste simpatiche cose: i gestori devono infatti apporre sulle ricevute la propria firma elettronica.
Ma fossero tutti qua i problemi! È infatti istruttivo scoprire all’articolo 3 che
Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore.
Letto? Compreso? Pensate adesso alla vecchia raccomandata cartacea. Arriva il postino, non ti trova e mette l’avviso sulla buca; tu non apri la buca delle lettere e dopo un mese le poste rimandano la raccomandata al mittente con indicato “non ritirata”. Se è solo per questo, tu puoi anche guardare la busta e dire al postino “no, non la accetto”. Non è un atto giudiziario: è tuo pieno diritto rifiutarla. In questo caso, niente da fare: non appena il tuo provider ha messo il messaggio a tua disposizione per essere ritirato con POP, il messaggio è considerato “ricevuto”. Tu non ti sei connesso perché hai dimenticato la tua password? peggio per te. La “firma di ricezione” è quella del provider, non la tua. l’articolo 6, comma 5, lo ribadisce per chi fosse tardo di comprendonio: “La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dallavvenuta lettura da parte del soggetto destinatario” (neretto mio).
Ma forse ancora peggio è scoprire chi può fare da gestore di PEC, oltre alle pubbliche amministrazioni. Una persona di buon senso direbbe che i requisiti sono essere affidabili, e magari avere un’assicurazione che copra i rischi dell’attività. Siamo in Italia, e magari una certificazione – il “pezzo di carta” – è un pizzo che bisogna pagare per far vedere che almeno ufficialmente si è bravi. Naturalmente occorre tutto questo, ma (articolo 13, comma 3) occorre anche essere una società di capitali, e avere capitale sociale interamente versato di almeno un milione di euro. Traduzione: solo i soliti noti potranno fornire il servizio. Che gli altri si limitino a giocare nel recinto. Nota: sono due anni che si lavora a questo decreto, e “casualmente” questa norma è stata aggiunta solo adesso. D’altra parte non è certo una specifica tecnica, quindi non c’è alcun problema, no? e poi tutti i “piccoli” hanno potuto dare un prezioso contributo lavorando alle specifiche, anche questo è un lavoro di gruppo!
L’unica cosa che per il momento dà qualche speranza è che non siamo affatto obbligati nemmeno implicitamente a usare la PEC. L’articolo 4 recita infatti che un privato che la voglia usare lo deve indicare esplicitamente e per ogni procedimento; addirittura si ribadisce che se è semplicemente indicato il proprio indirizzo PEC, non è un’indicazione esplicita di volontà d’uso. Ma si sa come vanno queste cose: una modifichina “per semplificare” è sempre dietro l’angolo…
Insomma, saremmo anche tra i primi nel mondo, ma forse si poteva lasciar perdere. L’unico vantaggio possibile che vedo oggi è nella comunicazione interna alla pubblica amministrazione. Intendiamoci, non è poco, ma nemmeno quella svolta epocale.
Ultimo aggiornamento: 2005-02-09 16:55