Archivi annuali: 2003

che belle le enciclopedie

Se non comprate Repubblica, saprete semplicemente che per venti lunedì allegano al giornale ottocentotrentadue pagine ben rilegate di un’enciclopedia. Per non saperlo, dovreste essere stati rinchiusi a Guantanamo negli ultimi mesi.
Se la comprate, in questi giorni avrete letto che non solo il primo volume, tiratura 1.200.000 copie, è dovuto andare in ristampa, ma anche il secondo, con “solo” mezzo milione di copie ma al costo di 12,90 € oltre ai novanta centesimi del giornale, è pure stato esaurito. Saprete anche del problema dei tempi per avere una ristampa di qualità simile, ma lasciamo perdere questo peana alla tecnica legatoristica. Non è nemmeno così interessante pensare alle 700.000 persone che, “tanto è aggratis”, si sono prese il primo volume e adesso potranno sapere tutto, ma solo dalla A ad Apraz.
Ma prendiamo l’altro mezzo milione. Possiamo immaginare che la maggior parte di loro acquisterà anche gli altri diciotto volumi, per un esborso di circa mezzo milione di lire. Può anche darsi che molti di loro non abbiano un calcolatore, e quindi troverebbero inutile una versione CD-ROM, che indubbiamente è più semplice da consultare. Ma quanti hanno davvero bisogno di un’ottantina di centimetri di libreria da riempire? e quanti l’apriranno, questa benedetta enciclopedia?

Ultimo aggiornamento: 2003-09-13 17:11

Il “tutor di linea” ATM

O che pensate che sia? è il vecchio controllore, che però adesso ha una targhetta che lo identifica in questo modo. Me lo sono trovato ieri sera sceso dal 15: sì, se ne stava a terra. Non so se poi sia anche salito, anche se dubito della cosa perché eravamo all’ultima fermata prima del capolinea: mi resta il dubbio dell’utilità pratica della cosa, dato che uno può prendere e scappare senza apparente problema. Magari mandano in giro questi tutor solo per far vedere che loro stanno facendo qualcosa…

Ultimo aggiornamento: 2003-09-11 09:56

Brixia (mostra)

Domenica non avevamo nessuna meta particolare, e Milano non offriva nulla di eclatante. Sì, potevamo andare a Rozzano al Fiordaliso a vedere “i ragazzi del Grande Fratello”, devo ammettere. Però non è stato trovato un accordo… Così siamo andati a Brescia al Museo della Città (Santa Giulia), a vedere la mostra sulle domus dell’Ortaglia. Il museo, con gran fantasia, sta in via dei Musei: in effetti ce ne sono due, e una possibile idea consisteva nel passare anche dall’altro a vedere la mostra temporanea di pittura che continuerà fino a novembre. Non ce l’abbiamo fatta: il museo della città è stato una scoperta entusiasmante, che ci ha preso quasi quattro ore.
Premessa: lo sponsor, il Credito Agrario Bresciano, ci deve aver buttato dentro una barcata di soldi. È vero che il biglietto di ingresso costa otto euro, ma considerando quanta gente sta nelle sale gli incassi basteranno sì e no a pagare loro gli stipendi. Ma avere i soldi non basta: né è sufficiente avere tanto materiale museale, cosa che comunque è verissima nel nostro caso. Occorre anche essere capaci a spendere e mostrare bene, creando un buon allestimento. Garantisco che in questo caso le soluzioni scelte non hanno davvero nulla da invidiare ai musei parigini, e questo museo può e deve essere preso a modello di fruibilità nel ventunesimo secolo.
Facciamo un passo indietro. Il museo sorge sull’ex monastero benedettino femminile di san Salvatore e santa Giulia, nato ai tempi dei Longobardi sul territorio entro le antiche mura romane. Avere avuto un monastero è significato un terreno rimasto in buona parte intatto: gli scavi degli anni ’60 hanno così riportato alla luce nelle immediate vicinanze i resti di una domus, e negli anni ’90 di un’altra ancora. Si è scelto così di integrare questi ritrovamenti nell’area museale, e a marzo si è inaugurata questa nuova sezione. La scelta è stat di coprire tutta la zona e lasciare un’illuminazione bassa, oltre a dipingere le pareti di nero, probabilmente per ridurre il pericolo di danni della luce a mosaici e pareti: inoltre il percorso camminabile resta più in alto rispetto all’altezza dei vani, in modo da vedere tutto dall’alto. Alle pareti ci sono ampie spiegazioni della struttura e delle funzioni degli ambienti delle due domus, sia in italiano che in inglese, il tutto corredato da dovizia di piantine. Termina questa parte dell’esposizione un video che ricostruisce come poteva essere la Brixia romana.
Ma tutto il percorso della mostra è una continua sorpresa, con dovizia di reperti e contestuali spiegazioni. Sarebbe forse preferibile avere indicato meglio l’ordine della visita, perché gli spazi sono un po’ labirintici, ma in genere non ci si perde. In tutto questo, la mostra temporanea con la “Afrodite ritrovata”, prorogata fino al 2 novembre, in realtà non aggiunge molto. Hanno preso la Vittoria simbolo di Brixia, le hanno tolto e lasciato lì sul puiedestallo le ali (tranquilli, sono un’aggiunta posticcia) e si sono fatti prestare la Venere di Capua per far risaltare le similitudini. Il tutto in un padiglioncino temporaneo in uno dei chiostri del convento.
Tornando al percorso principale, gli spazi di San Salvatore contengono reperti longobardi e dell’età comunale, e terminano nella chiesa omonima (un gioiello romanico eppure slanciato) e nel coro delle Monache di Santa Giulia, rinascimentale e ricchissimo di affreschi. Tornando all’ingresso, si passa poi a Santa Maria del Soccorso, con una favolosa volta stellata e la croce di Desiderio, che mostra come i longobardi amassero le cose luccicanti.
Molto meno interessanti invece le collezioni al piano superiore del museo, che tra l’altro mancano ancora di didascalie e simili. Si direbbe che il museo le avesse e fosse quasi costretto ad esporle, senza però un vero interesse: ma in ogni caso anche noi avevamo bisogno di un po’ di riposo.
Ultimo consiglio: anche se fuori fa caldo, portatevi un maglioncino. La temperatura interna è davvero bassa.

Ultimo aggiornamento: 2003-09-10 12:19

aspetta, aspetta…

Sono arrivato stamattina a ore incredibili per cercare di capire cosa non funzionava. L’unico vantaggio è che uscire alle sette del mattino significa impiegare solo 33 minuti per arrivare in ufficio.
Mi metto al pezzo… e scopro che funziona tutto. Probabilmente il problema di ieri era la coda dei messaggi da smaltire. Mi sento sollevato…

Ultimo aggiornamento: 2003-09-09 08:42

che palle

sto uscendo adesso dall’ufficio, senza che funzioni un tubo. Peggio ancora, non so cosa non funziona, visto che il sistema parte bene e poi si pianta, e naturalmente quella parte di codice non l’ho scritta io e per me è arabo.
Domattina dovrò entrare all’alba senza sapere che fare. Sai che gioia…

Ultimo aggiornamento: 2003-09-08 20:43

Milano, quarto mondo

Primo problema: ci ho messo un po’, ma ho capito come mai quando Anna aveva prenotato per Giuro di dire tutta la varietà 2 le avessero detto “non si preoccupi, di biglietti ce ne sono finché volete”. Lo spettacolo è in concomitanza con la partita della Nazionale di calcio, che poi è qui a Milano. E secondo voi io me lo ricordavo? A dire il vero, non è che questo fosse chissà quale problema, se non per il fatto che Lampugnano è relativamente vicino a San Siro, e chi va allo stadio usa la metro rossa proprio come noi.
Il problema successivo è stato capire quando iniziava lo spettacolo. Il programma diceva “ore 21:30”, la tipa dei biglietti – tra l’altro, le cartine SIAE, potevano anche lanciarsi un po’ di più – ha sentenziato “alle 21”, così come i cartelloni per strada. Oggi La Stampa afferma “apertura cancelli ore 20:30, inizio spettacolo ore 21:30. Dev’essere il famoso orario flessibile stile imprò.
Il terzo problema era legato alla distribuzione dei biglietti, che Anna aveva comperato per tutti. Roberta, che non sapeva a che ora sarebbe riuscita ad arrivare, se li era presi: con gli altri avevamo appuntamento alle 20:20 ai cancelli. Per una volta che noi eravamo in orario, gli altri erano dispersi. Fortuna che non c’era troppa gente in coda, e quindi i posti che abbiamo preso erano ancora decenti.
Ma ora inizia il vero delirio. Non parlo di come il “popolo di sinistra” si mette a riempire le uscite di sicurezza, fumare nella struttura; e nemmeno delle code incredibili ai bar interni, chiaramente sottodimensionati. No, il fatto è che la gente sembra avere deciso di arrivare tutta all’ultimo momento,anzi piuttosto oltre: così – dimostrando attenzione zero nei confronti di chi è arrivato in tempo – l’organizzatrice alle 21:30 se n’è uscita dicendo “visto che c’è ancora tanta gente alle casse, ritardiamo l’inizio dello spettacolo alle 22”. Grazie, molto gentili. Visto che lo spettacolo dura un po’ più di due ore, a mezzanotte e un quarto non era ancora finito del tutto. Peccato che, anche se noi ci siamo buttati fuori a pesce quando lo show sembrava essere più o meno terminato, la metro era già chiusa: in questa grande città europea, l’ultima corsa verso il centro passa a mezzanotte e due minuti. Anche il sabato sera. Anche il giorno in cui ci sono spettacoli e una partita della nazionale di calcio.
Che si fa? Si va alla caccia del bus sostitutivo: ammesso naturalmente di riuscire a trovare dove sia la fermata. Ci sarebbe una palina subito davanti all’uscita, e un po’ di gente fregata come noi e ferma ad aspettare il bus: peccato che lì fermi la 68, e che l’ultima corsa fosse già passata. Non preoccupatevi: ho fatto la buona azione e ho avvisato i tapini. Siamo andati avanti, e dopo l’incrocio c’era finalmente la palina giusta. Aspettiamo un po’, e arriva il bus. Naturalmente, per la stessa ragione per cui non ci sono corse della metro, non si può sperare che l’ATM abbia pensato a mettere in giro vetture snodate. No, ci si pigia dentro. Vabbé, dico, tanto basta arrivare a Lotto e poi c’è la 90 che gira fino alle due. Peccato che a Lotto ci sia ancora un numero non indifferente di tifosi gallesi in attesa del bus; io, che stavo già iniziando a perdere la ragione, decido che è meglio proseguire fino in Cordusio, e blocco Anna sul pullman. È stato interessante vedere la scenata che una tipa ha fatto all’autista, urlandogli che non sa nemmeno qual è il percorso che deve fare! (il bus non fa la fermata di piazza Cairoli, penso a causa della zona pedonale: questo è scritto sulle paline, ma occorre saperle leggere). Molto più piacevole però è stato riuscire a prendere al volo il 4, che sapevo passava all’una. È vero che ce ne sarebbe stato ancora uno all’una e mezzo, e che forse si poteva cercare la corsa sostitutiva della gialla, ma stava diventando davvero troppo. Poi ci si chiede perché la gente usa sempre l’automobile.
(Per chi fosse interessato a com’era lo show: si vedeva che era la prima, e che non filava liscio. Certi personaggi per me li poteva lasciar perdere senza problemi, e a volte le tirate “politiche” erano lunghe, anche se la Guzzanti ha ragione a dire che purtroppo il comico satirico in questo periodo deve prima spiegare cosa succede, per riuscire a farci su della satira. Bella la battuta su Ciampi e i suoi “moniti palindromi” che si leggono uguali a destra e a sinistra. Bello vedere come la gente applaude poco convinta quando Sabina dice “con il prossimo governo non pensate mica che le cose saranno poi così diverse”)

Ultimo aggiornamento: 2003-09-08 18:13

Bach, il musicista teologo

Prima di leggere la recensione, ricordate che la casa editrice del libro (autore Gianni Long, ISBN 88-7016-034-3, 19.63 € ), la Claudiana, è di ispirazione religiosa evangelica: protestante, se il termine non vi dice nulla. E’ vero che il titolo dovrebbe mettervi in guardia, ma è meglio avvisare subito gli allergici alla religione.
Il libro è diviso in due parti: una biografia del sommo Giovanni Seb., e un’analisi musico-liturgica delle sue principali opere. A me è piaciuta molto la parte biografica, che non si è limitata agli aneddoti più o meno conosciuti ma ha cercato di mettere in relazione Bach con il suo mondo contemporaneo. In certi casi l’autore esagera nel suo fare apparire tutte le sue azioni come legate alla sua fede luterana: è interessante però scoprire la ragione di alcuni pezzi sacri cattolici, come la messa in si minore oppure le cantate per feste della Madonna: anche le relazioni tra le varoe confessioni cristiane sono ben rappresentate.
Più disuguale la seconda parte. Le due Passioni sono ben trattate, mostrando anche le relazioni tra i vari brani e cercando di spiegare la ragione di quelle che sembrano a prima vista ripetizioni; andando oltre, soprattutto sulle Cantate scelte per la disanima, mi pare che l’autore si fosse un po’ stufato, e stesse tirando via. L’appendice è più che altro un manifesto evangelico, che forse poteva essere evitato o almeno sviluppato in maniera diversa.
Insomma, un libro interessante per chi ama la storia e la musica, ma probabilmente non indispensabile.

Ultimo aggiornamento: 2003-09-08 14:54

Cyberiade

Questo libro di racconti di Stanislaw Lem (Marcos & Marcos, ISBN 88-7168-360-9, 15 €) racconta le imprese di due “costruttori”, Trurl e Klapaucius, che si scopre essere essi stessi delle macchine (senzienti) solo dopo avere letto qualche storia. Memorabile l’incipit del primo racconto: “Un giorno Trurl il costruttore montò una macchina in grado di creare tutto quello che cominciava per N”.
C’è chi potrebbe lamentarsi dell’uniformità delle storie; io personalmente le ho trovate gustosissime, sempre a mezzo tra il filo del paradosso e una cinica analisi del nostro mondo, appena nascosto sotto il velo dei racconti. Come spesso capita, è più semplice sfruttare ambientazioni esotiche per dire cose di casa nostra.
Infine, una menzione particolare per il traduttore, Riccardo Valla. Il libro è costellato di allitterazioni, giochi di parole, particolari lessici. Trovarseli nella versione italiana significa che il traduttore non si è limitato a lavorare con i piedi, ma ha fatto davvero un’opera da certosino. Bravo!

Ultimo aggiornamento: 2003-09-08 14:53