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Odissea UPS

L’altra settimana sono stati spediti ad Anna due pacchi da due aziende diverse ma entrambi con UPS.

Il primo pacco arrivava dal Belgio: a un certo punto le è arrivato un messaggio dicendo che era stato consegnato a un pickup point abbastanza vicino a casa nostra, che faceva anche da money transfer hub. Sabato della scorsa settimana Anna e io abbiamo fatto due passi fino a lì, trovando chiuso il negozio alle 12:15 anche se l’orario di chiusura erano le 13. Il martedì mattina successivo passo di lì alle 9:15, dopo l’orario di apertura: ancora chiuso.

Comincio ad avere qualche dubbio, e scrivo a UPS chiedendo se fossero sicuri che quel negozio fosse ancora in esercizio. Mercoledì mattina mi rispondono dicendo “vi va bene se lo mandiamo a un altro pickup point?” al che dico “ok, confermo”. Giovedì mattina mi arriva un messaggio automatico che mi dice che il pacco è stato rifiutato e se ne ritornerà in Belgio. A questo punto mi attacco al telefono, dribblo il risponditore vocale e finalmente riusco a parlare con una persona in carne e ossa che mi conferma che il pacco è in partenza per il Belgio. Le dico “ma c’è tutto lo scambio di email” e le dico il codice che c’era nel titolo del thread. Lei entra, vede tutto, dice “Ah. Aspetti che chiamo il mio responsabile. Oops, è occupato”. Io avevo una call e le ho chiesto di richiamarmi dopo un’ora, cosa che ha in effetti fatto: la buona notizia è che non essendo ancora stato spedito il pacco l’avrebbero finalmente potuto mandare al secondo pickup point. Arriva il messaggio automatico “the package has been delivered”. Prendo e trullo trullo vado al bar che fa da pickup point. Mi chiedono le ultime quattro cifre della spedizione, gliele do, la barista va a controllare: nulla. A questo punto mi chiede se c’è un numero alternativo. Riprendo la mail, e in effetti c’era un altro numero: finalmente ho il mio pacco.

La storia del secondo pacco è molto più semplice. Arrivava da Esselunga (rectius, Esserbella); qui non è mai arrivata nessuna mail. Anna scrive al servizio clienti Esselunga e riceve una risposta tipo “ah, se non lo sa lei quando arriva come facciamo a saperlo noi?” Telefona piuttosto incazzata al servizio clienti Esselunga, e finalmente qualcuno di là scopre che il pacco era già da mo’ in giacenza, al solito pickup – quello buono, non il primo.

Un pacco può essere stato sfortunato, ma due cominciano a essere una prova. Non è che UPS ha qualche piccolo problema di gestione?

referendum o raccolta dati?

quesito referendario Sull’istanza Mastodon di poliversity.it ho visto che sul sito del ministero della Giustizia ci sono due raccolte firme per referendum: Abolizione pluricandidature legge elettorale per Camera e Senato: ogni candidato in un solo collegio uninominale o plurinominale e Abrogazione del voto congiunto tra candidati e liste plurinominali legge elettorale per Camera e Senato. Tutto bellissimo e almeno per me condisibile. Ma…

La raccolta firme è partita il 18 settembre e deve per legge terminare il 30 settembre. Mentre sto scrivendo (alle 19 del 22 settembre) le due proposte avevano rispettivamente 198 e 203 firme su mezzo milione. I quesiti sono stati raccolti da un’Associazione per la Rappresentanza Voto LibEguale che non ho mai sentito nominare. E soprattutto, leggendo l’informativa privacy sul sito del ministero, ho scoperto che i miei dati personali «saranno, inoltre, comunicati ai seguenti Titolati autonomi del trattamento: […] Comitati Promotori: ai sensi dell’art. 7 della legge n. 352 del 1970, sono titolari autonomi del trattamento dei dati personali dei sottoscrittori per le finalità di esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e garantite».

Ve la prendete con me se non firmo?

Quanto non sappiamo dei nostri figli in rete

Sono sconvolta. Io non conoscevo Charlie Kirk e mio figlio sì. Vedeva i video e li sta commentando qui con me, più informato di me sui temi. La destra e le idee della tecno-destra evangelica estrema sono un’emergenza per il mondo democratico. Hanno le orecchie dei ragazzi. Stamattina ho letto questo tweet di Chiara Degli Esposti. Posso aggiungere la mia personale esperienza con due sedicenni.

Premessa: nemmeno io sapevo di Charlie Kirk prima che venisse ucciso. Cecilia (che era a casa malata) mi ha detto autonomamente “Hai letto di quel tipo che è stato sparato (sic) al collo?” Alla mia controdomanda se lei ne avesse sentito parlare prima ha risposto che aveva visto qualche clip. A Jacopo ho dovuto fare la domanda diretta: anche lui sapeva chi era, ha aggiunto che a lui non piacevano le idee che aveva sull’aborto, ma che comunque non era giusto ammazzarlo (per fortuna…)

Quello che posso dire è che sono ormai vecchio. In passato l’americanismo imperante implicava che conoscevo molte più cose legate agli USA di quante francesi, tedesche o spagnole. Adesso a quanto pare non è più così, o almeno il numero di cose che conosco è minore (non ho fatto una statistica sulle mie conoscenze in genere). Ma quello che mi preoccupa di più è questa polarizzazione della comunicazione. Ai ragazzi le notizie arrivano: magari con un giorno di ritardo, spesso distorte, ma capita che a cena i ragazzi ci chiedano di qualche fatto di cronaca. Se però il mezzo principale sono i dibattiti, come quelli di Kirk, ci allontaniamo del tutto dai fatti, e diventa difficilissimo non dico fare debunking ma anche solo dare un contesto. Su questo abbiamo davvero molto su cui lavorare.

Ultimo aggiornamento: 2025-09-12 19:42

Chiacchiere e distintivi

E quindi è stato riformato per l’ennesima volta l’esame alla fine delle superiori. Meno commissari, così si risparmia. Niente percorsi multidisciplinari, ma quattro materie per l’orale (e mi stupisco non ne vengano poi scelte due, come ai miei tempi). Ma soprattutto… (rullo di tamburi) la Vera Novità: chi farà volontariamente scena muta agli orali sarà bocciato.

Non è che gli esempi riportati dalla stampa quest’estate mi abbiano detto chissà che cosa. Banalmente, mostrano che c’è stata una persona che si è resa conto che uscire con 65/100 oppure 80/100 non avrebbe fatto alcuna differenza, e a questo punto ha deciso di togliersi uno sfizio e arrivare almeno sui giornali, dopo aver contattato un giornalista. Poi c’è stato qualcun altro che ha copiato. Evidentemente nell’esame così congegnato c’era qualcosa che non funzionava, ma il ministro non ha cercato di capire cosa e si è limitato a mostrare il suo distintivo e sanzionare quello specifico comportamento. Mi aspetto ora che qualcuno si preparerà la performance 2026 rispondendo alla prima domanda e poi salutando la commissione (non facendo così scena muta), oppure dando risposte situazioniste a tutte le domande (idem). Il tutto sempre con copertura mediatica, dimostrando che l’unica utilità “soluzione” valditaresca consiste nel fare la conferenza stampa e fregiarsi dei risultati: a pensarci bene, nulla di tanto diverso da quanto hanno fatto quegli studenti.

Ah, sì: ancora due cose. Valditara ha annunciato con Gran pompa che ci saranno 240 milioni per gli stipendi degli insegnanti: peccato che siano una tantum. E l’esame non si chiamerà più esame di Stato, ma… esame di maturità. Il vecchio che avanza.

Prese per i fondelli

Il mio conto corrente è su una banca dove la mia azienda ha una convenzione per cui non pago spese di conto. Ma nonostante tutti gli utili che in questi anni le banche stanno facendo (per dire, l’utile nel primo trimestre della mia banca è stato di due miliardi, il miglior risultato da 14 anni) si vede che la cosa non basta. Però non possono appunto introdurre un canone… e così si sono inventati le “Spese annue per conteggio interessi e competenze”, cioè una formula da applicare (formula teorica nel caso degli interessi, che sono zero). Semplice, no?

Davvero italianità?

L’altro giorno mi è capitato su Twitter un post dell’europarlamentare leghista Anna Cisint, che scrive

«Ho ritenuto doveroso scrivere al Presidente Mattarella per esprimere il profondo disorientamento dell’Unione degli Istriani di fronte all’ipotesi di cessione, nel corso della sua prossima missione in Slovenia, dell’opera d’arte “Madonna con il Bambino”, oggi custodita a Padova. Si tratta di un simbolo identitario per il popolo istriano, che ne rivendica l’appartenenza morale.»

Non sapendo nulla della storia, ho fatto qualche ricerca. La pala del Carpaccio è stata dipinta nel 1518 per la chiesa di San Francesco a Pirano, della Provincia religiosa del Santo, che al tempo corrispondeva ai territori della Repubblica Veneta corrispondenti alle Tre Venezie. Nelle tante divisioni e riunioni dei francescani la chiesa è rimasta ai Frati Minori Conventuali. Arriviamo alla seconda guerra mondiale: come spiega Finestre sull’Arte, la pala viene spostata a Villa Manin a Passariano di Codroipo assieme a molte altre opere. Nel 1943, dopo l’armistizio, le opere vennero restituite ai legittimi proprietari, ma per la pala ciò non fu possibile perché l’Istria era diventata zona di operazione speciale tedesca e le SS avevano imprigionato i frati: a questo punto essa venne lasciata in custodia ai frati minori conventuali a Padova (dal Santo); quando finalmente in Jugoslavia il complesso di Pirano tornò ai frati, la provincia religiosa patavina cominciò a chiedere ai governi italiano e sloveno di poterla far tornare al suo luogo originario, cosa che è avvenuta ora, come raccontano anche i frati dell’attuale provincia del Nord Italia.

Rileggiamo la storia: non ci fossero stati i nazisti in Istria, la pala nel 1945 sarebbe stata a Pirano e lì ci sarebbe restata, a meno che qualcuno degli esuli l’avesse trafugata. Il “valore simbolico” per gli istriani non c’era, tanto che per decenni l’opera era rimasta nei magazzini del Santo. Tutto questo l’onorevole Cisint lo sa? (probabilmente sì, ma la cosa è irrilevante)

Ultimo aggiornamento: 2025-09-04 10:31

Proprietà intellettuale sui cavi di ricarica

Compro relativamente spesso robetta di poco conto da AliExpress: diciamo che sono le mie guilty pleasures. Stanotte mi è arrivato un messaggio (automatico) dal preoccupante titolo “Notifica per i clienti in merito a un prodotto acquistato potenzialmente problematico”. Mi brucerà la casa perché sto usando un trasformatore switch fuorilegge? No. Molto peggio. Il testo diceva infatti

Abbiamo identificato un potenziale problema di non conformità in un prodotto che hai acquistato di recente. L’ID dell’ordine è 3052947379619553, il nome del prodotto è 3A USB Cable For iPhone 14 13 12 11 Pro Max X XR 6s 7 8 Plus 2m 3m Lead Mobile Phone Fast Charging Cord Data Charger Wire e la causa del potenziale problema è Intellectual Property Infringements.

Da quello che segue nel testo, è ovvio – ma nessuno si aspettava qualcosa di diverso – che a loro non importa nulla e mandano il messaggio per pararsi il culo. Cito ancora:

Prendiamo molto sul serio la tua sicurezza e soddisfazione, pertanto ci teniamo ad avvisarti prontamente del problema per garantire che la tua esperienza di acquisto con noi avvenga nel rispetto delle leggi in vigore e corrisponda alle tue aspettative.

Puoi contattare il venditore per richiedere maggiori informazioni e, nel caso in cui il prodotto sia effettivamente illegale, negoziare una soluzione (ad esempio puoi richiedere l’indirizzo del venditore per effettuare il reso del prodotto).

Se al contrario non dovessi effettivamente riscontrare alcun problema con il prodotto, ti preghiamo di ignorare questo messaggio. In caso di dubbi sul prodotto o di ulteriori domande, contatta direttamente il venditore

Se io fossi un avvocato Apple, mi sentirei preso in giro. Non credo che nessuno rimanderà mai il cavetto, anche perché spenderebbe di più dell’eventuale rimborso. Ma quello che mi chiedo io è quale possa essere la violazione della proprietà intellettuale in un cavetto lightning. La forma del connettore? La disposizione dei fili? Il packaging direi di no, visto che come al solito la confezione era quello che era. Non so quanto costi un cavo originale Apple né se fuori dall’ Europa continuino a usare i lightning, ma mi pare strana questa azione…

Sulle recensioni online

Leggo sul Corriere che l’Europa ci chiederebbe che in caso di recensioni online il consumatore non debba dimostrare la propria identità. Il tutto necessario per allinearsi con la disciplina Ue sul diritto alla Privacy. La trovata, definita da un emendamento di FdI e Lega al ddl sulle piccole e medie imprese, è che invece il recensore debba mettere prova dello scontrino per mostrare che in effetti nel locale ci è stato. Che dire?

Per prima cosa, non riesco a capire cosa c’entri la privacy. Nessuno mi obbliga a scrivere una recensione: se lo faccio è una mia scelta, e a questo punto devo sapere che occorrono i miei dati. Ciò detto, credo che nel 95% dei casi, come del resto anche in quello con cui si apre l’articolo, in caso di diffamazione il gerente può passare alle vie legali, quindi il problema dello (pseudo)anonimato non si pone nemmeno. Se però accettiamo questo concetto, non capisco perché il direttore generale di Federalberghi si lamenti che l’indicazione dello scontrino non è sufficiente. Pensateci un attimo: da un lato lo scontrino prova che il recensore ci è stato davvero, e non stiamo parlando di uno shitbombing. Dall’altro lo scontrino, se uno non ha pagato in contanti, permette in caso di citazione a giudizio di arrivare rapidamente all’identità del pagatore. In pizzeria magari paghi in contanti, in albergo è già più difficile… e comunque in quel caso hai l’elenco degli ospiti e puoi fare un controllo incrociato. Ma il tutto mi sembra comunque un Ufficio Complicazioni Affari Semplici, come dicevo all’inizio.