Mah.
Domenica pomeriggio alle 16 stavo perfettamente. Domenica alle 18, con una tazza di tè, stavo già malino. Ho cenato, e dopo nella notte ho vomitato anche l’anima. Ancora alle tre di notte il mio stomaco riusciva a trovare qualcosa di solido.
Lunedì mi sono ritrovato con 38.2 di febbre, niente fame e spossatezza unica. Martedì mattina mi sono svegliato alle 8:40 con un sonno boia e un po’ debole, ma completamente sfebbrato (36.1), tanto che alla fine ho deciso di sfidare il mondo e andare in
ufficio ancorché in ritardo. Non mi è successo nulla. Continuo ad avere lo stomaco che si lamenta flebilmente, ma null’altro…
Domanda: sarà l’aria di Milano ad essere così mefitica?
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Parigi 1: Acqua
Ecco un po’ di notiziole veramente casuali sul mio capodanno a Parigi con Anna. Come sempre, preferisco le minuzie alle grandi notizie …
Giusto per spiegare cosa intendo, parto con la constatazione che c’è sempre un prodotto italiano che va forte all’estero: l’acqua San Pellegrino. Non so se in Italia se ne venda ancora tanta, ma posso garantire che fuori dai nostri confini è sempre una certezza, l’acqua “petillant” che sta alla pari con la Perrier anche come prezzo. Anche se ho scoperto che ha addirittura un residuo fisso di più di un grammo per litro, una cosa incredibile!
Parigi 2: musei e italiani
Come sempre, passare capodanno a Parigi significa trovarsi italiani peggio che in Italia. Non si può sperare di farla franca. Quest’anno ho però visto un altro aspetto: le code per i musei.
Lunedì 30 ci siamo fatti un’ora e mezzo per entrare al Louvre, e martedì 31 siamo scappati via dall’Orsay, viste le due ore di coda previste. Non che questo ci abbia fatto male: siamo finiti al Marmottan, un bellissimo museo probabilmente sconosciuto agli italiani perché è lontano dal “centro di Parigi” (chi è stato seriamente là sa che non esiste un vero centro, ma non stiamo a sottilizzare…), e ci siamo cuccati una collezione non indifferente di ninfee.
In realtà ci sono i sistemi per evitare le code. Esse infatti non sono per entrare, quanto per fare il biglietto di ingresso. Quindi basta avere il biglietto in anticipo: e nelle stazioni della metro, oltre a comprare la Carte Orange che con una foto e 13 euro e mezzo ti fa girare dal lunedì alla domenica, puoi comprarti la Carte Musèe che è un esborso non indifferente (15 euro un giorno, 30 euro tre, 45 euro cinque giorni) ma può essere sventolata all’ingresso e ti fa saltare tutta la coda, tranne quella dei controlli di sicurezza.
Quando sono ritornato all’Orsay sventolando il mio pass ho gioito. Lo ammetto.
Parigi 3: controlli di sicurezza
La sicurezza a Parigi sembra essere una cosa seria. Già nei primi anni ’90 avevano chiuso tutti i cestini per le strade per timore di pacchi bomba: adesso hanno deciso di lasciare i sacchi della spazzatura senza cestino, solo con il cerchio sopra dove si ferma il sacco. Adesso però tutti i grandi musei hanno il metal detector, manco fossimo in un aeroporto.
Però c’è qualcosa di strano… Per entrare alla Sainte Chapelle, che tra l’altro ha lo stesso accesso del Palazzo di Giustizia, siamo passati al controllo. Anna si era dimenticata di avere in tasca un dado bello grosso, eppure non è suonato nulla. E il controllo a raggi X non aveva la lucetta di controllo accesa quando gli oggetti passavano. Non è che sia tutta una finta?
Parigi 4: Benzina super
Ho notato nei distributori di benzina nelle autostrade francesi – come si sa, i distributori all’interno della città sono rarissimi – che esistono ancora le pompe di benzina super. Almeno, c’è scritto “super 97”, la pompa è rossa e non verde come le due benzine senza piombo (95 e 98 ottani), e via discorrendo.
Non mi sono messo a provarla sulla mia automobile, che in fin dei conti non è catalizzata; né la mia nulla conoscenza del francese mi ha permesso di chiedere lumi ai benzinai. Però mi è rimasto un dubbio: com’è che da noi non hanno chiesto deroghe sulla vendita della benzina “rossa”, e in Francia sì? i soliti misteri all’italiana?
il signor G non c'è più
Inizio le notiziole del duemilatre, dopo una settimana a Parigi, con la triste notizia della morte di Giorgio Gaber.
A capodanno, mentre si stava cantando “Lo shampoo”, si diceva con gli amici che cantare le sue canzoni era sempre una gioia. E non mi interessa sapere se fosse “di sinistra”, “di destra”, o chissà cos’altro: il signor Gaberscik, con le sue canzoni cantate con il suo “naso importante”, ci ha fatto sognare e pensare.
Negozi sabaudi
Ieri mattina sono passato da Moiso (negozio torinese d’antan, specializzato in caffè ma anche in cioccolato) a comprare un chilo e mezzo di gianduiotti da portare agli amici del Mariodanno.
La titolare, in vena di chiacchiere, mi chiede dove vado, e gli racconto del gruppo di amici italiani che si vede per Capodanno a Parigi. Le si illumina il volto, e mi chiede se questi amici hanno una macchina per il caffè. Certo, rispondo io, e anche di lusso! Allora mi prepara un sacchetto di caffè (in grani, perché altrimenti perderebbe l’aroma) e me lo offre, dicendo di portarglielo a nome suo.
Dite quel che volete, ma questa è una delle ragioni per cui Torino è meglio di Milano…