Il gabibbo è un plagio

Questo invece sembra essere arrivato nelle prime pagine di tutti i giornali.
Peccato che io ricordi distintamente una intervista di una decina di anni fa a Ricci, che spiegava tranquillamente che si era appunto ispirato a quella mascotte della squadra di basket USA.
E allora come mai solo adesso è arrivata la denuncia? Ai dietrologi l’ardua sentenza, ma comincerei a chiedermi da quanto tempo il signor Gianfranco Strocchi, rappresentante per l’Italia dell’Università del Kentucky, è diventato rappresentante…

“Ich habe fertig”

Prendere il bus per andare in ufficio è per me sempre una miniera di notiziole: tutte quelle dai giornali gratuiti, visto che la tivvù non la guardo. Ho così scoperto che la frase di cui al titolo è entrata nei vocabolari tedeschi, perché ormai nell’uso comune. Ma forse occorre spiegare qualcosa…
Prima di andare ad allenare la Nazionale di calcio, il buon Trap era stato trainer del Bayern Monaco. Già quei cattivoni gli hanno lasciato un giocatore che si chiamava Strunz, il che non è bello. Ma il massimo si raggiunse quando il Bayern inanellò una serie di pessimi risultati e il Giuan convocò una conferenza stampa.
Io la ascoltai, mi divertii da matti a sentire il suo accento padan-teutonico e le frasi smozzicate (ah, intendiamoci: tanto di cappello a uno che alla sua età ha scelto di mettersi a studiare il tedesco, e non passare attraverso il filtro dell’interprete!), fino a che, sempre più incazzato, se la prende con Strunz, arrivando a vette ineguagliate. Poi di colpo terminò, dicendo “Ho finito”. Purtroppo nella foga ha usato un italianismo: con fertig, i crucchi non usano infatti l’ausiliare avere, ma quello essere. La forma corretta è “Ich bin fertig”, non la sua “Ich habe fertig”: un po’ come se un tedesco qui in Italia dicesse “Sono finito”.
Sembra però che ai tedeschi sia piaciuto molto il modo in cui il nostro ha mostrato le palle, e hanno cominciato a usare l’espressione, fino a che anche i linguisti si sono dovuti arrendere.
Peccato che non ci faccia vincere i mondiali, ma in fin dei conti ci sono miracoli e miracoli…

La Repubblica Centrafricana esiste!

Stamattina c’era un trafiletto che accennava al putsch in corso. E nientemeno che su City, il che se volete è un po’ una sorpresa.
Ma il silenzio non è solo italiano: ieri un mio amico che vive a New York ha scritto che anche là si era visto solo allora un trafiletto sul N.Y.Times, sezione “Brevi dal mondo”, Questo non sarebbe nemmeno strano, sapendo bene che lo statunitense medio crede che “estero” significhi Canada e forse al più Messico. Ma la teoria è rapidamente smontata dal fatto che lì a fianco c’era un articolo a sette colonne… sulle elezioni in Liechtenstein.

lo sapevate?

Questo finesettimana c’è stato un golpe nella Repubblica Centrafricana.
Bene, direte, nulla di così strano: i colpi di stato nell’Africa sudsahariana sono sorprendenti più o meno come i litigi all’interno dell’Ulivo.
Però c’è una piccola differenza, questa volta: non ho trovato sui quotidiani una riga al riguardo. (Chi vuole cercare online, può usare come stringa “Bangui”, il nome della capitale della RCA. Chi vuole sapere qualcosa in più, può provare su www.lemonde.fr).
Personalmente trovo terribile un appiattimento del genere: non dico che sia una notizia da prima pagina, ma almeno una colonnina no? Il regine è davvero già iniziato?

Giorgino e Paolone

Mi chiedo come una persona arrivata per sbaglio alla presidenza degli USA, e che dopo l’11 settembre ha avuto per le mani un capitale di benevolenza dal resto del mondo che mancava alla superpotenza da quarant’anni, sia riuscito a sperperarlo in questo modo.
E mi chiedo come Paolo Guzzanti possa scrivere quello che ha scritto nel suo editoriale su Il Giornale che purtroppo non posso citare perché il quotidiano non è on line – io l’ho ascoltato nella rassegna stampa di Radio Popolare.

Marzano

Scusate la notiziola ormai datata. Il nostro Ministro delle Attività Produttive ha affermato nel weekend di non preoccuparsi affatto dei “cervelli all’estero”, visto che tanto sono sì e no il 2 permille del totale dei laureati.
Peccato che probabilmente questo sia effettivamente la crema dei laureati… ma il concetto è forse troppo complicato per il nostro.

Agli Arcimboldi

Ieri sera, opera! Ci eravamo presi i biglietti per L’Italiana in Algeri, partendo dal principio che un’opera buffa sarebbe stata più digeribile di un drammone.
Il primo problema si è avuto per gli spostamenti. Avevamo deciso di prendere il tram come Gabriele Albertini: in fin dei conti partiva da sotto casa e ci lasciava lì, e poi era la Metrotranvia, altroché! Il guaio è che ne passa uno ogni tredici minuti, e io non ho ancora capito che non bisogna mai dire la verità, e occorre togliere almeno tre minuti all’orario ufficiale di passaggio. Invece, trullo trullo, ho detto “il 7 passa alle 19:26”, così Anna e la sua amica Roberta sono uscite in modo di arrivare alle 19:26:30 e permetterci di vederci passare davanti il tram.
Risultato? Piano B, gli ennesimi quattro piani di scale a piedi per tornare a casa a prendere le chiavi della vecchia Tipo.
Arrivati alla Bicocca – certo che se qualcuno avesse pensato anche a mettere qualche negozio, bar, o simile, e non solo grandi parallelepipedi di università e simili – e parcheggiato, siamo entrati nel teatro, che da fuori bisogna dire che ha un bell’aspetto, e abbiamo commesso il secondo errore: prendere un caffè alla buvette. Il costo dei sette grammi di espresso è infatti di 2.10 €. Sì, non ho fatto un errore di trascrizione: dueeuroedieci per un caffè, alla faccia del markup. Roba da mettere qualche bomba. Ma già tutto il sistema secondo me è sbagliato: piuttosto che obbligare a pagare una commissione di prevendita (10% al botteghino, addirittura il 20% via Internet) occorrerebbe partire con il prezzo più alto, e al limite fare le offerte LastMinute nel caso avanzino dei posti all’ultimo momento.
Alla fine ci siamo infilati nel nostro posto in piccionaia, seconda galleria, cinquanta metri dal palco. A onor del vero, la visuale è ottima, e anche le poltroncine erano, anche se al pelo, a una distanza relativa sufficiente per le mie povere gambe. Il display sulla poltroncina è molto comodo, e permette in genere di comprendere quanto i cantanti stanno pronunciando: si sa che l’opera non è esattamente nata come lezioni di dizione.
Due parole sull’opera in sé: Rossini è sicuramente divertente, e il bell’allestimento ha accentuato il concetto di opera “buffa”, con delle scenette divertenti tra i protagonisti. I protagonisti sono generalmente convincenti, tranne a mio parere Mustafà, troppo debole di voce: cosa peggiorata dal fatto che sembra che l’acustica sia stata malcalcolata, e il forte dell’orchestra tende a coprire le voci dei cantanti, peccato mortale.
Noticina finale di colore: mentre tornavamo alla macchina, abbiamo sentito una tipa sulla cinquantina urlare al telefonino alla su’ mamma e comunicarle che “era già finito”, e ora lei “era sul bus che però non partiva ancora!”. Forse la voce non era ben impostata, ma a mio parere poteva forse sovrastare l’orchestra.

Inizia il trasloco

Ieri io e Anna abbiamo cominciato a fare i primi scatoloni. Principalmente la raccolta di Linus. Sarà dura.