Ai tempi della privatizzazione Telecom, sfruttai il mio TFR (e un po’ di soldi che
avevo) e comprai tremila azioni. Poi non le ho più toccate: non l’ho fatto (ohi me tapino) quando erano arrivate a venti euro, non mi metto a farlo adesso.
Il guaio è che a quanto sembra le azioni sono come i conigli: figliano. Prima mi sono trovato trecento azioni di bonus share. Poi hanno quotato in borsa Seat PG, e mi hanno dato non so come una cinquantina di azioni. Adesso, con la fusione tra Telecom e Olivetti, e lo scorporo di Telecom Italia Media, ho scoperto di avere 10.892 azioni “nuova Telecom” (e già questo mi sembra una sòla, visto il rapporto di cambio), oltre a 109,92 euro in azioni “nuova SeatPG” e 13,81 euro in azioni Telecom Italia Media.
Ma c’è di più. Il numero di azioni che ho per queste due società è rispettivamente di 133,4 e 50,6. Ma che vuol dire, zerovirgolasei azioni?
stili di blog
Io e Luciano (o Luciano?) abbiamo avuto una simpatica discussione sullo stile di blog.
Non posso che concordare sul fatto che tutto quello che scrivo qua è filtrato: ma chi mi conosce sa benissimo che io filtro sempre tutto, quindi non c’è nulla di strano. Resta da dire che se riuscissi a fare qualcosa di non filtrato non lo pubblicherei mai, quindi non c’è problema pratico. Inoltre, perché dover separare le cose?
quanto costa telefonare…
Stavo dando un’occhiata alle proposte di servizi strani per telefonini, e ho scoperto che se hai Vodafone AlterEgo e passi da un numero all’altro paghi (quindici centesimi, ma non è quello il punto). Similmente, se vuoi una doppia SIM da lasciare ad esempio in macchina, paghi (due euro al mese dalla ricaricabile, tre dall’abbonamento). Notate che il costo marginale è nullo.
Tim è un po’ più furba. Fa pagare il suo 2in1 dieci euro l’anno sulla ricaricabile, ma nulla sull’abbonamento. In compenso, il servizio TwinCard lo paghi 3 euro più iva, e a quanto sembra vale solo per i contratti aziendali. Wind: non pervenuta.
Come sempre, a prendere soldi sono tutti bravissimi!
non querelare invano
Ho appena scoperto, grazie al Barbiere della Sera, che se una persona A querela un’altra persona B, non può ritirare la querela, senza che B dia il proprio consenso.
Di per sé non è una cosa così stupida, se uno ci pensa un attimo.
mai lasciare il posto
Major Happy’s Up And Coming Once Upon A Good Time Band
È il titolo del brano di apertura di Archeology, dei Rutles (ah, sabato ci sarà finalmente la prima del film Can’t Buy Me Lunch!
Me lo sono messo a pieno volume in cuffia, e mi è venuta voglia di suonarla live con qualcuno, in fin dei conti è un perfetto brano di apertura per un concerto…
Chissà dove ho lasciato gli accordi che avevo tirato giù.
Don Giovanni (opera)
Tra le molteplici attività culturali proposte in questi giorni nella Riviera di Levante, ho saltato la gara di enigmistica e mi sono perso il concerto per i settant’anni di Bruno Lauzi (8 agosto a Sestri), ma non sono mancato alla rappresentazione del Don Giovanni di Mozart che si è tenuta a Varese Ligure.
Cominciamo dall’inizio. Varese Ligure non è il posto dove Bossi va al mare, ma un paesino sulle montagne spezzine, che presumibilmente prende il nome dalla val di Vara. Paesino tra l’altro molto carino, e anche certificato ISO14000. Non chiedetemi cosa significa, l’ho solo trovato scritto. La zona comunque deve avere un tasso di umorismo topografico mica male: a un certo punto c’era un cartello stradale che proponeva Varese andando dritto, e … Cesena svoltando a destra.
Purtroppo siamo arrivati tardi, e non abbiamo avuto il tempo di darci più che un’occhiata di sfuggita: ci siamo infatti subito fiondati al ristorante Gli Amici dove avevamo prenotato cena. Porzioni generose e prezzi modici: primo secondo caffè, con un litro di bianco sfuso, è costato in tutto a me, Anna e ai suoi 63 euro. Tra l’altro, mi pare che una camera doppia costasse sui 43 euro, anche se al momento sembravano tutte occupate da ospiti con un’età media sugli ottant’anni.
A pancia riempita ci siamo avvicinati al luogo dove si teneva l’opera (costo: 17 euro a testa, comode prenotazioni via internet, posti assegnati). Il bello è che la rappresentazione è all’aperto, in una piazzetta in un lato della quale è stato ricavato il palcoscenico. L’ambiente è davvero suggestivo, oltre che un po’ divertente perché i vecchi che hanno le case che danno sulla piazza e sbirciavano lo spettacolo mi ricordavano tanto i due vecchietti del Muppet Show.
La piazza non è poi così grande, anche se tiene 350 posti: non c’era quindi l’orchestra ad accompagnarla, ma un pianista, un ragazzino che avrà dimostrato sì e no diciott’anni e che è resistito fino alla fine, anche se in alcuni punti mi sembrava che facesse una semplice approssimazione della partitura. Il regista/direttore di orchesta si sbracciava a guidare attori e musicista, ma non so chi lo seguisse davvero.
Intendiamoci: non è che la qualità sia stata eccelsa. I cantanti erano volonterosi, ma non avevano una voce né bella né potente; non parliamo delle voci femminili, che gorgheggiavano in maniera da non farmi capire nulla. E’ vero però che questo temo sia la cosa normale nell’opera. Faccio però una menzione onorevole per il protagonista (“l’unico personaggio simpatico di tutta la storia, e Da Ponte lo fa morire!” ha commentato Anna), che probabilmente è un tipo che vuol far carriera, ma non era male. Divertente poi il fuoriprogramma: verso la fine del primo atto, è saltata la luce. La rappresentazione è andata avanti per un minuto buono, col pianista che suonava al buio e soprattutto quei poveri attori (era una scena piena di gente!) che non so come non si pestassero i piedi. Alla fine si sono dovuti fermare in attesa che il guasto venisse riparato: quando tutto era a posto e bisognava decidere da dove ricominciare, il regista era dubbioso, e il Don Giovanni ha allora sguainato la spada, gliel’ha puntata contro, e ha pronunciato solo due parole: “dal minuetto”. E’ così che si fa!
Dimenticavo il volontariato: oltre all’organizzazione, anche le comparse nell’opera erano certamente abitanti del luogo, che penso si divertano come matti nei bei costumi che sono stati approntati. D’altra parte, questo è il sedicesimo anno in cui viene tenuta una rappresentazione, anche se sembra comincino ad esserci due fazioni distinte tanto che a luglio è stata pagata l’orchestra del Carlo Felice di Genova.
L’altra faccia della medaglia è stato il ritardo nell’inizio: dalle 21 teoriche abbiamo ascoltato l’introduzione alle 21:45, e complice l’interruzione imprevista e il lungo intervallo l’opera è terminata all’una. Non siamo stati a sentire se ci sarebbe stato qualche bis.
Monoserie
Il comune di Chiavari ha le sue belle peculiarità nel campo della segnaletica stradale. Passi la toponomastica: in fin dei conti ci sono tante città con vie dedicate a XY di professione “benefattore”, e sono sicuro che se cerco un po’ scoprirò anche cosa diavolo è un “protomedico”. Sì, c’è una “piazza Paolo Costa” che ai miei occhi sembra una via nemmeno troppo larga tra due traverse, ma che diamine: siamo in Liguria e gli spazi sono quel che sono.
Però il cartello che ho visto ieri sera con Anna supera la mia fantasia. Era un segnale di dosso, con scritta sottostante SERIE DI 1 DISSUASORE. Effettivamente c’era un solo dosso artificiale, quindi il cartello indicava la quantità corretta. Ma una serie con un solo elemento, lasciatemi lo stupido gioco di parole, mi sembra davvero poco seria. Epperò il mio senso matematico ha subito pensato alla logica estensione: un cartello indicante una serie di zero dissuasori. L’automobilista lo vede, rallenta per istinto, ma non si rovina le sospensioni perchè come ovvio non c’è nessun dosso. Potrei proporlo a Lunardi?