Ho iniziato a lavorare esattamente diciotto anni fa. Insomma, ventidue anni alla pensione, se tutto va bene (improbabile).
Elezioni USA
Oggi è il gran giorno. E non dite che noi non c’entriamo un tubo con quello che votano gli USA: magari fosse così.
Invito caldamente chi vuole capire un po’ meglio come diavolo funziona il sistema elettorale americano, che il Mattarellum in confronto è un esempio di semplicità, a leggere questo post di Alessio.
Il mio giudizio? Credo che alla fine vincerà Bush con le buone o le cattive, il che mi preoccupa non tanto perché io creda che Kerry sia chissà cosa (anzi), ma perché io ho paura di chiunque dica che fa le cose “perché Dio gliel’ha detto”.
solidarietà coatta
Così, in mancanza di Bossi, tocca al suo delfino e sostituto Calderoli “trovare la quadra” per definire le aliquote Irpef. Non ci saranno tre aliquote come chiede Silvio, ma nemmeno quattro come vuole AN. Avremo le aliquote del 23, 33 e 39%, e in più un “contributo di solidarietà” del 3% per i redditi sopra i 100000 euro. O almeno è quello che hanno detto ieri sera: si sa che la politica in generale e quella italiana in particolare cambia idea ogni giorno.
Premesso che la cosa non mi tange direttamente, nel senso che non mi avvicino nemmeno col binocolo a quel reddito, posso dire che mi sto rompendo le palle di questa sottospecie di solidarietà obbligata? Non per il dovere pagare, ma per il modo in cui è proposta.
L’archetipo di tutto sono stati gli aumenti della benzina, ma oramai si trova di tutto. Ad esempio, nella mia busta paga trovo una voce “INPS C.I.G. STR.”: uno 0.30% che è appunto un “contributo di solidarietà” sulla parte più alta del mio stipendio.
Si vuole dire che è giusto che chi guadagna di più contribuisca a pagare uno stipendio a chi va male? Mi può anche stare bene – ma spero che anche le aziende paghino la loro quota! – però dite che la percentuale di trattenuta FPLD è tot percento fino a X euro, e totaltro oltre. Oppure datemi la possibilità di esprimere a chi andrà la mia solidarietà, senza prendermi in giro. Altrimenti, andremo a finre che ci sarà un contributo di solidarietà sull’aria che respiriamo, per i poveretti come me che vivono a Milano…
Enigmi geniali
Librettino ultratascabile (Ennio Peres, Enigmi geniali, L’Airone editrice, pag. 128, € 6, ISBN 88-7944-702-5) con duecento problemini in pillole. Molti di essi hanno una soluzione di quelle che ti fa venire voglia di andare a prendere l’autore per il collo: ma generalmente bisogna dire che ti costringono a smetterla di pensare per schemi, il che è sempre una cosa utile a questo mondo. Non mettiamoci però a parlare di “pensiero laterale”, occhei?
Come sempre, bisognerebbe poi evitare l’effetto ciliegia, e centellinarsi i problemi.
Ghiaccio (teatro)
Solo quattro giorni in tabellone per questo monologo con accompagnamento musicale, sottotitolo “La leggendaria spedizione di Shackleton al Polo Sud”, scritto e recitato da Massimiliano Cividati con Gennaro Scarpato alle percussioni e Andrea Zani al pianoforte.
Il luogo è stato il TeatroBlu in via Cagliero 26: un esempio di quella che una volta veniva chiamata “sala parrocchiale” che ha avuto una trasformazione completa, e che non ha nulla da invidiare alle altre sale milanesi: piccina – direi 150 posti, ma raccolta e con un bel palco, e una stagione polposa. Da buoni cattocomunisti, sono anche associati al Teatro della Cooperativa, oltre che al Verdi…
Ma torniamo alla storia: il monologo racconta della spedizione di Shackleton del 1914 che avrebbe dovuto attraversare a piedi l’Antartide passando per il Polo Sud, e che per una serie di circostanze non è nemmeno riuscita a iniziare il percorso: il tutto rimanendo per quasi due anni bloccata tra i ghiacci, eppure senza nessuna perdita umana. L’allestimento è ovviamente minimale, con un accompagnamento musicale è molto piacevole, come anche la recitazione. Credo però che la sceneggiatura dovrebbe essere limata un po’, soprattutto per evitare le ripetizioni che ci sono, o perlomeno farle entrare a pieno titolo nella storia – pensate al piano B preparato da Shackleton, e poi al piano C, al piano D, al piano E…
Nota: a un certo punto il racconto ci porta a Campo Attesa, e rimane tutto fermo e silenzioso per un minuto. A metà, si sente squillare il telefonino di un’idiota. Sono certo che fosse un’idiota, visto che la tipa ha perfino risposto dicendo “dove sei?”.
Ora legale
Abbiamo poche certezze nella vita. Una di queste, almeno negli ultimi anni, è che l’ultima domenica di marzo scatta l’ora legale, e che l’ultima domenica d’ottobre scatta l’ora solare. Sì: “scatta”. Nemmeno fosse uno sprinter: eppure tutti i giornali mettono il loro bravo disegnino in prima pagina il giorno prima come avviso e il giorno dopo come memento, e credono così di essersi tacitati la coscienza al riguardo. Al limite, se proprio c’è bisogno di una notizia leggera per riempire una pagina, si limitano al solito articoletto che racconta di un qualche gruppetto di persone contrario a questo abominio, che modifica artificialmente i nostri ritmi di sonno e veglia.
Ma fossero solo questi i problemi! L’ora legale è davvero una iattura per l’economia italiana, e questo è facilmente dimostrabile. Iniziamo a pensare all’operazione che siamo costretti a fare due volte l’anno: aggiustare i nostri orologi. Avete mai notato quanti segnatempo ormai abbiamo? Un orologio da polso, tranne chi preferisce indossarne uno diverso a seconda del giorno; una sveglia, o due per chi ha il sonno pesante; magari un orologio da muro o una bella pendola. Ma non è mica finita qui! Il videoregistratore ha generalmente un orologio incorporato, l’automobile pure, a casa mia il forno tiene il suo bell’orologio, per non parlare dei telefonini. Perdinci, il mio ciclocomputer segna l’ora! Un poveretto ci mette in media una settimana a scovare tutti gli orologi per casa e dintorni. Quando va bene, poi, l’orologio ha un pulsantino che ti aggiunge o toglie direttamente i sessanta minuti voluti, ma a questo punto ti devi ricordare qual è il pulsante, e il tempo lo perdi lo stesso. In autunno la cosa è ancora peggiore, perché le lancette devono essere portate indietro. Non so se avete notato che sempre più orologi possono solo essere portati in avanti. Questo significa undici o addirittura ventitré ore di lento scorrere delle lancette o di numerini sul display che si succedono, con il timore di superare l’ora corretta e dovere ricominciare da capo.
Per il resto? Per chi non lo sapesse, i contratti di lavoro tendono a scrivere che i turnisti che lavorano anche la notte debbono fare entrambi i turni di fine marzo e fine ottobre, così le ore lavorate si pareggiano. Peccato che questo non possa ad esempio farsi con i treni notturni. Passi in primavera, quando si beccano un’ora di ritardo che tanto non è poi così fuori dalla norma. Ma il ritorno all’ora solare è una tragedia. Questi poveri treni si devono fermare per un’ora da qualche parte – si spera in una stazione – per rientrare in orario, proprio il giorno in cui magari erano tutti belli pimpanti e in orario. Una vergogna.
La mia modesta proposta è di avere un’ora legale soft: l’ultima settimana di marzo si tolgono dieci minuti al giorno, e l’ultima di ottobre li si aggiunge. A questo punto gli orologi li dobbiamo cambiare tutti (e l’economia riparte!) e nessuno si preoccuperebbe più…
Ci avevo quasi azzeccato
Dieci giorni fa da Mantellini avevo commentato che se Bush aveva già catturato Bin Laden, l’avrebbe rivelato il 29 ottobre. Non ce l’aveva. Però…
Lo confesso, è colpa mia
Ieri mi sono accorto che nel marciapiede – finalmente rifatto – sotto casa mia hanno messo i paletti per impedire alle auto di parcheggiarci sopra, rendendo l’ingresso al nostro box un simpatico esercizio di quelli “come trovare l’unica posizione per fare uscire il pezzo colorato dalla cornice, lasciandoci dentro gli altri”. I paletti nel resto della strada erano stati messi da un paio di settimane, da noi no.
Bene. La settimana scorsa avevo scritto un’email al comune di Milano chiedendo lumi. Mi hanno risposto dopo un paio di giorni dicendo che avrebbero passato la segnalazione, e in effetti hanno fatto tutto. Tanto di cappello. L’unica cosa che mi è dispiaciuta è che non abbiano seguito il mio suggerimento: non mettere i paletti ma gli archetti, così chi ha il motorino (ce ne sono almeno un paio qui sotto, mi pare di singalesi) avrebbe potuto legarlo.