Il caos e le code in autostrada

Alcuni giorni fa Slashdot segnalava questo articolo che spiegava come si possono formare le code in autostrada anche senza che sia capitato nessun incidente. La risposta è molto semplice: se il traffico è molto intenso, basta un idiota che cambi corsia costringendo quello dietro di lui a frenare per non tamponarlo, e la reazione a catena creerà una coda che potrebbe diventare lunga vari chilometri.
Oltre che pensare che togliere a certa gente la patente potrebbe servire a migliorare almeno un po’ la situazione della nostra rete autostradale, provo a rispondere a DElyMyth che si chiede perché uno deve farsi tante pippe mentali. A parte che c’è gente che si diverte a farsi queste pippe qua – se qualcuno vuole, vado a riesumare un articolo di quindici anni fa di A.K.Dewdney che su Algorithm aveva descritto una simulazione di autostrada a due corsie – lo studio dei sistemi in condizioni limite può essere utilizzato in altri ambiti, e un sistema essenzialmente monodimensionale come quello di un’autostrada è il più semplice da trattare. L’unico vero guaio di questi sistemi caotici è che non si può dare una loro trattazione, ma solo una metatrattazione, nel senso che si può dire quando vanno nel caos ma non quanto durerà: ma noi matematici siamo sempre bravi a farci le pippe mentali, no?

_Storia d’Italia al rovescio (2006-2001)_ (libro)

[copertina]
È un peccato che Leonardo abbia un blog. Se avesse una rubrica periodica su un quotidiano, avrebbe molti più lettori, e se li meriterebbe tutti, perché come commentatore politico – di parte, ça va sans dire – è davvero imbattibile, a differenza di quando si dedica al racconto: 2025 non era il massimo.
Ma qui (Leonardo, Storia d’Italia al rovescio (2006-2001), Scrittomisto, Unwired Media, 2006, pag. 90, € 6.5, ISBN 8860840228) abbiamo una selezione dei migliori articoli… ehm, post del nostro, che ci permettono di riportare alla mente quanto successo negli ultimi anni e di rivederlo con una doppia lente: quella del tempo passato che ci permette di vedere tutto in un contesto più ampio, e quella di Leonardo, che si diverte a spostare il punto di vista per sconcertare il lettore. Quando ad esempio parla della Sura della Genesi, sono certo che a qualcuno verrà un colpo!
Vale insomma la pena di comprarlo anche se si è già letto tutto online a suo tempo come ad esempio aveva fatto il sottoscritto, e nonostante qualche refuso che è scappato. E nella peggiore delle ipotesi, lo si legge in fretta…

desaparecido

Ieri per caso mi è capitato di passare sulla voce di Wikipedia dedicata a Pietro Longo, e di notare che non era indicata la data di nascita. Bene, faccio io, mi metto a fare una ricerchina con Google e la trovo subito. Sbagliato: nonostante io sia piuttosto bravo nelle ricerche, non ho trovato nulla. (Per i curiosi: la notte porta consiglio, e stamattina ho fatto una ricerca mirata sul sito della Camera). I vecchietti come me dovrebbero ricordarsi bene come il faccione di Longo comparisse in mille vignette satiriche. Adesso, nulla, se non rumore di fondo (al limite, la sua presenza nelle liste P2). Come cambia il vento…

Altro che il MLBN!

Forse avete sentito parlare del Movimento per la Liberazione dei Babbo Natale, che in questi giorni ha colpito nel bergamasco. Noi non si fa nulla del genere, ma vorrei far notare come la professione dello scalatore che ha sostituito quella dell’arrampicatore giù per i camini – del resto dice Formigoni che non li si può usare, e allora che si vuole? – può presentare dei gravi rischi. Guardate qua! (via Porro Lambertenghi a Milano, per i curiosi). Spero ardentemente che siano assicurati presso l’INAIL.
(ps: diamo ad Anna quel che è di Anna. Io non me n’ero nemmeno accorto… è stata lei a farmi notare l'”incidente”)

indovina la citazione

«[È] politicamente e moralmente scorretto addebitare ai governi precedenti le colpe e le responsabilità delle proprie azioni».
«Il Governo è pienamente consapevole della difficoltà […] per lo stato dei conti pubblici ereditato dal precedente esecutivo».
(aiutini: 1, 2)

pensioni

Sfruttando i riflessi più lenti degli italiani dovuti ai cenoni del periodo natalizio, si torna a parlare di riforma delle pensioni. La storia ormai si trascina direi dal 1994, quando il governo Berlusconi I cadde soprattutto per questa ragione e Dini l’anno dopo fece una riforma praticamente identica. Essendo Silvio una persona che sa imparare dai propri errori, nella scorsa legislatura inventò lo “scalone” (di colpo ci sarebbero voluti tre anni in più per andare in pensione di anzianità), ma molto opportunamente lo fece partire nel 2008, per la serie “nascondiamo la polvere sotto il tappeto”. Un’altra piccola dimenticanza del precedente governo è stata l’attuazione della legge Dini: nel 2005 si sarebbero dovuti ricalcolare i coefficienti della pensione, per adeguarli all’attuale speranza di vita.
Prima del pippone vero e proprio, ecco un bignamino per non perdervi:
pensione di anzianità: è quella che si ha quando si è raggiunto un certo numero di anni di contributi. Una volta era indipendente dall’età anagrafica, ora bisogna comunque avere una certa età.
pensione di vecchiaia: è quella che si ha quando si raggiunge l’età pensionabile: attualmente 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, tranne in casi particolari.
metodo retributivo: il calcolo della pensione viene fatto considerando una percentuale fissa per ogni anno lavorato, e calcolata sulla media dello stipendio degli ultimi 10 anni per i lavoratori dipendenti e 15 per gli autonomi (una volta era l’ultimo anno). Vale solo per chi a fine 1995 aveva già 18 anni di contributi.
metodo contributivo: la pensione si calcola a partire dai contributi pagati negli anni e rivalutati secondo il prodotto lordo, e dall’aspettativa di vita che si ha quando si va in pensione. Vale per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995.
metodo misto: vale per tutti gli altri. Per i contributi fino al 1995, si applica il metodo retributivo; per i successivi, il contributico.
Bene. Ora si può partire.
Innanzitutto faccio notare come le riforme del sistema pensionistico siano sempre state osteggiate, per una ragione molto banale: si paga oggi per qualcosa che forse avremo tra un bel po’ di anni. Questo porta appunto all’impossibilità pratica di avere una vera riforma organica, sostituita da una serie di aggiustamenti che alla fine rendono la gente ancora più ostile. Guardando la cosa da fuori, è chiaro che il metodo retributivo può funzionare solamente se il numero di lavoratori aumenta esponenzialmente, oppure se i contributi pagati crescono enormemente rispetto allo stipendio: due condizioni ovviamente irrealizzabili. Di per sé, sarebbe stato più corretto che con la riforma Dini tutti i lavoratori, anche quelli con più di 18 anni di contributi, avessero il metodo pensionistico misto: si sarebbero mantenuti i diritti del passato facendo una vera svolta. Naturalmente questo non è stato fatto, per evitare rivoluzioni di piazza (gli iscritti al sindacato, quando non sono pensionati, sono lavoratori di una certa anzianità…) Lo stesso per i contributi agli autonomi, le cui percentuali crescono molto lentamente: voglio vedere cosa succederà quando loro andranno in pensione, il che capiterà probabilmente quando ci andrò anche io.
Assodato che il metodo contributivo è il più corretto, resta il problema di quando uno può andare in pensione, e con quanti soldi. Come ho scritto prima, se i conti si fanno calcolando statisticamente l’aspettativa di vita, uno dovrebbe potere andare in pensione quando vuole: più è giovane e meno prenderà, a parità di contributi versati. Però se l’aspettativa di vita si allunga in generale, è logico che la pensione si abbassi, oppure si debba lavorare di più. Non che questo valga per chi andrà in pensione in questi anni, però: sono tutti con metodo retributivo.
Resta infine il terzo punto: se è corretto che tutti si vada in pensione alla stessa età. Sono perfettamente d’accordo che un operaio che fa i turni fa molta più fatica di me, e quindi sarebbe giusto che andasse in pensione prima. Basta però che le cose si dicano chiaramente: esattamente come esistono le pensioni sociali, cioè soldi che lo Stato prende dalle tasse di tutti per darli a chi per una ragione o per l’altra non ha dato contributi, si può stabilire che lo Stato (cioè noi, ripeto ancora una volta) metta dei contributi figurativi a chi fa certi lavori, in modo che il montante su cui si calcola la pensione aumenti rispetto a quanto effettivamente pagato. A questo punto, uno può andare in pensione prima perché avrebbe comunque una pensione più alta. Peccato che – tanto per cambiare – nessuno avrà mai il coraggio di dire esplicitamente questa cosa, e nella migliore delle ipotesi si nasconderà tutto dentro il calderone INPS, senza fare alcuna distinzione tra i soldi messi dai lavoratori per la propria pensione e quelli dello Stato.
Bon, per il momento basta pippone. Potrei fare come Marcorè/Gasparri: “l’hai letto tutto? sì? allora me lo spieghi un po’?”