scherzi meteorologici

Ieri, che eravamo in casa e non avevamo nulla di particolare da fare, il tempo a Milano era schifido come il solito, e forse anche un po’ di più: c’era un misto tra nebbiolina e pioggerellina, e sicuramente una quantità di umidità e freddo che non finiva più.
Oggi il cielo è terso – sì, può capitare anche a Milano, anche se non è così comune – e quando sono uscito per pranzare il termometro segnava 13 gradi. Umpfh.
(E mi sa tanto che adesso che facciamo il weekend lungo a Berlino le giornate colà saranno più come quella di ieri)

Giù per il tubo (film)

Alla fine ci siamo passati san Silvestro al cinema, a vedere questa joint venture tra la Dreamworks e la Aardman (per l’inclita, quelli che hanno fatto la saga di Wallace and Gromit e Galline in fuga). Essendo un film di animazione, Giù per il tubo (in originale, “Flushed away”) ha la sua dose di famigliole con bambini, che presumo si siano divertiti: io mi sono scompisciato dalle risa, ma completamente fuori sincronia con loro. D’altra parte, la storia si dipana in maniera assolutamente prevedibile, con il topo di compagnia Roddy che viene buttato giù dalla sua casa di Kensington e finisce in una Londra sotterranea ricostruita dai topi “di sotto” riciclando tutto quanto arriva nelle fogne, e dopo una serie di avventure conquisterà l’amore di Rita. Quello che è favoloso, a parte la qualità dell’animazione, è la quantità di riferimenti a film di tutti i generi, buttati lì come nulla fosse. Il mio preferito è quello con i due lumaconi (i lumaconi sono il leit-motiv di tutto il film, tra l’altro) che ripetono la scena di Lilli e il vagabondo mentre mangiano gli spaghetti, con un risultato finale un po’ diverso: il tutto lasciato come sfondo alla scena principale, tanto per dare l’idea di come gli animatori hanno lavorato.
Ultima nota: i titoli di coda non finiscono più, da quanta gente è stata impegnata nella produzione. E a guardare i cognomi si vede davvero la globalizzazione: non solo i “banali” americani, ebraici, ispanici, giapponesi ma anche coreani e uno indubbiamente arabo. Almeno qua vanno d’accordo…

Misure ambientali

Stamattina, entrando in ufficio, mi sono visto qua e là dei dischetti marcati Telecom con un foglio allegato che diceva “Misure ambientali in corso – pellicola sensibile: si prega di non toccare”. Essendo io una persona molto curiosa, anche se non ho toccato mi sono subito attivato alla scoperta di che diavolo fossero: telefono così al mio amico Danilo che in Telecom queste cose le fa per lavoro, e scopro l’arcano. Telecom, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, sta facendo una ricerca sui livelli di radon presenti nelle sue sedi. Ha iniziato due anni fa con i seminterrati, dove in genere il gas si concentra, e adesso sta terminando con una serie di posti a campione, tra cui a quanto sembra la nostra fortunata sede. I simpatici dischetti faranno parte dell’arredo del nostro open space per un anno, passato il quale verranno tolti per effettuare le misurazioni vere e proprie.
Inutile: la mia azienda mi stupisce ogni volta di più!

Videata in allestimento

Stasera sono passato in piazza Einaudi davanti al negozio TIM. C’erano delle vetrinette con un po’ di telefonini e un display LCD di quelli da 7 pollici: il display era bianco, con una scritta in nero “VIDEATA / IN ALLESTIMENTO”. Purtroppo la scelta dei colori e il fatto che fosse buio fuori mi ha impedito di preparare una documentazione fotografica, e quindi dovete fidarvi. Certo che i miei colleghi hanno delle idee un po’ strane!

bicicletta nuova, ciclocomputer kaputt

Anna mi ha regalato per Natale una bellissima city bike, visto che la mia vecchia bicicletta stava perdendo i pezzi. Ieri mi sono messo di buzzo buono a metterci su tutti gli ammenicoli vari, più o meno l’equivalente delle cose penzolanti su un’automobile. Nessun problema con i fanalini davanti e dietro, ho ancora dei dubbi sul generatore di messaggi che ho riciclato dall’altra bicicletta – ma tanto non sono mai riuscito a farlo funzionare. Il problema è stato con il ciclocomputer. Considerando che quello della vecchia bici era tenuto con lo scotch (non scherzo) e che da un annetto me ne ero comprato al Lidl uno nuovo ultramegagalattico che ti fa anche da termometro e non ricordo cos’altro, ho preso il nuovo e ho iniziato a collegarlo. Come del resto il vecchio ciclocomputer, è un modello senza fili: basta quindi mettere magnete e sensore sulla forcella e il computer vero e proprio sul manubrio. Piazzo tutto, accendo il computer, lo regolo, e provo a fare un giro: il tachimetro resta inesorabilmente sullo zero. Ricontrollo tutto: nulla di strano.
Faccio un’ultima prova avvicinando il vecchio computer alla ruota e facendola girare: segna tranquillo e beato la velocità. È vero che quello era un po’ una puttana e si azionava per un nonnulla, ma sicuramente questo significa che il lavoro meccanico l’ho fatto bene. Ciliegina sulla torta, il vecchio computer è leggermente più largo di quello nuovo, quindi non potrei nemmeno dire “vabbè, metto quello vecchio e via” perché non entra nelle guide.
Qualcuno ha un’idea migliore di andarmene a comprare uno nuovo e usare quello vecchio come frisbee?

Merluzzo Felice (ristorante)

Ieri sera siamo andati a cenare in questo ristorante (via Lazzaro Papi 6, zona Porta Romana a Milano): cucina siciliana, ambiente molto raccolto (ci saranno sì e no trenta coperti). Punti a favore: si mangia bene, soprattutto per chi ama il pesce; e il prezzo è onesto, considerando appunto che il pesce è sempre caro. In quattro abbiamo speso 122 euro, con una bottiglia di buon vino. Punti a sfavore: il servizio è un po’ approssimativo. Non ho detto “pessimo”: le due signore ai tavoli si fanno in quattro. Però non è possibile che si dimentichino di far preparare il mio piatto di pasta, mentre i miei commensali stavano mangiando amabilmente, e non venga loro nemmeno in mente di chiedere se andava tutto bene. Né è possibile che siamo riusciti a stare due ore abbondanti senza nessuno che abbia ordinato dolci, caffè o simili…

Saddam

Io sono già in genere contrario alla pena di morte: è molto peggio un ergastolo in carcere duro.
Ma l’impiccagione di Saddam Hussein, anche dal punto di vista di un giustizialista, lascia l’amaro in bocca. È stato infatti condannato per una serie per così dire “minore” di omicidi di cui è stato il mandante: il vero grande processo che lo vedeva imputato, quello sul genocidio dei curdi, finisce così che se l’è sfangato, come direbbe Paolo Guzzanti. D’altra parte era tutto scritto fin dal principio: non avrebbero mai consegnato Saddam al Tribunale Internazionale, visto che (a) gli USA non lo riconoscono – e sappiamo che anche se formalmente è il governo iracheno ad averlo giudicato e condannato, nella migliore delle ipotesi l’hanno fatto per captatio benevolentiae – e soprattutto che (b) l’Aia non dà pene di morte.
Non so se Saddam diventerà un martire: penso comunque di no. Ma non penso nemmeno che si possa dire “giustizia è fatta”.