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Bach, il musicista teologo

Prima di leggere la recensione, ricordate che la casa editrice del libro (autore Gianni Long, ISBN 88-7016-034-3, 19.63 € ), la Claudiana, è di ispirazione religiosa evangelica: protestante, se il termine non vi dice nulla. E’ vero che il titolo dovrebbe mettervi in guardia, ma è meglio avvisare subito gli allergici alla religione.
Il libro è diviso in due parti: una biografia del sommo Giovanni Seb., e un’analisi musico-liturgica delle sue principali opere. A me è piaciuta molto la parte biografica, che non si è limitata agli aneddoti più o meno conosciuti ma ha cercato di mettere in relazione Bach con il suo mondo contemporaneo. In certi casi l’autore esagera nel suo fare apparire tutte le sue azioni come legate alla sua fede luterana: è interessante però scoprire la ragione di alcuni pezzi sacri cattolici, come la messa in si minore oppure le cantate per feste della Madonna: anche le relazioni tra le varoe confessioni cristiane sono ben rappresentate.
Più disuguale la seconda parte. Le due Passioni sono ben trattate, mostrando anche le relazioni tra i vari brani e cercando di spiegare la ragione di quelle che sembrano a prima vista ripetizioni; andando oltre, soprattutto sulle Cantate scelte per la disanima, mi pare che l’autore si fosse un po’ stufato, e stesse tirando via. L’appendice è più che altro un manifesto evangelico, che forse poteva essere evitato o almeno sviluppato in maniera diversa.
Insomma, un libro interessante per chi ama la storia e la musica, ma probabilmente non indispensabile.

Ultimo aggiornamento: 2003-09-08 14:54

Cyberiade

Questo libro di racconti di Stanislaw Lem (Marcos & Marcos, ISBN 88-7168-360-9, 15 €) racconta le imprese di due “costruttori”, Trurl e Klapaucius, che si scopre essere essi stessi delle macchine (senzienti) solo dopo avere letto qualche storia. Memorabile l’incipit del primo racconto: “Un giorno Trurl il costruttore montò una macchina in grado di creare tutto quello che cominciava per N”.
C’è chi potrebbe lamentarsi dell’uniformità delle storie; io personalmente le ho trovate gustosissime, sempre a mezzo tra il filo del paradosso e una cinica analisi del nostro mondo, appena nascosto sotto il velo dei racconti. Come spesso capita, è più semplice sfruttare ambientazioni esotiche per dire cose di casa nostra.
Infine, una menzione particolare per il traduttore, Riccardo Valla. Il libro è costellato di allitterazioni, giochi di parole, particolari lessici. Trovarseli nella versione italiana significa che il traduttore non si è limitato a lavorare con i piedi, ma ha fatto davvero un’opera da certosino. Bravo!

Ultimo aggiornamento: 2003-09-08 14:53

Riunione di condominio (film)

Il film che sono andato a vedere al Brera è stato per l’appunto Riunione di condominio. Sono stato intortato da Anna che mi ha detto ieri pomeriggio “dai, vieni con me e la Roberta a vedere questo film: è una commedia, non dovrebbe darti fastidio!” Solo ai titoli di testa, quando ormai ero bloccato lì, ha aggiunto “ah, mi ero scordato di dirti che è un film francese”.
Intendiamoci: non ho trovato il film brutto, anche se a mio parere i personaggi sono definiti con l’accetta. In compenso, l’ho trovato triste. Sì, c’erano delle battute simpatiche: ma il guaio è che ho partecipato ad abbastanza riunioni di condominio da non trovare affatto strane le situazioni rappresentate, e mi ci sentivo troppo in mezzo per riuscire davvero a divertirmi. Probabilmente una persona meno schematizzata del sottoscritto può divertirsi senza problemi, soprattutto se non si aspetta chissà cosa: perlomeno non rimpiangerà i soldi del biglietto, che oggi come oggi è già un risultato.

Ultimo aggiornamento: 2003-09-05 17:07

Sotto i cieli di Rino (disco)

Oggi dopo pranzo io e i due colleghi superstiti abbiamo girellato un po’ per MediaWorld e mi sono deciso a comprare il disco in ricordo di Rino Gaetano.
Una precisazione: io non sono un fan della prima ora, ma una dozzina di anni fa mi ero comperato una sua raccolta, in quel magico momento in cui le case discografiche avevano iniziato a mettere giù in CD i brani dei loro vecchi archivi, e li vendevano a poco prezzo. Poi si sono accorti che quelli erano i dischi più acquistati, e subito si sono affrettate a fare i “repackaging” che sono in pratica un modo per aumentare i loro guadagni.
Ciò detto, com’è questo disco? La confezione non è il massimo, niente note di copertina, né testi delle canzoni. Avranno detto che per 10.90 € non si può pretendere troppo. La scelta dei brani, a parte i successi, è abbastanza ampia: c’era parecchia roba che non conoscevo. Per chi non conosce lo stile di Rino, i testi sono molto peculiari, con delle rime che sembrano le prime parole ad essere venute fuori: “Gianna non credeva a canzoni o UFO / Gianna aveva un fiuto eccezionale per il tartufo”. Ma a sentirle meglio, le parole sono spesso usate per ridere, ma ancora più spesso per comunicare il suo pensiero. Una gioia.
Quello che grida vendetta al cospetto di Dio, e spero verrà severamente punito, è iniziare il disco con un “Molella Remix” di Ma il cielo è sempre più blu”. Non ho nulla di principio contro i remix, l’anno scorso avevo apprezzato Gino il Pollo che rifaceva Nuntereggae più. Ma questo unza-unza che mi sono trovato è una vera e propria schifezza, e non c’entra un tubo con lo stile musicale di Rino. E così manca anche la prima parte della canzone… Ma cosa importa, poi?

Ultimo aggiornamento: 2003-08-14 15:35

Don Giovanni (opera)

Tra le molteplici attività culturali proposte in questi giorni nella Riviera di Levante, ho saltato la gara di enigmistica e mi sono perso il concerto per i settant’anni di Bruno Lauzi (8 agosto a Sestri), ma non sono mancato alla rappresentazione del Don Giovanni di Mozart che si è tenuta a Varese Ligure.
Cominciamo dall’inizio. Varese Ligure non è il posto dove Bossi va al mare, ma un paesino sulle montagne spezzine, che presumibilmente prende il nome dalla val di Vara. Paesino tra l’altro molto carino, e anche certificato ISO14000. Non chiedetemi cosa significa, l’ho solo trovato scritto. La zona comunque deve avere un tasso di umorismo topografico mica male: a un certo punto c’era un cartello stradale che proponeva Varese andando dritto, e … Cesena svoltando a destra.
Purtroppo siamo arrivati tardi, e non abbiamo avuto il tempo di darci più che un’occhiata di sfuggita: ci siamo infatti subito fiondati al ristorante Gli Amici dove avevamo prenotato cena. Porzioni generose e prezzi modici: primo secondo caffè, con un litro di bianco sfuso, è costato in tutto a me, Anna e ai suoi 63 euro. Tra l’altro, mi pare che una camera doppia costasse sui 43 euro, anche se al momento sembravano tutte occupate da ospiti con un’età media sugli ottant’anni.
A pancia riempita ci siamo avvicinati al luogo dove si teneva l’opera (costo: 17 euro a testa, comode prenotazioni via internet, posti assegnati). Il bello è che la rappresentazione è all’aperto, in una piazzetta in un lato della quale è stato ricavato il palcoscenico. L’ambiente è davvero suggestivo, oltre che un po’ divertente perché i vecchi che hanno le case che danno sulla piazza e sbirciavano lo spettacolo mi ricordavano tanto i due vecchietti del Muppet Show.
La piazza non è poi così grande, anche se tiene 350 posti: non c’era quindi l’orchestra ad accompagnarla, ma un pianista, un ragazzino che avrà dimostrato sì e no diciott’anni e che è resistito fino alla fine, anche se in alcuni punti mi sembrava che facesse una semplice approssimazione della partitura. Il regista/direttore di orchesta si sbracciava a guidare attori e musicista, ma non so chi lo seguisse davvero.
Intendiamoci: non è che la qualità sia stata eccelsa. I cantanti erano volonterosi, ma non avevano una voce né bella né potente; non parliamo delle voci femminili, che gorgheggiavano in maniera da non farmi capire nulla. E’ vero però che questo temo sia la cosa normale nell’opera. Faccio però una menzione onorevole per il protagonista (“l’unico personaggio simpatico di tutta la storia, e Da Ponte lo fa morire!” ha commentato Anna), che probabilmente è un tipo che vuol far carriera, ma non era male. Divertente poi il fuoriprogramma: verso la fine del primo atto, è saltata la luce. La rappresentazione è andata avanti per un minuto buono, col pianista che suonava al buio e soprattutto quei poveri attori (era una scena piena di gente!) che non so come non si pestassero i piedi. Alla fine si sono dovuti fermare in attesa che il guasto venisse riparato: quando tutto era a posto e bisognava decidere da dove ricominciare, il regista era dubbioso, e il Don Giovanni ha allora sguainato la spada, gliel’ha puntata contro, e ha pronunciato solo due parole: “dal minuetto”. E’ così che si fa!
Dimenticavo il volontariato: oltre all’organizzazione, anche le comparse nell’opera erano certamente abitanti del luogo, che penso si divertano come matti nei bei costumi che sono stati approntati. D’altra parte, questo è il sedicesimo anno in cui viene tenuta una rappresentazione, anche se sembra comincino ad esserci due fazioni distinte tanto che a luglio è stata pagata l’orchestra del Carlo Felice di Genova.
L’altra faccia della medaglia è stato il ritardo nell’inizio: dalle 21 teoriche abbiamo ascoltato l’introduzione alle 21:45, e complice l’interruzione imprevista e il lungo intervallo l’opera è terminata all’una. Non siamo stati a sentire se ci sarebbe stato qualche bis.

Ultimo aggiornamento: 2003-08-10 23:55

Stupid white men (libro)

Stavolta recensisco un libro, che ho letto nell’edizione Penguin (ISBN: 0141011904). Amazon.co.uk, che a otto mesi dalla sua uscita lo tiene ancora in decima posizione – e ieri era nono! – lo vende a metà prezzo: per la cronaca io me lo sono preso alla Feltrinelli di piazza del Duomo.
Michael Moore ha il dente avvelenato contro il “Presidente” Giorgino Bush (le virgolette sono sue, il diminutivo mio) e parte da lì per darci tutti i suoi consigli su come si può migliorare il mondo: ad esempio, come risolvere il problema dell’Irlanda del Nord con un tubo per innaffiare. Molto interessante è l’introduzione aggiunta nell’edizione britannica, dove spiega che il libro era arrivato nei magazzini pronto per essere distribuito… il 10 settembre 2001. Quando si dice tempismo: per gli editori, il libro era diventato impubblicabile, “perché non più in linea con il pensiero del popolo americano”.
Quello che più mi è piaciuto del libro è il modo con cui vengono presentati i fatti. A prima vista si pensa che sia semplicemente una visione umoristica: poi si arriva in fondo e c’è un capitolo dove vengono indicate tutte le sorgenti da cui Moore ha tratto i suoi dati. Ecco. Perché in Italia non abbiamo nulla del genere? Forse Beppe Grillo potrebbe avvicinarvisi, ma lui fa spettacoli dal vivo, non scrive libri. Travaglio le informazioni le dà, ma non si può certo dire che lo stile sia leggero. E così le notizie continuano a stare nascoste…

Ultimo aggiornamento: 2003-07-30 10:14

match di improvvisazione teatrale

Venerdì sera esco dall’ufficio e vado verso via Francesco Lomonaco a Pavia, dove la sera avrei dovuto gareggiare nel mio primo match ufficiale da amatori. Il viaggio è tranquillo, riesco a scoprire che il signor Lomonaco è stato un “patriota filosofo” qualunque cosa ciò significhi, e che nei dintorni della stazione di Pavia non è possibile trovare un po’ di pizza al taglio o un fast food: fortuna che i previdenti organizatori avevano preparato della pasta fredda.
Giunto infine al salone Terzo Millennio, che sta in un centro di recupero per ex-tossicodipendenti (niente male, tra l’altro), inizio la mia lotta personale con le zanzare, come sempre persa: almeno quelle non erano zanzare tigre, e le mie braccia il giorno dopo sono state normali. Arrivati gli altri, montiamo il patinoire, dopo lunghe discussioni su quale sia la migliore posizione; ci vengono dette le squadre; e… aspettiamo. In genere, noi siamo sempre in ritardo, e l’orario teorico di inizio (21:30) viene sempre sforato: questa volta eravamo pronti in tempo, ma non abbiamo potuto iniziare fino alle 22, visto che continuava ad arrivare gente. Beh, alla fine ci saranno state 120 persone più noi, non crediate chissà cosa!
Le squadre avevano sette neofiti, due amatori di più lunga data per migliorare la tenuta, almeno in teoria, e Mary Rinaldi che per una volta ha smesso i panni dell’arbitro per gareggiare (commento alla fine del match: “È molto meno faticoso fare l’arbitro!). Le donne erano solo due, il che forse ha contribuito al proliferare di scene gay nel corso della gara.
Risultato? Ho perso 8 a 7. Però il match è stato davvero bello, soprattutto il primo tempo. Molta energia, e scene divertenti e fatte anche bene, come Betto nei panni della difesa della sedia a sdraio. Io mi sono sentito a mio agio, riuscendo anche ad accorgermi delle posture sbagliate e a guardare il pubblico, e sono stato sicuramente fantastico nell’improvvisazione comparata cantata. Il tema era “non abbandonarmi”: l’altra squadra doveva fare il coro alpino, mentre a noi è toccato… il canto gregoriano. Ho detto agli altri “andate tranquilli e ripetete quello che canto io”, loro mi hanno dato la dritta sul testo (coda per andare al mare) e ho tirato fuori una melodia che sarebbe passata tranquillamente in un monastero, se non fosse per il testo (“Ave Maria grazia plena noli me abandonare, quando trovo novem kilometros coda versus Riccione”…)
Insomma, avete fatto male a non venire!

Ultimo aggiornamento: 2003-07-06 21:26

Nome di battaglia Lia

Sabato sera abbiamo sfidato le zanzare – beh, ci siamo spalmati chili di autan – e siamo andati al Paolo Pini a vedere lo spettacolo teatrale in questione, nel cartellone di quest’anno di “Da vicino nessuno è normale”.
Non venitemi a dire che pensavano a me: al limite questo era vero l’anno scorso, quando c’era il filo conduttore “ma i matematici sono davvero tutti matti?” Più che altro, il Paolo Pini era il manicomio di Milano, da cui il nome dell’associazione culturale.
Biglietto di ingresso, 8 €, di cui una non meglio identificata parte devoluta per le spese legali per il 25 aprile 2001. E chi si ricorda esattamente cosa era successo? Inizio teorico, ore 21:30. Siamo arrivati alle 21:40 e non si poteva nemmeno entrare, e poi abbiamo dovuto aspettare fino alle 22:10. Peggio che noi a impro.
La produzione era di chiaro stile sperimentale: tre attori del Teatro della Cooperativa – Marta Marangoni, Rossana Mola e Renato Sarti che è anche il regista – si alternano a rievocare le scene raccontate dalle donne che hanno fatto la Resistenza a Niguarda, partendo da un po’ di storia spicciola con il ricordo delle cooperative nate alla fine dell’800 quando Niguarda era ancora un comune separato da Milano. Palco spoglio, proiezione con le vie della zona alla fine, quando si racconta la morte della compagna Lia. Le storie erano un po’ confuse, perché hanno voluto lasciare le testimonianze intatte: certo che passare da una storia all’altra senza nemmeno uno stacco lascia piuttosto perplessi, e richiede un minimo di attenzione per capire che l’attrice adesso è un’altra persona.
Commento? il testo è molto interessante. Ho dei dubbi però sulla resa teatrale, oltre che essere certo che lo spettacolo non è stato affatto provato in maniera completa: non è bello che le attrici coprano il video, quando sarebbe bastato spostare un po’ il video per avere la scena completa… Spero che nelle prossime repliche – ne ho vista una pubblicizzata per metà settimana – migliori la resa scenica.

Ultimo aggiornamento: 2003-06-23 19:21