Tra le molteplici attività culturali proposte in questi giorni nella Riviera di Levante, ho saltato la gara di enigmistica e mi sono perso il concerto per i settant’anni di Bruno Lauzi (8 agosto a Sestri), ma non sono mancato alla rappresentazione del Don Giovanni di Mozart che si è tenuta a Varese Ligure.
Cominciamo dall’inizio. Varese Ligure non è il posto dove Bossi va al mare, ma un paesino sulle montagne spezzine, che presumibilmente prende il nome dalla val di Vara. Paesino tra l’altro molto carino, e anche certificato ISO14000. Non chiedetemi cosa significa, l’ho solo trovato scritto. La zona comunque deve avere un tasso di umorismo topografico mica male: a un certo punto c’era un cartello stradale che proponeva Varese andando dritto, e … Cesena svoltando a destra.
Purtroppo siamo arrivati tardi, e non abbiamo avuto il tempo di darci più che un’occhiata di sfuggita: ci siamo infatti subito fiondati al ristorante Gli Amici dove avevamo prenotato cena. Porzioni generose e prezzi modici: primo secondo caffè, con un litro di bianco sfuso, è costato in tutto a me, Anna e ai suoi 63 euro. Tra l’altro, mi pare che una camera doppia costasse sui 43 euro, anche se al momento sembravano tutte occupate da ospiti con un’età media sugli ottant’anni.
A pancia riempita ci siamo avvicinati al luogo dove si teneva l’opera (costo: 17 euro a testa, comode prenotazioni via internet, posti assegnati). Il bello è che la rappresentazione è all’aperto, in una piazzetta in un lato della quale è stato ricavato il palcoscenico. L’ambiente è davvero suggestivo, oltre che un po’ divertente perché i vecchi che hanno le case che danno sulla piazza e sbirciavano lo spettacolo mi ricordavano tanto i due vecchietti del Muppet Show.
La piazza non è poi così grande, anche se tiene 350 posti: non c’era quindi l’orchestra ad accompagnarla, ma un pianista, un ragazzino che avrà dimostrato sì e no diciott’anni e che è resistito fino alla fine, anche se in alcuni punti mi sembrava che facesse una semplice approssimazione della partitura. Il regista/direttore di orchesta si sbracciava a guidare attori e musicista, ma non so chi lo seguisse davvero.
Intendiamoci: non è che la qualità sia stata eccelsa. I cantanti erano volonterosi, ma non avevano una voce né bella né potente; non parliamo delle voci femminili, che gorgheggiavano in maniera da non farmi capire nulla. E’ vero però che questo temo sia la cosa normale nell’opera. Faccio però una menzione onorevole per il protagonista (“l’unico personaggio simpatico di tutta la storia, e Da Ponte lo fa morire!” ha commentato Anna), che probabilmente è un tipo che vuol far carriera, ma non era male. Divertente poi il fuoriprogramma: verso la fine del primo atto, è saltata la luce. La rappresentazione è andata avanti per un minuto buono, col pianista che suonava al buio e soprattutto quei poveri attori (era una scena piena di gente!) che non so come non si pestassero i piedi. Alla fine si sono dovuti fermare in attesa che il guasto venisse riparato: quando tutto era a posto e bisognava decidere da dove ricominciare, il regista era dubbioso, e il Don Giovanni ha allora sguainato la spada, gliel’ha puntata contro, e ha pronunciato solo due parole: “dal minuetto”. E’ così che si fa!
Dimenticavo il volontariato: oltre all’organizzazione, anche le comparse nell’opera erano certamente abitanti del luogo, che penso si divertano come matti nei bei costumi che sono stati approntati. D’altra parte, questo è il sedicesimo anno in cui viene tenuta una rappresentazione, anche se sembra comincino ad esserci due fazioni distinte tanto che a luglio è stata pagata l’orchestra del Carlo Felice di Genova.
L’altra faccia della medaglia è stato il ritardo nell’inizio: dalle 21 teoriche abbiamo ascoltato l’introduzione alle 21:45, e complice l’interruzione imprevista e il lungo intervallo l’opera è terminata all’una. Non siamo stati a sentire se ci sarebbe stato qualche bis.
Ultimo aggiornamento: 2003-08-10 23:55