Così Carl’Azeglio ha rimandato alle Camere la legge intitolata “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai- Radiotelevisione italiana Spa, nonchè delega al governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione”, insomma la Legge Gasparri. Questo ha subito mandato in fibrillazione la sinistra: stavo andando al corso di improvvisazione quando radio Popolare ha fatto un notiziario straordinario per comunicare urbi et orbi la notizia, e subito manifestazioni di giubilo sono iniziate in tante parti d’Italia. È vero che Sua Emittenza il Cav. Silvio Berlusconi aveva già fatto presagire la notizia, diffondendo un comunicato che affermava che “un eventuale rinvio alle camere della legge Gasparri non sarebbe comunque un vulnus politico per il Governo”. Ma è anche vero che il Cav., pur di mantenere viva l’attenzione su di sé, è capace di dire tutto e il contrario di tutto.
Bene. Adesso che succede? Mi spiace raffreddare gli entusiasmi facendo notare che non capiterà nulla. La maggioranza parlamentare è abbastanza alta da permettere una prova di forza, e riapprovare il testo parola per parola, al che il Presidente non può fare altro che promulgarla.
Ma immaginiamo che vengano recepiti i motivi indicati nel messaggio del Presidente. Che si dice? Riguardo al famigerato “Retequattro sul satellite” (e Raitre senza pubblicità, ricordo ai dimentichi. In effetti quella sarebbe una bella cosa…), semplicemente che nella legge manca la data specifica di termine della “fase di attuazione” indicata nella sentenza della Corte Costituzionale: insomma quando ci saranno i fantomatici canali digitali terrestri. C’è anche scritto che la data deve essere ben anteriore al 31 dicembre 2004: possiamo immaginare che venga scritto nero su bianco “30 giugno” e che la Rai sia amabilmente convinta a fare partire i suoi canali digitali (che tanto paghiamo noi: ma rispetto a certi cachet di artisti potrebbe anche essere un miglioramento) per quella data. Perfetta sinergia.
Il secondo punto è quello del SIC, il modo cioè in cui si riesce a mettere tutto nello stesso calderone e accrescere a dismisura la torta di cui non si può superare il 20%. L’affermazione sull’eccessiva grandezza della torta è molto generica, e si specifica solo il pericolo di un inaridimento della raccolta sulla carta stampata. Che ci vuole a fare un piccolo emendamento che obbliga a fare la carità, pardon impone una quota minima di pubblicità che vada alla carta stampata? Avremo Il Giornale e Il Foglio con tanta pubblicità, e tutti felici.
Insomma, che ci abbiamo guadagnato?
Curiosità finale: con nonchalance davvero apprezzabile, Ciampi fa notare come
“Si rende, infine, indispensabile espungere dal testo della legge il comma 14 dell’articolo 23”, che si rifà a un decreto legislativo – quello che permetteva di ficcare ovunque antenne “per accelerare lo sviluppo digitale italiano” – che è stato dichiarato incostituzionale due mesi fa. Fare un po’ più d’attenzione?
Ultimo aggiornamento: 2003-12-16 12:34