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“Wikipedia Italia” e la voce sull’invasione dell’Ucraina

Martedì avrò parlato per una ventina di minuti con il giornalista che ha pubblicato questo articolo, e un altro wikipediano che era più addentro di me avrà ancora aggiunto qualcosa: eppure l’articolo afferma che è stata “Wikipedia Italia” a pubblicare la sua voce sull’invasione russa dell’Ucraina. Sono più di quindici anni che cerchiamo di spiegare che esiste Wikipedia in italiano (o se preferite in lingua italiana) e non Wikipedia Italia, ma niente da fare, non riusciamo a fare entrare il concetto.

Ma la cosa che mi lascia (e mi aveva lasciato martedì) più perplesso è un’altra: l’incredulità perché la versione italiana di Wikipedia era l’unica che non aveva una voce sull’invasione e si limitava a una bozza, incredulità che si avvicinava a una bocciatura piena del modello it.wiki. Basta vedere la terminologia: la voce italiana “appare sicuramente più scarna”, e non per esempio “è sicuramente più minimale”, con un aggettivo più neutro. (Per la cronaca: dire che la voce “è rimasta praticamente nascosta agli occhi dei lettori” è corretto, ed essendo io tanto buonino non mi lamento neppure per il grassetto). Scrivere di una guerra in corso è qualcosa di estremamente scivoloso: le notizie si susseguono e non c’è la possibilità di verificarle in modo indipendente. Certo, che ci sia stata un’invasione è fuori d’ogni dubbio, così come altre notizie. Certo, la struttura stessa di Wikipedia permette di emendare eventuali errori. Ma guardiamoci in faccia: è forse Wikipedia un news media? Evidentemente no. Ci sarebbe al più Wikinotizie, ma non se lo fila nessuno. Non vedo insomma nessun guaio se si evita di scrivere di tutto e di più su questa guerra: tanto ai lettori non mancano certo altre fonti a cui rivolgersi. Potremmo al più dire che si va su Wikipedia per cercare un punto di vista neutrale, che fino a martedì sera mancava; ma proprio perché io opero da una vita su Wikipedia vi posso assicurare che pur con le migliori intenzioni di tanti contributori non è affatto detto che su temi come questo si possa raggiungere l’oggettività in tempr reale.

Mi resta solo un dubbio: perché questa stroncatura specifica arrivi da un giornalista, che in fin dei conti ha tutto da guadagnare nel non essere in concorrenza su Wikipedia a riguardo di questo tema. Mah…

No, Wikipedia non è il tuo spot pubblicitario

Premetto che in questo post non scriverò nulla che possa farvi risalire alla persona in questione. (Ok, con un minimo di ricerca uno ci può arrivare lo stesso. Ma il mio scopo non è mettere alla berlina una persona bensì un ragionamento).

Una voce di Wikipedia è stata aggiornata dicendo che è stata apposta una targa commemorativa della persona di cui la voce tratta, con collegamento a un sito dove si racconta il perché e il percome della cosa. Fin qui nulla di male. Da un po’ di tempo, la persona che ha fatto mettere la targa sta cercando di aggiungere all’interno della voce che “L’iniziativa della targa è stata presa da [Nome Cognome]” e io (ma non solo io: semplicemente quella è una delle voci che di solito controllo) tolgo quella frase. La persona in questione insiste, scrivendo nell’oggetto della modifica frasi come «on capisco perché continuate a cancellare una informazione importante della bio. Sono giorno che sto provando ad aggiungere, in fondo, che l’iniziativa a targa è stata curata da [Nome Cognome]. Come potete leggete nell’articolo (nota numero 4).» Non pago di questo, è andato a cercare qui sul blog il modulo per scrivermi, mi ha mandato un messaggio su Instagram ed è andato a chiedere al mio editore come contattarmi. Presumo mi abbia scritto anche su Facebook, ma è dal 22 che non mi collego, visto che non ho tutta quella voglia di attivare la 2FA. (Ah: la mia politica è di non rispondere fuori da Wikipedia alle cose di Wikipedia: non tanto per non mischiare i flussi ma perché le risposte non sarebbero pubbliche. No, non ha mai scritto su Wikipedia, né sulla mia pagina utente né sulla pagina di discussione relativa a quella voce. D’altra parte in questo momento è bloccato in scrittura su quella singola pagina con motivo “Wikipedia è un’enciclopedia, non un modo per farsi pubblicità a costo zero. Al lettore interessa sapere che è stata posta una targa. Poi se vuole apre il link con la fonte.”, quindi la risposta ce l’ha già).

La mia domanda, ammetto retorica, è “ma tu, caro [Nome Cognome], credi davvero davvero davvero che importi a qualcuno che non sei tu sapere chi ha fatto mettere una targa commemorativa? E se è così, non facevi prima a scriverlo in fondo alla targa in questione?”

The Ludwig Wittgenstein Project

Dal primo gennaio 2022 le opere di Ludwig Wittgenstein sono nel pubblico dominio, almeno in Europa. Sì, nonostante tutti i lacci e lacciuoli – tra qualche giorno magari vi racconto qualcos’altro al riguardo – cose come queste capitano ancora. Per festeggiare, un gruppo internazionale di traduttori ha creato The Ludwig Wittgenstein Project, un progetto per tradurre le opere del filosofo tedesco e pubblicarle con licenza libera. (Nel caso non lo sapeste, se le opere di un autore sono sotto copyright non è possibile tradurle liberamente, perché il copyright copre anche i diritti di traduzione) Noi di Wikimedia Italia abbiamo contribuito finanziariamente al progetto, e ne siamo fieri. (Che poi io non leggerei mai Wittgenstein, ma è il principio che conta!)

Il primo MOOC italiano su Wikipedia!

Sono felice di segnalare che l’Università di Padova ha aperto le iscrizioni alla prima edizione del MOOC di Wikipedia, sviluppato con la collaborazione di Wikimedia Italia.

Il corso inizierà il 15 gennaio 2022: è gratuito e aperto a tutti, anche se è pensato principalmente per chi vuole contribuire all’enciclopedia libera. La piattaforma che ospita il corso è EduOpen, creata da una federazione delle maggiori università italiane: notate che anche se in genere i contenuti EduOpen sono rilasciati con una licenza CC-BY-NC-SA, in questo caso specifico il materiale sarà disponibile anche per riuso commerciale, quindi con licenza CC-BY-SA.

Mi affretto ad aggiungere che io non sono stato coinvolto in nessun modo nella creazione di questo corso. Inoltre, essendo una nostra “prima assoluta”, non garantisco che sia perfetto: sono però certo che sia già buono e che, in perfetto stile wiki, gli errori e le imprecisioni verranno corrette in futuro.

Cosa ne sapete del Digital Service Act?

Come forse vi sarete accorti, i lavori del Parlamento e della Commissione Europea non sono mai molto trattati dai nostri media, salvo all’ultimo momento quando i giochi stanno per essere fatti. Lo stesso sta capitando per il Digital Service Act, che insieme al suo gemello Digital Market Act intendono rivedere da zero il modo in cui il mercato digitale funziona in Europa. Tra l’altro, la proposta sarà di fare un regolamento (come nel caso del GDPR) e non una direttiva, il che significa che non ci sarà la fase di recepimento negli ordinamenti nazionali ma verrà direttamente applicato, tipicamente due anni dopo la promulgazione per dare tempo ai vari attori di adeguarsi.

L’iter sta andando avanti da un po’: per il momento ci sono i pareri dei parlamenti nazionali (qui il nostro), quello della Commissione e le prime discussioni nell’Europarlamento. I principi su cui il DSA si basa sono condivisibili: tutelare di più i consumatori finali e allo stesso tempo ribadire che “ciò che è illecito offline deve essere illecito anche online”. Soprattutto per quanto riguarda il primo punto, ricordo che storicamente è l’Europa a trainare il pianeta per quanto riguarda i diritti dell’utente finale, con gli USA che tipicamente arrancano e arrivano con qualche anno di ritardo (Russia, Cina, India, Brasile e resto del mondo: non pervenuti). Purtroppo però, come racconta Bruno Saetta su Valigia Blu, non tutto sta andando così bene. Il tiro alla fune tra i produttori di contenuti che non vogliono che la pirateria tagli i loro guadagni e le lobby delle grandi piattaforme social che per trattenere i propri utenti caldeggiano le loro interazioni e i caricamenti di materiale lascia come sempre a terra chiunque abbia un modello diverso di gestione.

Stavolta se ne è accorta persino la Wikimedia Foundation, che di solito è totalmente US-centrica. In pratica, la proposta attuale dell’Europarlamento dà tempi molto ristretti per la cancellazione di materiale illegale da parte delle piattaforme, e riduce molto il concetto “finché io non so che da me c’è qualcosa di illegale io non sono fuorilegge” che è alla base dell’attuale direttiva eCommerce. Il risultato pratico di tutto ciò è che molto probabilmente saranno implementate procedure automatiche tarate in modo da essere certi di eliminare contenuti illegali: se poi ci scappa un po’ di roba che illegale non era, le si rubricherà come necessari effetti collaterali. Peccato che Wikipedia non funzioni con strumenti automatici, ma con controlli umani. I controlli tipicamente funzionano anche bene: qual è l’ultima volta che avete trovato al suo interno contenuti sotto copyright? Certo, ne arrivano sempre; ma la comunità non aspetta che qualcuno segnali la cosa, e se leggono o guardano qualcosa che puzza di materiale protetto vanno alla caccia dell’eventuale originale e poi cancellano (anche dalla cronologia della voce, le cose si fanno per bene).

Quello che chiediamo è un testo finale che tenga conto che ci sono modi diversi per arrivare allo stesso obiettivo finale – togliere il materiale illegale – e che non si può pensare di operare con il principio one-method-fits-all. Il guaio è che non abbiamo la potenza di fuoco per fare lobbying come i grandi operatori di cui sopra, e l’unica nostra possibilità è far sentire la nostra voce sui media attualmente silenti; i miei ventun lettori putroppo non fanno massa critica. Per i curiosi, il testo della lettera aperta della Wikimedia Foundation si trova sul loro sito: (per i diversamente anglofoni, c’è la traduzione) trovate anche una citazione del vostro affezionato tenutario. Provate a dare un occhio in giro su cosa si leggerà, e speriamo in bene!

Ultimo aggiornamento: 2021-11-19 15:17

Il Senato ci ha ri-audito

Dopo che il ministero della Cultura quest’estate si era dimenticato di noi nelle audizioni per ottenere commenti sulla legge delega che implementerà anche in Italia la direttiva europea sul copyright, il Senato ci ha permesso di raccontare cosa non va in quel disegno di legge. (Che ci siano cose che non vadano l’ha anche detto il garante antitrust, tanto per dire). Wikimedia Italia e Creative Commons Italia si sono uniti per l’audizione, che potete vedere sul sito del Senato dal minuto 38:44 circa.

Questa volta non sono stato io il relatore, ma al minuto 53:28 circa potete vedere la mia bella faccia fare una puntualizzazione (rispetto all’affermazione di un’associazione audita prima di noi, che diceva che in Francia e UK i musei fanno i soldi vendendo le riproduzioni delle loro opere). E soprattutto i miei fan possono vedermi in giacca e cravatta :-)

Aggiornamento: (18 ottobre) chi ha più fretta può vedere solo il pezzo con i nostri interventi su YouTube.

Ultimo aggiornamento: 2022-11-07 13:03

Cina e Taiwan come lupo e agnello

Avete tutti letto della prova di forza della Cina, che in questi giorni ha ripetutamente violato lo spazio aereo taiwanese. Ma probabilmente non avete letto che per la seconda volta di fila la Cina ha posto il veto sull’ingresso di Wikimedia Foundation come osservatore in WIPO, l’organismo sovrannazionale che si occupa della proprietà intellettuale e del copyright.

Non che un osservatore – che per definizione non ha diritto di voto – possa fare molto; però la Cina ha sostenuto che i progetti collegati a Wikimedia «contengono contenuti errati e favoriscono disinformazione in merito alla politica del “One-China-principle” che vede Taiwan come parte della Cina.». D’altra parte, già Wikipedia è generalmente bloccata in Cina; però bisognerà pur cominciare a bloccarla nel resto del mondo, no?

Senza ritegno

Tra le varie misure approvate giovedì scorso dal consiglio dei ministri c’è anche il decreto legislativo attuativo della direttiva europea sul copyright, quello per cui si erano dimenticati di audire Wikimedia Italia e Creative Commons Italia. Tra i toni trionfalistici del comunicato possiamo leggere

Nel recepire la direttiva europea, il decreto prevede, nello specifico, che il materiale derivante da un atto di riproduzione di un’opera di arte visiva, per la quale sia stata superata la durata della tutela, non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, a meno che non si tratti di opera originale frutto della creazione intellettuale propria del suo autore. Ciò permette la diffusione, la condivisione online e il libero riutilizzo di copie non originali di opere d’arte divenute di pubblico dominio

Di per sè questo è quanto scritto nell’articolo 14 della direttiva europea, e quindi non c’è nulla di strano, anche se finché non sarà pubblicato il testo del d.lgs non possiamo sapere se si sono ricordati di aggiungere i palazzi… Quello che però viene esplicitamente aggiunto nel comunicato è l’inciso

ferme restando le altre discipline specifiche in materia di utilizzazione di immagini digitali del patrimonio culturale.

A parte l’obbrobrio di “utilizzazione” – già “utilizzo” per me è troppo… – volete una traduzione in italiano? “Codice dei beni culturali e del paesaggio“: per gli (eventuali) amici, il Codice Urbani poi modificato da Art Bonus. Se andate a leggere gli articoli 107 e 108 scoprirete che continuerà a essere richiesto un canone per fare foto, visto che il canone non ha a che fare con il diritto d’autore. Io non sono così esperto di diritto da poter affermare con sicurezza che l’Unione Europea potrebbe far partire una procedura di infrazione, visto che la direttiva chiedeva per l’appunto la libertà di uso; ma sicuramente parlare di “libero riutilizzo” è una presa per i fondelli. Sapevàtelo.

Aggiornamento: (11 agosto) qui trovate il testo approvato.

Ultimo aggiornamento: 2021-08-11 12:05