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_L’anima dell’uomo sotto il socialismo_ (libro)

[copertina] Di “socialismo” in questo libro (Oscar Wilde, L’anima dell’uomo sotto il socialismo (The Soul of Man under the Socialism), Tea 1989, pag. 92, € 5,16, ISBN 978-88-7819-124-2, trad. Luisella Artabano) se ne parla tanto quanto se ne parlava nel PSI degli anni 1980, giusto per fare un confronto storico. Sì, c’è qualche accenno all’inizio e alla fine del testo, soprattutto in salsa anarchica; ricordo che il pamphlet è del 1891, quindi ben precedente a Lenin e quando anarchici come Bakunin erano ancora ricordati. E di che parla, allora? Beh, mi pare ovvio: di Wilde stesso, o più in generale degli artisti che possono essere gli unici uomini veramente liberi. Il socialismo è solo un mezzo perché le macchine facciano il lavoro pesante e la gente possa finalmente fare quello che piace loro, insomma: più che socialismo, individualismo. Ma poi Wilde divaga, e inizia a lamentarsi di tutti gli artisti che invece che seguire la loro ispirazione scelgono di fare quello che piace al pubblico e quindi in un certo senso si prostituiscono: il pensiero della massa per lui è intrinsecamente negativo, e un vero artista ha come scopo quello di portare la massa ad acculturarsi, non certo di dare loro quello che vogliono. Come esempio di “bravo artista” fa poi il nome di George Meredith che “riesce a fondere la riflessione filosofica con l’arte del narrare” (pag. 75): confesso di non averlo mai sentito nominare, ma in fin dei conti io sono massa e conosco al più Gilbert e Sullivan…
La traduzione di Luisella Artabano mi pare un po’ ricercata, e mi chiedo se non fosse stato meglio usare uno stile un po’ più sanguigno; è comunque scorrevole, e il libro si legge molto in fretta anche perché davvero breve; l’introduzione di Luciano Cafagna a mio avviso può essere saltata, perché non aggiunge moltissimo al testo.

Ultimo aggiornamento: 2013-05-04 07:00

_Lavoro, dunque scrivo!_ (libro)

[copertina] Scrivere non è semplice. No, non è vero: scrivere è semplice, basta vedere quanto tutti noi scriviamo, dagli sms ai twit agli aggiornamenti su Facebook, per tacere di chi ha un blog o pubblica un libro. Diciamolo allora meglio: scrivere bene non è semplice. Per “bene” non si intende essere Nobel per la letteratura, ma molto più terra terra riuscire a far passare al lettore i concetti che si vuole comunicare in modo semplice ed efficace. Luisa Carrada lo sa bene, visto che spiegare queste cose è il suo lavoro e da molti anni ha anche un sito e un blog sul tema, Il mestiere di scrivere. Con questo suo libro (Luisa Carrada, Lavoro, dunque scrivo! : creare testi che funzionano per carta e schermi, Zanichelli “comunicare” 2012, pag. 468, € 21, ISBN 9788808199171) la Carrada si occupa di testi di comunicazione standard: sia pubblicitari che aziendali, sia cartacei che elettronici. Il suo punto di vista è semplice: indubbiamente c’è una bella differenza, però i principi di base sono gli stessi e c’è anche una certa osmosi, perciò tanto vale studiarli assieme. La struttura del libro è molto sminuzzata; non solo i capitoli possono essere letti indipendentemente, ma anche all’interno del capitolo i concetti sono presentati in pillole, con dovizia di esempi “così non va bene / così è meglio”. Ogni capitolo termina con una ricapitolazione rapida dei temi trattati e con una sezione bonus con link di approfondimento; molte nozioni sono di puro buon senso – il che non significa che non sia bene averle nero (e rosso) su bianco! – altre sono meno immediate. Una volta abituatisi alle pagine che terminano a metà – la scelta di Carrada è stata evitare per quanto possibile di spezzare le unità di base del testo – la lettura è piacevole e comoda; inoltre acquistando il libro è possibile scaricare dal sito Zanichelli l’ePub da portarsi sempre dietro. Ottima idea!

Ultimo aggiornamento: 2013-04-27 07:00

_40 Paradoxes in Logic, Probability, and Game Theory_ (ebook)

[copertina]Presh Talwalkar ci ha proprio preso gusto. Sono passati tre mesi dal suo ultimo ebook, e ne ha già sfornato un altro! (Presh Talwalkar, 40 Paradoxes in Logic, Probability, and Game Theory, Kindle 2013, € 2,68). Come è sua abitudine, una delle cose più piacevoli dei libri di Presh è che quando scrive fa sempre esempi terra-terra; in questo caso permette al lettore di vedere che i vari paradossi non hanno nulla di astratto, ma corrispondono a cose che potrebbero capitarci davvero… o quasi, visto che in effetti il Paradosso della Domanda prevede l’esistenza di un angelo :-) Soprattutto poi il lettore riesce a capire che alcuni paradossi non sono affatto tali, ma nascono semplicemente da un modo errato di vedere le cose, o dal fare delle affermazioni logicamente impossibili. Restano però parecchi casi in cui il paradosso si direbbe assolutamente inestricabile: se ci pensate, è strano che la nostra mente riesca a trovare delle affermazioni che poi non è possibile decodificare.
Altri due punti a favore del libro sono la scelta dei paradossi, che comprende sia alcuni vecchi classici che alcuni classici “moderni”, dal barbiere di Russell al paradosso di Simpson a quello di san Pietroburgo, ma anche esempi di nemmeno vent’anni fa: i logici si divertono ancora oggi a inventare nuovi modi per stupirci. Inoltre il materiale sui paradossi della teoria dei giochi proviene, anche se riadattato, dal blog di Presh, ma tutto il resto – i paradossi logici e quelli probabilistici, che compongono la maggior parte del testo – sono materiale mai pubblicato.
In definitiva un ottimo testo per avvicinarsi in maniera scientifica ai paradossi e scoprire la loro intrinseca bellezza… anche se a volte ci fanno sbattere la testa contro un muro!

Ultimo aggiornamento: 2013-04-20 07:00

_Kierkegaard_ (libro)

[copertina] Io ci ho anche provato. Ricordavo perfettamente come al liceo io e la filosofia non siamo mai andati d’accordo; però mi sono detto “magari ora sono vecchio e saggio, e le cose vanno meglio”. Così ho recuperato dai recessi della mia libreria questo volumetto (Giorgio Penzo, Kierkegaard : La verità eterna che nasce nel tempo, Edizioni Messaggero Padova 2000, pag. 144, € 9,30, ISBN 9788825006230) e mi sono più o meno coscienziosamente messo a leggerlo. Risultato: zero. Ho capito che secondo l’autore Kierkegaard ha molti punti in contatto con Nietzsche, il che mi pare strano considerando che quest’ultimo è un nichilista mentre il danese vede tutto con la lente del suo cristianesimo. Ho anche capito che dovrebbe anche avere qualcosa a che fare con Meister Eckhar, che però non so assolutamente chi sia: non pretendete troppo da me!
A dire il vero credo di avere capito qualcosa qua e là: il paradosso, la distinzione tra la fede “esistenziale” e quindi vera e la fede “dottrinale” / “scientifica” che è invece falsa, l'”abbassamento” di Gesù. Però rimangono punti sparsi in un grande spazio vuoto: capisco che l’impostazione della collana a cui questo libro appartiene mette maggiormente l’enfasi sul rapporto tra filosofia e teologia, ma sono convinto che aggiungere un capitolo introduttivo con un rapido ripasso di “esistenzialismo for dummies”, oltre che spiegare la diatriba tra Kierkegaard e i vescovi danesi, sarebbe stato di grande aiuto. Vabbè, mi sa che prima di ritornare sulla filosofia passerà ancora un bel po’ di tempo.

Ultimo aggiornamento: 2013-03-30 07:00

_Viva la libertà_ (film)

[locandina]A Toni Servillo ormai non basta più fare il protagonista di un film: così qui si sdoppia, facendo da un lato il segretario del più grande partito di opposizione (di sinistra, naturalmente) che oppresso dai sondaggi in picchiata scappa in Francia, e dall’altro il fratello gemello, filosofo che soffre di bipolarismo ed è appena stato dichiarato “clinicamente non più pericoloso”, che viene reclutato in tutta fretta per prenderne il posto.
Il film è carino, anche se non capisco peché Filmup lo definisca “drammatico” (per me è una commedia… ma forse ho capito: il significato di “commedia” nella lingua italiana si è spostato verso i cinepanettoni, e quindi si è costretti a cambiare le categorie). Servillo riesce molto meglio a fare il pazzo che il segretario di partito; Valerio Mastandrea è perfetto nella parte dell’assistente, e il cameo di Gianrico Tedeschi che fa il Padre Nobile della Sinistra (qualcosa tipo Vittorio Foa, se non fosse che è morto da mo’: pensavo a Pietro Ingrao, ma non è mai stato così carismatico) merita. Da segnalare infine la battuta di Servillo “due”: «Rasségnati: questa volta vinciamo» che la dice lunga sul tipo di pubblico che può apprezzare il film :-)

Ultimo aggiornamento: 2013-03-29 07:00

_So You Think You’re Smart_ (libro)

[copertina] Ogni tanto mi capitano tra le mani libri di “indovinelli per la mente” – non saprei come tradurre correttamente “brain teasers”. Io me li guardo senza perderci troppo tempo, perché non si sa mai: a volte qualche problema davvero interessante e poco noto ci scappa sempre. Beh, non è questo (Pasqual J. Battaglia, So You Think You’re Smart : 150 Fun and Challenging Brain Teasers, International Puzzle Features 1988, pag. 76, ISBN 9780970825315) il caso, purtroppo.
Non ho nulla contro il signor Battaglia, che fece il suo bel libretto e l’ha anche fatto bene: aiutini e risposte sono nel testo subito dopo i problemi, ma i primi sono scritti al rovescio e le seconde specchiati. Per di più le risposte sono stampate con un font corsivo, per di più: garantisco che le risposte si possono leggere anche senza andare davanti a uno specchio come suggerito dall’autore – che ricorda anche che nella peggiore delle ipotesi ci si può chiudere in bagno – ma è assolutamente impossibile leggerle “per sbaglio” il testo. Il guaio è che la maggior parte dei 150 problemi del libro sono linguistici, se non addirittura geografici (“quanti sono gli stati USA il cui nome termina con la lettera A?”), il che lo rende di poco interesse per chi come me l’inglese lo capisce ma non è certo un madrelingua.
Fortunatamente almeno il libro è breve :-)

Ultimo aggiornamento: 2013-03-23 07:00

_Il contagio delle idee_ (libro)

[copertina] Il titolo italiano di questo libro (Dan Sperber, Il contagio delle idee : Teoria naturalistica della cultura [Explaining Culture], Feltrinelli 1999 [1996], pag. 184, ISBN 9788807102585, trad. Gloria Origgi), oramai fuori catalogo, è indubbiamente molto più evocativo dell’originale inglese “Explaining Culture” (che a sua volta mi pare un po’ esagerato); peccato che le belle promesse non vengano poi rispettate dalla pratica.
Il guaio di base del libro non è tanto la sua relativa obsolescenza (mi sa che questi quindici anni abbiano portato molte nuove idee) quanto la sua disomogeneità: è infatti una collezione di brevi saggi che Sperber ha preparato per varie occasioni, quindi con ripetizioni e temi trattati solo in parte. Il concetto principe del libro è quello di rappresentazione, che è grosso modo l’idea che si fanno di un concetto le singole persone. Il concetto di meme si traduce quindi nel “contagio” delle rappresentazioni, contagio che può essere epidemico (un meme vero e proprio, qualcosa cioè che cresce di colpo per sgonfiarsi anche abbastanza in fretta) oppure endemico, e qui si va più verso i riti veri e propri. L’idea è interessante, e aiuterebbe anche a spiegare alcuni fatti come le “mutazioni” delle rappresentazioni e l’esistenza di rappresentazioni simili ma non identiche tra le varie persone: peccato che però sia rimasta appesa un po’ in sospeso, probabilmente perché un mini-saggio non era sufficiente per sviscerare bene la tesi.
In definitiva, qualche utile spunto (ben tradotto da Gloria Origgi) ma nulla più.

Ultimo aggiornamento: 2013-03-16 07:00

_The Elements of Style_ (libro)

[copertina] Nella quarta di copertina (o era nell’introduzione) di questo libro (William Strunk Jr. e E. B. White, <a href="The Elements of Style, Longman 1999, pag. 109, Lst 8,99, ISBN 978-0-205-31342-6) c’è scritto che è l’unico manuale di scrittura che è entrato nei bestseller in lingua inglese. Sicuramente il libro ha la sua voce sulla Wikipedia in inglese, dove in effetti raccontano che le varie edizioni hanno venduto complessivamente dieci milioni di copie.
Vantaggi: il testo è breve, poco più di cento pagine. Svantaggi: il testo è naturalmente scritto per gli anglofoni, e alcune delle regole sono inutili per chi non deve scrivere nella lingua di Albione. Poi ci sono anche i linguisti che si lamentano perché il testo è troppo prescrittivista, ma questo non ci interessa più di tanto. La terza parte, quella sullo stile di scrittura (e che non faceva parte del testo originale…) è probabilmente la parte meno utile, nel senso che tanto vale andare a cercare qualche libro che tratti apposta il tema. Quella che a mio giudizio vale di più è soprattutto la seconda parte, sull'(ab)uso di certi stilemi che spesso si replicano pari pari in italiano; ma anche nelle regolette della prima parte ce ne sono molte che non sono tanto legate a una specifica lingua ma proprio allo stile di scrittura, come “evita le negazioni per quanto possibile” oppure “non essere generico”.
Insomma il libro non sarà la panacea per imparare a scrivere, ma è comunque utile.

Ultimo aggiornamento: 2013-03-09 07:00