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_The Beauty of Everyday Mathematics_ (libro)

[copertina] Il titolo del libro (Norbert Herrmann, The Beauty of Everyday Mathematics, Springer-Copernicus 2012, pag. 138, € 5,47 (Kindle), ISBN 9788850226016) faceva pregustare qualcosa di piacevole, e bisogna dire che il tono con cui Herrman scrive è indubbiamente piacevole.
Però se devo dirla tutta il libro non è che mi sia piaiuto. Mettiamola così: dal mio punto di vista il titolo che avrei dato è qualcosa tipo “The Beauty of Everyday Physics“: la matematica c’è sì ma sotto forma di formulacce che non finiscono più… il che è normale, nessuno ha mai pensato che la matematica di questo tipo fosse semplice, però fa venire poca voglia di seguire il testo, anche perché comunque a volte sembra di essere nella barzelletta che fa l’approssimazione dei cavalli sferici :-) (mi riferisco ai problemi sul parcheggio, per la cronaca).
Ci sono alcuni problemi venuti forse meglio, come l’ultimo sulla sovrapposizione dei sottobicchieri per la birra – ricordatevi che Herrmann è tedesco, e su queste cose è un esperto – ma in generale avrei preferito che le formule fossero meno prominenti. In fin dei conti scopo del libro è mostrare come nella vita di tutti i giorni si possa trovare matematica, non di fare i conti espliciti. O no?

Ultimo aggiornamento: 2013-06-29 07:00

_Simon’s Cat contro tutti_ (libro)

[copertina] Questa nuova raccolta di vignette di Simon Tofield (Simon Tofield, Simon’s Cat contro tutti [Simon’s Cat vs. the World], Tea 2012 [2012], pag. 96, € 13, ISBN 9788850226016) vede come in passato il gatto più visualizzato su YouTube fare tutti i danni possibili e immaginabili, almeno quando non dorme; come sempre accompagnato da una caterva di personaggi secondari, dal micino ai porcospini, dal suo povero padrone allo gnomo da giardino che essendo di gesso può essere messo in una serie di posizioni incongrue ma plausibili.
Io continuo a pensare che siano più divertenti i video, perché non è possibile riprendere bene un gatto con immagini statiche; in questo caso, però, c’è un valore aggiunto dato sia dal colore che vivacizza sicuramente le grandi tavole che dallo stile di riempimento delle pagine che è completamente diverso (e ci credo, visto che Tofield non deve fare dieci frame per secondo).
Aggiungo che i miei gemelli quasiquattrenni hanno apprezzato anche loro “il libro coi gatti”… tanto ci sono solo delle didascalie, quindi possono goderselo anche da soli.

Ultimo aggiornamento: 2013-06-22 07:00

_The Diamond Age_ (libro)

[copertina] Neal Stephenson è uno a cui piace scrivere, il che significa che scrive tanto, troppo. Se si aggiunge il fatto che io lo leggo in inglese e che questo (Neal Stephenson, The Diamond Age, Penguin 2011 [1995], pag. 512, Lst 8,99 , ISBN 9780241953198) era il “libro da palestra” per rilassarmi tra una serie di esercizi e l’altra, capirete come mai ci ho messo quasi due anni per finirlo, e solo perché alla fine ci ho dato una botta a casa.
La fantascienza di Stephenson in questo libro, come nel precedente Snow Crash è sicuramente di tipo hard: in questo futuro nemmeno troppo lontano la tecnologia è incredibilmente avanzata, e in contrasto si ritorna a un formalismo nei rapporti umani… beh, la maggior parte della gente a dire il vero si scanna, e le prime 50 pagine, come anche le ultime, non sono per stomaci deboli. Però ci sono alcuni gruppi, come i cinesi neoconfuciani e gli angloamericani neovittoriani, per cui il formalismo è in un certo senso il collante che tiene le razze (pardon, i phyla) uniti.
E poi c’è la piccola Nell e il Young Lady’s Illustrated Primer, un libro sotto forma di “ractive” (sono arrivato a cinquanta pagine dalla fine prima di capire che è un’abbreviazione di “interactive”, come “sites” sono i “parasites” e “mites” le “termites”; a Stephenson piace inventare parole abbreviate) che nasce per insegnare a una bambina tutto quello che deve sapere, dalle arti marziali alle macchine di Turing; insomma, il vero protagonista del libro è questo libro.
Giudizio finale? Se vi piace questo tipo di fantascienza, armatevi di santa pazienza e leggetevelo.

Ultimo aggiornamento: 2013-06-15 19:41

_Order and Surprise_ (libro)

[copertina]Martin Gardner non ha scritto solo libri di matematica divulgativa. Questo vecchio volume (Martin Gardner, Order and Surprise, Prometheus Books 1983, pag. 396, Lst 34,95, ISBN 9780879752194) raccoglie per esempio una serie di articoli – soprattutto recensioni nella seconda parte, più legati agli scrittori per l’infanzia nella prima parte – che toccano la matematica solo tangenzialmente, nel senso che in alcuni saggi si parla di Lewis Carroll e c’è una recensione (negativa) del libro The Mathematical Experience di Davis e Hersh e una (abbastanza positiva) di Adventures of a Mathematician di Stanislaw Ulam.
Nel libro si scopre una passione incredibile di Gardner per Frank Baum e i libri del Mago di Oz, con una sua lotta contro l’establishment americano che non li teneva in biblioteca perché “non sono libri che fanno bene ai bambini”; si legge della sua lotta contro la pseudoscienza – interessante l’ultimo saggio, quello sulle “scimmie intelligenti” con il debunking molto semplice; ci sono anche delle chicche, come la recensione di 1984 e del film Poltergeist. Però il risultato, nonostante la prosa di Gardner sempre asciutta e che va subito al punto, mi è sembrato piuttosto deludente. Sicuramente è un libro da leggere a spizzichi e bocconi, come del resto ho fatto, ma anche così non è che porti chissà quale piacere alla lettura.
In definitiva, consigliato solo e unicamente ai gardnerologi hard core!

Ultimo aggiornamento: 2013-06-08 22:10

_Numbers Rule_ (libro)

[copertina] Forse avete sentito parlare del teorema di Arrow, che dimostra matematicamente come – se vogliamo scegliere dei rappresentanti secondo un certo numero di regole assolutamente sensate – l’unica opzione possibile è avere un dittatore. Magari avete anche sentito parlare del paradosso dell’Alabama: suddividendo per stato in modo proporzionale i rappresentanti degli stati USA al Congresso e aumentando il numero di rappresentanti totali, era possibile che uno stato perdesse un seggio. Ma ci sono molte altre cose da sapere, e George Szpiro ce ne racconta davvero tante in questo libro (George G. Szpiro, Numbers Rule : The Vexing Mathematics of Democracy, from Plato to the Present, Princeton University Press 2010, pag. 226, $26,95, ISBN 9780691139944). Si può scoprire per esempio come anche Lewis Carroll abbia cercato di risolvere il problema del voto, che il primo a pensarci seriamente è stato nientemeno che Platone e che anche Plinio il Giovane aveva tentato di fare qualcosa al riguardo, e che negli USA ci sono almeno cinque modi leggermente diversi di decidere come dividere i seggi al Congresso per stato, e le scelte sono spesso molto più politiche che matematiche. Naturalmente viene spiegato cosa dice esattamente il teorema di Arrow, e in più si aggiunge il teorema di Gibbard-Satterthwaite che dimostra sempre matematicamente come le elezioni possano essere manipolate.
La matematica presente nel libro consiste al più di divisioni, quindi anche i matematofobi possono leggerlo; per chi non sa l’inglese segnalo la traduzione italiana appena uscita per i tipi di Bollati Boringhieri, anche se non posso garantire sulla qualità della traduzione avendo io letto il testo originale, del resto molto scorrevole.

Ultimo aggiornamento: 2013-06-01 19:47

_Linee tranviarie a Torino_ (libro)

[copertina]Ognuno di noi ha i suoi interessi, più o meno inconfessabili. Tra le molteplici cose che mi piacciono ci sono le linee tranviarie: essere nato e cresciuto a Torino ed essermi poi trasferito a Milano, due città che nonostante tutto hanno mantenuto una rete abbastanza capillare, probabilmente ha favorito questa mia mania. Se poi aggiungete la mia mania classificatoria, comprenderete senza dubbio quanto io abbia apprezzato questa opera (Antonio Accattatis, Linee tranviarie a Torino : l’evoluzione della rete tranviaria cittadina dalla Sbt al GTT, Phasar edizioni 2007, pag. 236, ISBN 9788885068384).
Accattatis ha raccolto e ordinato tutte le informazioni possibili sull’evoluzione della rete tranviaria di Torino: per dire, in un’appendice vengono persino indicate soppressioni e riparazioni dovute ai bombardamenti alleati nella seconda guerra mondiale. Il libro è diviso in tre parti: la prima tratta del periodo fino agli anni 1920 in cui c’erano ben tre concessionarie, ciascuna con i propri binari che correvano in vie assolutamente improbabili; la seconda racconta della nascita dell’Atm e dell’evoluzione (e successiva involuzione…) della rete fino alla famigerata rivoluzione del 1982, quella per cui si diceva che l’assessor Rolando avesse scoperto che la linea più breve tra due punti fosse il gomitolo; la terza parla della rete a griglia con le modifiche successive fino al 2007, data di pubblicazione del libro. Nella seconda parte si racconta anche delle tranvie intercomunali, che ebbero una vita piuttosto effimera ma lasciarono tracce durature (come mai per esempio i binari in corso Francia erano posizionati su un solo lato della carreggiata?)
Una caratteristica positiva del libro è la visione di insieme, associata poi ad alcune minuzie davvero curiose: per esempio tra le due guerre c’erano vari capolinea “a cappello di prete” dove il tram faceva un piccolo tratto in retromarcia per riposizionarsi, ma con il vantaggio di occupare molta meno sede stradale. L’unico appunto che farei è la mancanza di cartine cittadine per mostrare la rete in momenti topici della storia di Torino, per esempio prima del taglio del 1966. Mi sa che non si può pretendere proprio tutto.

Ultimo aggiornamento: 2013-05-18 07:00

Creperie d’Auriane (ristorante)

L’altra settimana, dopo avere accuratamente lasciato i gemelli dai nonni, Anna e io siamo andati a provare la Creperie d’Auriane, visto che prima che riusciamo ad andare in Francia a mangiarle ce ne vorrà.
Niente da dire sul locale, piccolo ma molto ben tenuto. Le galettes, dice mia moglie che è l’esperta di famiglia, sono troppo sottili, soprattutto se uno prende qualcosa appena oltre la base; le crepes dolci sono invece corrette. Detto questo, iniziano le note dolenti. Secondo il menu, tutti gli ingredienti sono scelti con cura: questo non era il caso della panna, che non era fresca ma industriale. In compenso la bottiglia di sidro francese costa 13 euro, e non c’è la possibilità di ordinarlo al bicchiere (“ma se vuole può portarsi a casa la bottiglia non terminata: il vuoto non è a rendere”. Scusa, ma portarsi a casa il doggy bag è il minimo sindacale, e con il ricarico che fai voglio vedere se mi avessi ancora fatto pagare il vuoto). La birra è solo in bottigliette francesi da 33 centilitri per sei euro, e il titolare nel versarla – manco fosse un vino d’annata – è anche riuscito a farla uscire fuori dal bicchiere.
In definitiva, uno dei tanti posti per cui Milano è famosa (famigerata). Non credo ci torneremo.

Ultimo aggiornamento: 2013-05-11 07:00

_L’anima dell’uomo sotto il socialismo_ (libro)

[copertina] Di “socialismo” in questo libro (Oscar Wilde, L’anima dell’uomo sotto il socialismo (The Soul of Man under the Socialism), Tea 1989, pag. 92, € 5,16, ISBN 978-88-7819-124-2, trad. Luisella Artabano) se ne parla tanto quanto se ne parlava nel PSI degli anni 1980, giusto per fare un confronto storico. Sì, c’è qualche accenno all’inizio e alla fine del testo, soprattutto in salsa anarchica; ricordo che il pamphlet è del 1891, quindi ben precedente a Lenin e quando anarchici come Bakunin erano ancora ricordati. E di che parla, allora? Beh, mi pare ovvio: di Wilde stesso, o più in generale degli artisti che possono essere gli unici uomini veramente liberi. Il socialismo è solo un mezzo perché le macchine facciano il lavoro pesante e la gente possa finalmente fare quello che piace loro, insomma: più che socialismo, individualismo. Ma poi Wilde divaga, e inizia a lamentarsi di tutti gli artisti che invece che seguire la loro ispirazione scelgono di fare quello che piace al pubblico e quindi in un certo senso si prostituiscono: il pensiero della massa per lui è intrinsecamente negativo, e un vero artista ha come scopo quello di portare la massa ad acculturarsi, non certo di dare loro quello che vogliono. Come esempio di “bravo artista” fa poi il nome di George Meredith che “riesce a fondere la riflessione filosofica con l’arte del narrare” (pag. 75): confesso di non averlo mai sentito nominare, ma in fin dei conti io sono massa e conosco al più Gilbert e Sullivan…
La traduzione di Luisella Artabano mi pare un po’ ricercata, e mi chiedo se non fosse stato meglio usare uno stile un po’ più sanguigno; è comunque scorrevole, e il libro si legge molto in fretta anche perché davvero breve; l’introduzione di Luciano Cafagna a mio avviso può essere saltata, perché non aggiunge moltissimo al testo.

Ultimo aggiornamento: 2013-05-04 07:00