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<em>Per cosa si uccide</em>

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Ho letto questo libro, che è l’opera prima di Biondillo (Gianni Biondillo, Per cosa si uccide, TEA Teadue 2006 [2004], pag. 285, € 8, ISBN 885020986X), dopo il suo secondo lavoro Con la morte nel cuore, quindi con una sensazione un pochino estraniante: in fin dei conti conoscevo già i personaggi in una versione un po’ più completa e con qualche sfaccettatura in più. Indubbiamente, se ci limitiamo a considerare la trama, questo libro è più debole del successivo, anche perché non si ha una storia vera e propria, ma più che altro la giustapposizione di alcuni racconti. A me però non è affatto dispiaciuto lo stile di scrittura più “ruspante” di quest’opera, soprattutto rispetto al libro successivo in cui invece Biondillo aveva cercato di esagerare con capitoli costruiti apposta secondo vari stili. Le immagini della periferia milanese, e perché no anche del resto della città, sono poetiche e non leziose, e danno una vivacità al racconto che secondo me fa perdonare i vari difetti. Insomma, non sarà un capolavoro della letteratura, ma vale sicuramente la pena di leggerlo.

Ultimo aggiornamento: 2006-07-03 11:56

<em>Il codice Gianduiotto</em>

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Gambarotta come Dan Brown. Questo libro (Bruno Gambarotta, Il codice Gianduiotto, Morganti 2006, pag. 240, € 16, ISBN 8887549745) è una parodia del Codice da Vinci, naturalmente ambientato nel torinese e dove il cibo la fa da padrone. Ma anche Gambarotta come Stephen King, che recentemente ha offerto la possibilità di vedere il proprio nome dato a uno dei suoi personaggi a chi pagava di più. Questo è il primo caso di libro sponsorizzato che io abbia mai visto; la Pernigotti figura appunto sul risvolto di copertina, e non per nulla il protagonista, esperto gianduiottologo, si chiama Pernigot.
L’avere una struttura del libro evidentemente parallela a quella del best seller aiuta sicuramente Gambarotta, che a mio parere è funambolico negli spaccati di vita ma difetta nella tenuta alla lunga distanza. Ci sono troppi riferimenti espliciti a Dan Brown e al fatto che il libro sia una parodia, ma in compenso alcune chicche sono imperdibili, come il titolo del corso universitario “I dialettofoni astigiani da Vittorio Alfieri a Bruno Gambarotta”. Un libro ideale per risollevarsi il morale la sera… a meno che non si sia a dieta!

Ultimo aggiornamento: 2006-06-16 15:00

L’elmo della mente

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Il titolo di questo libro (Ennio Peres con Susanna Serafini, L’elmo della mente – manuale di magia matematica, Salani 2006, pag. 270, € 13, ISBN 88-8451-460-6) dovrebbe essere un gioco di parole che però confesso di non essere riuscito a riconoscere: fortunatamente non serve a comprendere il resto del libro, che contiene una serie di giochi di prestigio che hanno la particolarità di basarsi non tanto su destrezza o abilità di mano, quanto su specifiche proprietà matematiche. Molto opportunamente il testo propone prima i vari giochi e poi in una sezione successiva la spiegazione matematica del loro meccanismo, spiegazione tra l’altro molto ben curata e senza troppi paroloni. Ciò detto, probabilmente io non sono il lettore ideale per questo tipo di libro, che risulta troppo semplice; ma ritengo però che possa essere molto interessante per chi è sempre stato incuriosito dalla matematica ma quando si trovava di fronte ad essa scappava a gambe levate.

Ultimo aggiornamento: 2022-07-21 15:00

<em>Il sogno di Merlino</em>

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La saga del ciclo arturiano rivisitato da Jack Whyte arriva al quarto volume (Jack Whyte, Il sogno di Merlino [The Saxon Shore], Piemme Pocket 2002 [1998], pag. 384, € 9.20, ISBN 880484658, trad. Susanna Bini), e si direbbe riprendere vigore dopo un appannamento nel libro precedente. Caio Merlino Britannico se ne va in Ibernia (la verde Irlanda) a recuperare il neonato Artù che era rimasto in ostaggio, e tra le altre persone incontra una certa Shelagh che così a prima vista potrebbe anche essere la Morgana conosciuta da noi tutti. La storia scorre tranquillamente. Ripensando all’inizio della saga, si nota come il passaggio dalla Britannia come provincia dell’Impero Romano alla terra dove varie popolazioni vivono e si battono è ormai terminato, e la via è pronta per arrivare al ciclo arturiano.
L’unico appunto che mi sentirei di fare al libro è che l’ultima parte sembra molto tirata via, come se Whyte volesse saltare gli anni dell’infanzia di Artù ma dovesse comunque parlarne; il testo diventa asciuttissimo, perdendo tutte le descrizioni dei luoghi che fanno parte del fascino del libro. Non saprei dire se questo è capitato per necessità di pubblicazione, improbabile visto che la dimensione del libro è comunque minore di quella degli altri della serie, o per chissà quale ragione.

Ultimo aggiornamento: 2006-06-05 17:20

Radio America (film)

In un impeto di vita, ieri sera sono andato a vedere l’ultimo film di Robert Altman, addirittura all’ultimo spettacolo. Nonostante i miei dubbi, non solo sono rimasto sveglio fino alla fine ma mi è anche piaciuto.
Il titolo originale del filme è “A Praire Home Companion”, che a noi non dice assolutamente nulla ma negli States ricorda una trasmissione radiofonica (con relativo sito) che trasmette effettivamente da più di trent’anni da Saint Paul, Minnesota, con Garrison Keillor come host e l’accompagnamento musicale della band che vediamo nel film. Nella finzione cinematografica la stazione radiofonica è stata acquistata da un gruppo di New Born Christians texani che ha mandato un tagliatore di teste per chiuderla e buttare giù il teatro per costruire un parcheggio. Il film racconta dell’ultimo show, che dovrà terminare nonostante l’aiuto della morte stessa.
Altman è riuscito a fare una specie di Amarcord. Gli attori dello spettacolo, tranne Lola che è la figlia di una delle cantanti, sono tutti ormai non più giovani, e sembrano essere rimasti chissà come fermati in un passato non meglio definito (anni ’70? difficile a dirsi). Eppure si direbbe quasi che il loro spettacolo sempre uguale è proprio quello che vuole la gente, e non si capisce come mai invece il bieco mondo degli affari non lo comprenda.
Un’ultima cosa: ci sono molte canzoni in lingua originale e sottotitolate, quindi chi non ama le scritte sulla pellicola lasci perdere.

Ultimo aggiornamento: 2006-06-03 17:50

Villa Belgioioso Bonaparte + LESS

Viste le previsioni del tempo che non davano nulla di buono, ce ne siamo rimasti a Milano; per non starcene proprio a casa, abbiamo poi pensato di fare un salto a vedere Villa Belgioioso, riaperta al pubblico da pochissimo tempo e sede del Museo dell’Ottocento.
Arrivati, abbiamo avuto una notizia buona e una cattiva. La buona notizia è che l’ingresso è libero; quella cattiva è che l’orario di apertura è spezzato, con una chiusura tra le 13 e le 14, il che ci ha impedito di visitare il secondo piano. Insomma, questa è una recensione a metà :-)
La villa è davvero molto bella, e il restauro è stato a mio parere fatto molto bene. Le varie sale sono generalmente tematiche, il che è molto utile, ma le didascalie con microfotografia lasciate in un angolo della sala sono molto difficili da leggere, purtroppo. Le opere del primo piano sono complessivamente più interessanti di quelle a pian terreno, anche non considerando Il quarto stato di Pellizza da Volpedo, che garantisco che visto dal vivo fa un effetto completamente diverso – e migliore – di quanto si ha in fotografia.
Mentre eravamo là, siamo passati dal PAC a vedere la mostra LESS – Strategie alternative dell’abitare. Devo dire che mi è piaciuta, forse perché nonostante le proposte fossero chiaramente di ultraavanguardia e non pratiche avevano comunque una certa quale aderenza alla realtà, il che le rende interessanti: almeno si può capire che cosa vuole dire l’artista :-) Avete tempo fino al 18 giugno per andare a vederla.

Ultimo aggiornamento: 2006-06-02 20:20

_Ascanio Celestini – Live_ (teatro)

La stagione teatrale a quanto sembra non è ancora finita, e così, insieme ad Anna, Caterina e Maurizio, ieri sera eravamo al Grassi a vedere questo one-man-show di Ascanio Celestini (più tre strumentisti molto bravi, mi affretto ad aggiungere). Per la prima volta mi è capitato di stare in balconata, per di più laterale, ma bisogna dire che in questo caso non è un grande problema, dato il tipo di spettacolo. Infatti lo show è costruito come una serie di monologhi che all’inizio sembrano scorrelati, ma man mano costruiscono la figura di questo lavoratore di call center che può passare attraverso i muri, ma lo farà solamente per la rivoluzione. A parte l’aspetto di Celestini, con un pizzetto davvero improbabile, lo spettacolo non mi è piaciuto troppo. C’erano dei pezzi molto belli, ma altri mi sembravano costruiti male: probabilmente la scelta di fare delle ripetizioni come in un brano di epica non rende abbastanza in quel contesto. In compenso il pubblico – per una volta molto giovane, a differenza di quanto capita in genere al Grassi – ha apprezzato moltissimo…

Ultimo aggiornamento: 2006-06-02 19:51

The Best of Roald Dahl

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Roald Dahl è quello di Charlie e la fabbrica di cioccolato, o se preferite “Willy Wonka”; ma non solo. In questo libro (Roald Dahl, The Best of Roald Dahl, Penguin 2006, pag. 368, Lst. 8.99, ISBN 0140066942) sono raccolti una serie di racconti non certo per bambini. Le storie hanno quasi sempre una vena di tristezza che almeno a me le fa sentire pesanti; peggio, soprattutto le prime sembrano evitare accuratamente un qualsiasi climax. Però sono belle, inutile negarlo. Dahl scrive benissimo, ti lascia assaporare tutta la scena costringendoti a non avere fretta, con un linguaggio non certo semplice ma ricco di echi; è un po’ come dire che non è importante tanto il punto dove si arriva, quanto la strada che si fa per arrivarci. Forse il racconto più bello, anche se leggermente fuori dallo stile degli altri, è Pig, ma anche il minigiallo Lamb to the Slaughter che in un certo senso ricorda il delitto di Cogne, e The Way Up to Heaven meritano.

Ultimo aggiornamento: 2006-05-09 11:25