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Il segno di Excalibur (libro)

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Sesto libro delle Cronache di Camelot (Jack Whyte, Il segno di Excalibur [The Sorcerer: Metamorphosis], Piemme Pocket 2005 [1999], pag. 473, € 9.90, ISBN 88-384-8328-0, trad. Franca Genta Bonelli e Gianna Lonza): finalmente vediamo Artù estrarre la spada dalla Roccia, alle ultime pagine del libro. Devo dire che stavolta Jack Whyte mi ha piuttosto deluso. Gran parte delle 473 pagine del tomo – e dire che ha perfino scelto di dividerlo dal precedente! – continuano a raccontare storie più o meno simili al passato, con Artù che cresce, Merlino che veglia su di lui, e così via: tutte cose che potevano tranquillamente essere evitate, così come la ripresa della parte sull’eresia pelagiana col ritorno del vescovo Germano. Solo nelle ultime cinquanta pagine l’azione si muove improvvisamente, con la maggior parte dei cari di Merlino che muore e lui che – dopo due libri in cui non ci ha più pensato per nulla – si accorge che in effetti ha la lebbra, il che però diventerà il minore dei suoi problemi visto che è rimasto menomato. Credo che con queste premesse mi fermerò un bel po’ prima di passare al settimo volume della saga: anche la traduzione – non più affidata a Susanna Bini – mi ha dato di quando in quando una strana sensazione, come se fosse tirata giù in fretta: nulla di significativo, intendiamoci, ma a volte il testo scorreva strano.

Ultimo aggiornamento: 2007-02-09 16:11

<em>Harry Potter and the Half-Blood Prince</em> (libro)

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Lo so, con questa recensione mi alienerò la stima e l’amicizia di tutti i fan del maghetto: ma qualcuno lo deve pur dire. Ho capito il motivo dell’enorme successo della saga potteriana: non è la magia della magia, ma molto più banalmente il fatto che Harry Potter è stupido come può esserlo solamente un adolescente; e subito scatta l’identificazione. Limitandoci a questo sesto libro (J. K. Rowling, Harry Potter and the Half-Blood Prince, Bloomsbury 2006 [2005], pag. 607, Lst 6.99, ISBN 0-7475-8468-0) devo dire che mi è piaciuto più del quinto, e non l’ho trovato così dark come scritto in quarta di copertina: da questo punto di vista, “l’Ordine della Fenice” era davvero alienante. La Rowling affastella colpi di scena uno dietro l’altro ma non riesce a spiegare una serie di cose, tipo il comportamento di Snape – Piton, per chi legge in italiano – nel corso di tutti i libri. Resta il fatto che Harry Potter porta indubbiamente sfiga, visto che tutti quelli cui vuole bene muoiono; se aggiungiamo che alla fine lascia apposta la sua ragazza, dimostrando vieppiù come gli ormoni non aiutino a pensare troppo, non possiamo che aspettarci nel prossimo e sperabilmente ultimo volume una bella “fine con un bang”.

Ultimo aggiornamento: 2007-02-05 12:21

America hoy (free press)

Stamattina alla fermata della metro c’erano due strilloni. Una distribuiva uno dei bisettimanali sportivi (Sports, se non ricordo male: non li piglio mai, perché va bene che alle 8 del mattino uno non può fare nulla che impegni più di tanto il neurone, ma su certe cose mi rifiuto) e uno con un robo rosso il cui titolo sembrava quasi scritto in cirillico. Dopo qualche istante, ho capito che invece era semplicemente un corsivo minuscolo: il titolo completo era infatti America hoy – en español. Inutile dire che me ne sono subito preso una copia: il lavoro di recensore è duro, ma qualcuno deve pur farlo!
Il “periodico semanal gratuito” dice subito di essere “latinoamericano”, e d’altra parte ci dovrebbero essere pochi dubbi: Milano è sicuramente multietnica, ma di spagnoli ce ne sono pochini, e il mio collega Adolfo se n’è anche andato a Roma. Il mio usacentrismo mi ha fatto stupire un poco, fino a che mi sono ricordato che “America” è anche quella meridionale… Il formato è quello di un vero tabloid, quindi più grande dei soliti free press; la pubblicità è generalmente in spagnolo, anche se c’è chi se ne frega e la mette in italiano; i temi sono generalmente legati alle professioni tipiche dell’immigrato sudamericano, ma si trovano delle chicche come l’intervista ad Alejandro Jodorowsky (finalmente sono riuscito a sapere qualcosa in più del regista dell’indimenticabile “La montagna sacra”). Non mancano le paginone sul “deportes” (fútbol, fútbol, fútbol… solo i colombiani parlicchiano dei loro ciclisti) e le notizie interne dei vari paesi latinoamericani. Ci sono persino annunci ufficiali del consolato ecuadoregno (che dice che sono senza passaporti, e quindi quelli in scadenza verranno rinnovati e non rifatti)…
A parte le battute, mi pare un’ottima idea, di indubbia utilità.

Ultimo aggiornamento: 2007-02-02 22:32

_L’elenco telefonico di Atlantide_ (libro)

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Opera prima del bancario legale friulano Tullio Avoledo e incredibile successo di vendite che deve avere stupito anche il primo editore Sironi, che infatti ha poi ceduto i diritti ad Einaudi, il libro (Tullio Avoledo, L’elenco telefonico di Atlantide, Einaudi Tascabili – Scrittori, 20052, pag. 504, € 12, ISBN 9788806173395) parla del bancario legale (però giuliano e non friulano…) Giulio Rovedo, che sta per venire fagocitato insieme alla sua piccola banca da una multinazionale. Solo che dietro questa facciata si dipana una sequela di personaggi, che fanno il doppio e il triplo gioco, e che sono tutti alla ricerca dell’Arca dell’Alleanza, manco avessimo un novello Indiana Jones. Personalmente ho trovato la parte centrale del libro piuttosto noiosa, e ho preferito di gran lunga l’inizio scoppiettante e la parte finale (ma non l’appendice…), forse un po’ sconclusionata ma sicuramente divertente. Però mi pare che Avoledo sia un po’ come Benni: bravissimo nelle brevi scenette davvero godibili, ma troppo poco coeso nella forma del romanzo. Meglio comunque di tanta roba che si legge in giro.

Ultimo aggiornamento: 2007-02-02 15:20

<em>Donne informate sui fatti</em> (libro)

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Fa un po’ specie non trovare la coppia F&L, ma d’altra parte Lucentini si è suicidato mentre il suo antico sodale non ne sente la necessità. Così in questo libro (Carlo Fruttero, Donne informate sui fatti, Mondadori 2006, pag. 198, € 16.50, ISBN 88-04-56073-8) troviamo la firma di Fruttero in un giallo ambientato come sempre a Torino – e garantisco che la città è perfettamente riconoscibile! – ma scritto come una serie di capitoletti ciascuno dei quali vede come voce narrante una donna: otto in tutto, compresa la vecchia contessa che appare una sola volta verso la fine ma è la chiave di volta per scoprire chi sono stati gli assassini della giovane donna il cui cadavere viene ritrovato a pagina 1 o giù di lì. In effeti i personaggi sono un poco stereotipati, ma la storia è ad ogni modo piacevole; la vera pecca del libro è che è striminzito, visto che arriva a 198 pagine sfruttando il font molto grande e le mezze pagine vuote tra un capitolo e l’altro. Potrebbe essere meglio aspettare che il libro esca in un’edizione meno costosa, insomma: tanto non è certo un instant book!

Ultimo aggiornamento: 2007-01-30 12:17

<em>Thud!</em> (libro)

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Nella saga siamo arrivati a quota trenta libri (più i cinque definiti “for young readers”, probabilmente perché qualcuno si lamentava della troppa prolificità del Nostro). Nel Discworld questa volta (Terry Pratchett, Thud!, Corgi 2006 [2005], pag. 455, Lst 6.99, ISBN 0-552-15267-9) ci si trova a rischiare una guerra tra troll e nani, e solo il Comandante Vimes potrà trovare una soluzione, sempre che riesca a venire a patti con il suo Disorganizer con la tecnologia Bluenose™ e a raccontare ogni sera la storiella “Dov’è la mia mucca?” a suo figlio. Ah sì, dovrà imparare a giocare a Thud!, il gioco da scacchiera favorito dalle varie specie che vivono ad Ankh-Morpork. Rimettendosi a leggere i primi libri della serie, si vede come le trame siano completamente cambiate: molta meno magia – tanto per i nostalgici dello stile per il momento c’è ancora Harry Potter – ma in compenso ci si lancia a improbabili paragoni col Codice da Vinci. Il guaio, si fa per dire, è che la lettura è sempre piacevole, e Pratchett ormai si diverte a far vedere le cose di oggi con la lente del Discworld. Il guaio (più serio, ma nessuno ti obbliga a spenderci su soldi) è che il merchandising è assurdo: hanno stampato il libro Where Is My Cow?

Ultimo aggiornamento: 2007-01-25 15:47

Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra (libro)

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Questo libretto davvero smilzo che mi sono trovato nella biblioteca di quartiere (Roald Dahl, Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra – Lo scrittore automatico [The Bookseller – The Great Automatic Grammatisor], TEA – Teadue 20063, pag. 61, € 5, ISBN 8878186880, trad. Massimo Bocchiola) contiene due racconti “per grandi” di Roald Dahl, entrambi legati al mondo del libro. Nel primo, Dahl racconta del libraio antiquario londinese Mr Buggage che insieme alla sua assistente Miss Tottle ha trovato un ottimo sistema per guadagnare soldi: inviare false fatture per inesistenti libri pornografici alle neovedove di vari personaggi; nel secondo, si racconta di come il giovane Adolph Knipe, pessimo scrittore ma tecnico sopraffino, abbia inventato una macchina per comporre libri di ogni genere, e di come abbia convinto i veri autori a smettere di scrivere.
A mio parere, il secondo racconto – anche se mi ricorda un po’ Primo Levi – è meglio del primo. Se devo essere sincero, però, mi aspettavo di più da Dahl: non so se la colpa è della traduzione che si direbbe formalmente corretta ma un po’ piatta, oppure è perché sono stato abituato troppo bene dalla prosa degli altri suoi racconti che ho letto.

Ultimo aggiornamento: 2007-01-18 16:43

Vita di Galileo (teatro)

Ieri sera abbiamo fatto un’allegra brigata di cinque persone (Anna, io, Marina, Simona e Loris) per andare allo Studio a vedere il brechtiano Vita di Galileo nell’allestimento coprodotto dal Piccolo e dai cosentini di Libero Teatro, sotto la regia di Maximilian Mazzotta. L’opera deve piacere così tanto a quelli del Piccolo che invece del solito “libretto” accompagnatore di otto pagine di cui quattro di pubblicità ne abbiamo ben trentadue. Che posso dire invece io? mah. Gli attori, quasi tutti giovanissimi, sono bravi. L’idea di farla al centro del teatro e non sul palcoscenico, con tutti tranne Alessandro Castriota Scanderbeg – Galileo seduti in un cerchio e che si alzano man mano, è vincente: la struttura dello Studio aiuta molto. Anche mettere uno schermo in alto per fare vedere le immagini degli astri – o magari della Cappella Sistina – non è stato male. Far fare a delle donne le parti dei cardinali e del Papa è un po’ strano, ma nella struttura della rappresentazione ci stava benissimo.
Però ci sono alcune scene che sono balletti, musical persino, che ho francamente trovato poco comprensibili, e che spezzavano la continuità senza un vero senso; più sensato vedere a volte i vari personaggi ruotare intorno a Galileo come pianeti, chi in un senso chi nell’altro. Poi non ho per nulla capito – e non sono stato il solo – i momenti come quello iniziale dove Galileo è fermo in mezzo alla scena e tutti gli altri fanno vari rumori. Quelli della campagna? la vita di città? La scena si è ripetuta tre o quattro volte, quindi un senso ce l’aveva di sicuro. Basterebbe scoprire quale. Rispetto al libretto brechtiano, sono state tagliate alcune scene: l’opera dura complessivamente ottanta minuti.
Chi volesse vederlo a Milano, lo troverà fino al 21 gennaio con una successiva reprise tra il 26 febbraio e il 4 marzo; la compagnia è comunque in tournée per l’Italia.

Ultimo aggiornamento: 2007-01-14 18:13