Archivi categoria: socialcosi e internet

Certo, virgola, certo

"Mark turro" E io dovrei credere che @Make60739344 sia il “Personal assistant to Elon musk for social media management.”? Un po’ come ieri “Paul Krugman Newsletter” che risponde a un mio commento di tre settimane fa sul substack di Krugman qualcosa che cominciava “Maurizio, I know this message sounds crazy but I’ll be glad if you don’t mind texting me on what’s app! I have something to share with you.” e poi aveva un numero di telefono da chiamare. (il messaggio con quelli uguali scritti ad altri commentatori è stato poi cancellato, non ho idea se da Substack o dal vero Krugman)

Mentre sono abbastanza certo che c’è chi casca agli spam sgrammaticati e chi pensa che le signorine più o meno discinte siano davvero interessate a noi (e davvero signorine), mi chiedo se questo tipo di phishing porta davvero a qualche risultato per chi lo fa. Ma mi sa di sì.

Ultimo aggiornamento: 2025-06-15 18:53

La conoscenza del digitale

Il mio amico Marco Renzi, giornalista da una vita attento al mondo del digitale, qualche giorno fa mi ha mandato questo suo testo riguardo alla conoscenza del digitale, che (parole sue) non è il «falso presente digitale che ci raccontano – meglio dire spacciano – le holding tecnologiche multimiliardarie interessate solo a detenere il controllo», ma «il passaggio epocale che ha reso il mondo un posto “calcolabile”.» Io concordo con quanto (anche se un po’ apocalittico) ha scritto Marco, soprattutto sulla parte delle “due conoscenze” che ripropone in chiave contemporanea il famigerato concetto delle due culture. Aggiungo però qualche mia considerazione personale.

Per prima cosa comincio col notare che non è che i nativi digitali siano poi così bravi anche nella conoscenza digitale: lo vedo con miei figli (ok, io sono un pioniere digitale quindi le cose le ho viste nascere e crescere, sono avvantaggiato). Loro sanno semplicemente usare le cose nel modo standard, e una qualunque deviazione li manda in tilt… più o meno come quello che succede a me se l’auto si pianta mentre sto guidando. In effetti la conoscenza (mia nel caso del funzionamento dell’automobile, dei nativi digitali per le app digitali) è puramente procedurale, e quindi di bassa qualità: serve una conoscenza almeno in parte metafisica ed epistemologica, e quindi sul perché e su come le cose funzionano.

Maurizio Codogno, [02/06/2025 13:25]
rileggendo il tuo post mi sono accorto che la prima volta avevo capito male la frase “ogni deviazione da questo percorso di conoscenza” e che tu intendevi “conoscenza del digitale” e non “il digitale ha un unico percorso dal quale non si può sgarrare” (il che è falso).

La difficoltà che io vedo nel dare una conoscenza del digitale è che essa non è “fare informatica”, cosa che comunque è utile di per sé, non foss’altro che perché se impari i rudimenti di programmazione hai a tua disposizione un percorso logico che ti aiuta anche altrove (forse anche più della matematica, almeno per i ragazzi). Secondo me conoscere il digitale significa capire come il digitale è diverso dall’analogico. La prima cosa che mi viene in mente è che nell’analogico tu hai automaticamente delle tolleranze, proprio perché hai un movimento continuo e non discreto; nel digitale invece lo sviluppatore deve prevedere a priori delle tolleranze. Esempio cretino: quando inserisci in un form il numero di carta di credito, il sistema, e quindi lo sviluppatore, deve fare in modo che se io digito degli spazi tra i gruppi di cifre è il software che deve toglierli, e non lamentarsi perché hai finito i 16 caratteri a disposizione. Peggio ancora con il codice fiscale: anche lì la conversione minuscolo-maiuscolo dev’essere qualcosa che fa il software, e in compenso non bisogna esagerare con il controllo sintattico di cifre e lettere, perché si rischia di non accettare codici modificati per omocodia. Ribadisco: per me la grande differenza tra analogico e digitale è che in quest’ultimo non puoi permetterti il minimo sbaglio. Insomma, per me la conoscenza del digitale è sapere che tu puoi simulare quanto vuoi il risultato ma devi essere certo che la simulazione sia corretta; spostandoci dallo sviluppatore all’utente, è sapere che la logica interna a un software è quella, e se non corrisponde a quello che vuoi fare tu allora devi cercare un modo per fregare il software. Questa è un’altra cosa che per noi pionieri digitali è una seconda natura, tra l’altro.

Il guaio è che non ho idea di come insegnare queste cose. Io le ho imparate sul campo, ma 40 anni fa la situazione era molto diversa. (E comunque io sono probabilmente borderline Asperger, quindi con il digitale ero favorito, proprio perché non dovevo preoccuparmi del non detto: tutto quello che serviva ce l’avevo davanti a me…) Voi avete qualche idea su come si possa farlo, sia per gli studenti che per gli adulti?

Non possiamo sfuggire alle IA

È notizia di ieri: Pavel Durov ha fatto un accordo con xAI, la società di sviluppo di intelligenze artificiali di Elon Musk, per inserire Grok all’interno di Telegram. Questo segue l’AI Overview nelle ricerche di Google, con i suoi svarioni.

Io non sono contrario a priori a usare intelligenze artificiali: però voglio andare a cercarmele da solo e decidere se quello che dice può o no avere senso (sembra un paradosso, ma se per esempio le chiedo di rimettere in sesto un testo che ho scritto so bene cosa può andare bene e cosa no). Obbligarci quasi a usarle, o se volete essere più buoni incentivarci in maniera pesante, serve solo a obnubilarci: il che significa che gli input che diamo loro in pasto (e che servono ovviamente per addestrare le IA) saranno sempre più banali, con un circolo vizioso. Brutta storia, soprattutto tenuto conto che se per sbaglio Grok dà risposte troppo accurate Elonio ha sempre la possibilità di ritararlo secondo il suo pensiero.

Ultimo aggiornamento: 2025-05-29 10:18

Meta e uso dell’AI

opposizione accolta da Meta Io non ho più un account Facebook, ma ne ho ancora uno Instagram, anche se non lo uso. Un paio di settimane fa mi è arrivato un messaggio dicendo che Meta avrebbe usato le interazioni che avevo con l’app per addestrare la sua IA e che potevo oppormi, cosa che ho subito fatto: e in effetti dopo qualche ora mi è arrivata la mail che ho postato qui sopra. Non che saranno stati in tanti a farlo, penso.

A dire il vero la mia è stata una pura questione di principio, e non mi aspetto nulla, anche perché appunto non interagisco praticamente con Instagram: altrimenti avrei cominciato a scrivere frasi molto specifiche e vedere se venivano usate tali e quali. Però diciamolo onestamente: è ovvio che per addestrare un’IA occorre una sbalardata di dati. Non vedo nulla di male a usare dati pubblici se c’è una rimunerazione di questi dati. L’altro giorno il mio amico Andrea Monti scriveva che è ormai entrato nell’uso il concetto “paga in dati, o paga in moneta, ma in un modo o nell’altro, paga”: lo vediamo quando apriamo chessò il Corriere e abbiamo la scelta tra il farci profilare o pagare un abbonamento per leggere un articolo. Perché dunque non associare il permesso d’uso dei nostri dati a un corrispettivo, non necessariamente economico? Solo che mi pare che non stia succedendo nulla del genere, e quindi tra un po’ troveremo praticamente obbligatorio che i nostri testi addestrino le IA (con che risultati, non ho idea: magari COMINCIERANNO A SCRVERE MAIUSCOLO, SGRAMMATICATO E CON TANTI PUNTI ESKLAMATIVI!!!!!1!!1!)

Ultimo aggiornamento: 2025-05-02 16:44

Proton VPN integrata in Vivaldi

Vivaldi+Proton È ormai abbastanza di moda avere un browser con una VPN integrata per bypassare alcune protezioni basate sull’IP. Come sempre, vale la regola “se vi serve davvero farlo, evitate come la peste le VPN gratuite e sganciate un po’ di soldi”.

Detto questo, le ultime versioni di Vivaldi hanno integrato la versione base di Proton VPN. Nulla di più e nulla di meno, come si può leggere qua: non è possibile scegliere quale proxy usare, e se ne hanno a disposizione solo cinque, proprio come se si usa la versione free di Proton. Per il resto è necessario acquistare la versione Pro. Insomma, direi che più che altro questa “integrazione” è un teaser pubblicitario: mi sarei aspettato perlomeno di poter scegliere quale dei cinque proxy usare, il che avrebbe avuto un po’ di senso in più. Ma come dicevo all’inizio…

La censura oggi

Ieri mattina Google, nella Sua Infinita Sapienza, mi ha inviato una mail dal titolo «Notice of European data protection law removal from Google Search» che dice

To: Owner of https://xmau.com/,

Due to a request under data protection law in Europe, Google can no longer show one or more pages from your site in Google Search results. This only affects responses to some search queries for names or other personal identifiers that might appear on your pages. Only results on versions of Google’s search results for countries applying European data protection law are affected. No action is required from you.

Poi il testo si dilunga a spiegare che non è che le pagine non siano indicizzate, ma che per alcune ricerche specifiche quelle pagine non vengono ritornate (dalla UE: e soprattutto che «We aren’t disclosing which queries have been affected. In addition, to comply with developments in European law, which seek to prevent the identification of the requester, we are no longer disclosing the affected URLs.»

Non so che cosa io possa avere scritto di così terribile da far sì che qualcuno abbia chiesto il diritto all’oblio. Non penso sia qualcosa legato alla diffamazione, perché sto sempre molto attento a come scrivo le cose. Quello che però noto sono due cose. La prima è che non serve nemmeno più minacciare di citare a giudizio per nascondere le cose (vere) che non si vogliono far sapere: basta fare una richiesta a Google e si scompare senza lasciare traccia. La seconda è che c’è una censura ancora più subdola e benedetta dall’UE: d’accordo non indicare quali sono le URL affette, perché altrimenti un sito malintenzionato potrebbe modificarle leggermente: ma non sapere nemmeno chi ha chiesto la rimozione mi pare davvero troppo.

Detto tutto questo, ho fatto una prova con questa stringa di ricerca. Arrivano alcuni risultati dalle categorie del blog, ma questa pagina non appare. Eppure se uso la stessa stringa di ricerca su DuckDuckgo quello è l’unico risultato che ritorna. Chissà se ci ho azzeccato oppure questo è un risultato bloccato da anni… (se qualcuno ha una VPN americana o comunque non UE e provasse la stessa ricerca per controprova gliene sarei grato)

Amazon l’ha esplicitato (almeno in US)

kindle in US - licenza kindle in Italia - occorre leggere i termini di utilizzoMitì Vigliero segnala un post di The Ebook Reader, che mostra una modifica in quanto scritto su Amazon.com quando si “compra” un ebook. Adesso è scritto che comprando l’ebook si acquista una licenza per il contenuto.
Se guardate cosa succede acquistando un libro Kindle in Italia, parrebbe che le cose non siano così: ma non è vero. I termini di utilizzo del Kindle Store sono sempre gli stessi:

Amazon ti concede il diritto non esclusivo di vedere, usare e visualizzare tale Contenuto Kindle […] esclusivamente tramite il Software Kindle, oppure con le diverse modalità autorizzate per il tipo di Servizio, sui Dispositivi Supportati specificati nella sezione Gestisci i tuoi Contenuti e Dispositivi all’interno del tuo Account […] Il Contenuto Kindle ti viene concesso in licenza d’uso e non è venduto da Amazon.

Non credo di aver mai visto in vita mia un ebook venduto davvero. (Al limite regalato, come un paio di miei librini che hanno una licenza CC-BY-NC 4.0: ma tecnicamente nemmeno quelli si comprano, appunto). E allora perché Bezos ha dovuto cambiare il testo del messaggio quando si acquista un ebook negli USA? Pare che ci sia una nuova legge californiana che afferma che gli acquirenti devono visibilmente sapere che stanno solo acquistando una licenza d’uso: ma Kobo continua a linkare solo i termini di utilizzo. In definitiva, circolare, circolare: non è successo nulla!

Aggiornamento: (h 11:15) questa è la pagina di copyright di un ebook Mondadori (che ho preso da MLOL). Come vedete, non si parla mai di acquisto dell’ebook, anche se in effetti viene lasciata in principio la possibilità…

Ultimo aggiornamento: 2025-03-10 11:21

Amazon blocca il salvataggio via USB

l'avviso di Amazon Chi non ha mai preso un ebook su Amazon? Anche chi come me non ha un Kindle l’ha fatto spesso. Ho controllato: nella mia biblioteca Kindle ho 103 titoli. Fino ad ora non c’erano molti problemi: uno si scaricava il libro, se lo convertiva in epub e se lo leggeva sul suo device.

Era illegale? Sì. Gli ebook non sono acquistati ma presi in licenza, e chi te li licenzia può farci di tutto, compreso cancellarteli (si spera restituendo i soldi) o aggiornandoli automaticamente (magari con le versioni bowdlerizzate, come nel caso dei libri di Roald Dahl); tu invece non puoi usare un programma per togliere il DRM, il blocco digitale dei contenuti. Ma è anche vero che almeno nell’Unione Europea abbiamo il diritto di farci una copia di backup (che poi non puoi craccare, d’accordo). Non sto nemmeno parlando del meme di Internet “If buying isn’t owning, piracy isn’t stealing”. Parlo di libri pagati e tenuti per sé, magari perché Amazon ha un’esclusiva e non permette di mettere in vendita altrove un certo testo.

Bene: avete ancora pochi giorni per scaricarvi i vostri-ma-non-davvero-vostri libri: dal 26 febbraio Amazon eliminerà questa possibilità. Potrete solo inviare i libri al vostro Kindle (o si spera all’app Kindle sul vostro PC: la cosa non mi è chiarissima, anche se leggendo qui direi di sì, ma so che se non sarà possibile Anna passerà a IBS). Per non sapere né leggere né scrivere ho scaricato i 383 libri che ha comprato Anna, adesso devo partire con i miei…

Ultimo aggiornamento: 2025-02-20 08:58