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Fiera del libro, Israele ed Egitto

In questi giorni sta montando la polemica contro la Fiera del Libro di Torino, che ha scelto Israele come paese ospite per il 2008. Premesso che, come avevo tumblrato, sono perfettamente d’accordo con il boicottaggio – nel senso che chi non vuole partecipare per questa ragione, è bene che non partecipi e siamo tutti più contenti – il caso si complica.
Oggi (o era ieri?) ho letto qualcuno che citava Lia, la quale affermava che il paese ospite per il 2008 sarebbe stato l’Egitto, ma che poi Picchioni e Ferrero hanno spostato il paese arabo al 2009, “per far posto a Israele”. Bene, ho provato a fare qualche ricerchina in rete.
Purtroppo il sito della Fiera del Libro impedisce alla WayBack Machine di salvare le proprie pagine, quindi non posso vedere cosa veniva detto l’anno scorso. In compenso, il secondo dei documenti citati da Lia è datato 29 dicembre 2007, quindi undici giorni dopo la conferenza stampa che ho citato all’inizio del post. Il primo documento, però, è datato 19 gennaio 2007, e quindi si direbbe ben vecchio. Peccato però che non è “degli archivi della Fondazione per il Libro Rolando Picchioni”, ma è semplicemente taggato in quel modo: il sito è un banale blog di nome comunicatistampa.wordpress.com. Il bello è che questo blog è invece presente sulla WayBack Machine: però, se si guarda la versione del 19 febbraio 2007, si riesce a tornare indietro fino al 12 gennaio, e del comunicato non v’è traccia. Insomma, il comunicato stampa è stato aggiunto almeno un mese dopo la data che riporta. Interessante, vero?
Ammetto che sono una persona davvero pigra: altrimenti sarei andato in emeroteca a spulciare i giornali del maggio scorso, visto che generalmente alla fine della manifestazione viene indicato il paese ospite per l’anno successivo. Però mi sa che qualcuno sta cercando di montare il solito complotto giudoplutomassonico… ehm no, scusate, arabopauperojihadico. Sapete, l’abitudine…
aggiornamento: (6 febbraio) da quanto scritto nei commenti si può immaginare questo scenario. A inizio 2007 ci sono dei contatti con l’Egitto per il solito scambio di link tra blog… ehm, di ospitate nelle fiere del libro. Poi hanno pensato di rimandare dal 2008 al 2009 l’invito, per fare sinergia con una mostra che ci sarà a Torino. A questo punto Picchioni e Ferrero, visto che erano da quelle parti, sono andati a chiedere a Israele: sicuramente a metà dicembre la cosa era ufficiale, e in Egitto al tempo non si è lamentato nessuno. A fine dicembre iniziano a vedersi i primi siti che parlano di Egitto ospite 2008, non si sa se per errore o altro. Intanto in Italia ci sono le feste di Natale, e la sinistra antagonista si accorge della cosa a metà gennaio, montando subito l’usuale cancan.
Aggiornamento: (21 febbraio) vedo che c’è gente che non riesce a capire quello che ho scritto. Se lo fanno per partito preso, non ci posso fare nulla; se lo fanno perché proprio non ci arrivano, mi sembra giusto rispiegarglielo con parole spero più chiare.
Io non boicotterò di certo la Fiera del Libro, né mi sono mai sognato di farlo. Inoltre ritengo così imbecilli quelli che vogliono boicottarla, che paradossalmente sono perfettamente d’accordo con loro: voi non andateci, così starò meglio senza correre il rischio di incontrarvi.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-05 16:48

Rep.it e Corsera: chi copia chi?

Quando dico che ho molta stima dei miei lettori, non scherzo affatto. Spesso sono loro a darmi gli spunti per quello che scrivo, risparmiandomi la fatica di scoprire le cose in giro… e di questo gliene sono grato. Scrivere qualche riga non è poi così difficile, se sai cosa dire.
Il grazie stamattina va a Marco, che dal Regno Unito mi segnala due articoli apparsi ieri sui Gemelli dell’Italica Informazione a proposito delle risse in Parlamento. Sono quelli del Corsera e di Rep.it. Che c’è di strano, mi direte? Beh, a leggerne uno solo nulla; a leggerli entrambi c’è una strana sensazione di déjà vu. Il titolo del Corriere è Quando l’aula diventa un ring, con sottotitolo Le risse in parlamento in 60 anni di repubblica; quello di Repubblica è invece Quando l’aula diventa un ring – Le risse in 60 anni di Repubblica. Anche la lista di quello che è accaduto tra i nostri degni rappresentanti è identica, parola per parola. Per chi non ci credesse, ho salvato a imperitura memoria le schermate: Corriere / Repubblica.
Credevo che avessero copiato entrambi da Wikipedia, un classico in questi casi, ma non ho trovato nulla. Dando un’occhiata alle header, rep.it, che dà molte più informazioni, afferma che il suo articolo è stato postato alle 20:02:54, mentre il corsera tace sull’ora. Però una rapida googlata farebbe effettivamente propendere per una netta vittoria degli scalfariani. Sarebbe interessante se in via Solferino qualcuno commentasse mai questo “strano caso”, vero?

Ultimo aggiornamento: 2008-01-25 10:33

Il discorso che il papa non terrà

Occhei, il papa domani alla Sapienza non ci sarà, ma ormai il suo discorso l’aveva scritto, e quindi ha pensato bene di pubblicarlo, addirittura in anticipo in modo che potesse essere stampato e distribuito. Rep.it, apprezzabilmente, l’ha presentato integralmente. Ho come il sospetto che non saranno in tanti a parlare, quindi tanto vale lo faccia io, anche se per forza di cose (mie) un po’ rapidamente.
Il punto chiave di tutto il discorso è quasi all’inizio: «Nell’università “Sapienza”, l’antica università di Roma, però, sono invitato proprio come Vescovo di Roma, e perciò debbo parlare come tale». Non posso dargli torto: il problema non è suo, ma del rettore Guarini che appunto non solo decide di invitare all’inaugurazione dell’anno accademico il vescovo locale (nulla di male), ma vuole anche che faccia una lectio magistrali.
Proseguendo, Ratzinger, seguendo John Rawls di cui io ovviamente non avevo mai sentito parlare, afferma che «Di fronte ad una ragione a-storica che cerca di autocostruirsi soltanto in una razionalità a-storica, la sapienza dell’umanità come tale – la sapienza delle grandi tradizioni religiose – è da valorizzare come realtà che non si può impunemente gettare nel cestino della storia delle idee». È un discorso un po’ sul filo del rasoio, anche se non ha affermato che la sapienza delle grandi tradizioni religiose è ipso facto una vera sapienza, ma semplicemente che bisogna tenerne conto. Notate che non ha parlato specificatamente della religione cristiana e della confessione cattolica :-)
Da qui passa, attraverso una citazione di Socrate che a me sembra piuttosto fuori tema, ad affermare che già i primi cristiani erano convinti che per la loro fede serviva anche la ragione, per potersi interrogare su Dio: direi un tema a lui caro. Personalmente però non sono affatto d’accordo con la successiva citazione di Agostino, che «ha affermato una reciprocità tra “scientia” e “tristitia”: il semplice sapere, dice, rende tristi. E di fatto – chi vede e apprende soltanto tutto ciò che avviene nel mondo, finisce per diventare triste.». Si può discutere se la scienza fatta per sé stessa non sia una manifestazione di misantropia, ma da qua ad arrivare a dire che “è triste” ce ne va parecchio.
La lectio magistralis continua parlando della divisione quadripartita dell’università medievale, partendo dalla Medicina che pur essendo vista quasi come un’arte era però considerata avere della “ratio” al suo interno, e continuando con Giurisprudenza. Qui fa un lungo inciso, tornando al giorno d’oggi e parlando delle teorie sulla democrazia di Jurgen Habermas (lui almeno l’avevo già sentito nominare). L’accenno alla spiegazione della «forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti» secondo Habermas – non bastano le maggioranze aritmetiche, ma ci vorrebbe un purtroppo ben difficile da ottenere «processo di argomentazione sensibile alla verità» – è a mio parere molto bello, assolutamente generale, e quindi verrà accuratamente evitato da tutti i nostri politici.
Parlando di verità, ritorna poi all’università medievale e alle altre due facoltà, Filosofia e Teologia, che considera come «una peculiare coppia di gemelli, nella quale nessuna delle due può essere distaccata totalmente dall’altra e, tuttavia, ciascuna deve conservare il proprio compito e la propria identità.», ricordando come già san Tommaso d’Aquino [nota: Agostino non aveva il “san” davanti, Tommaso sì. Si vede subito a chi vanno le sue preferenze] affermasse l’autonomia della filosofia dalla teologia.
Il Papa reitera il suo punto: anche se «Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono.», comunque rivendica per la teologia il diritto di dare degli input alla filosofia, proprio perché parte da una conoscenza comune dell’umanità. Da qua in poi c’è il punto più debole di tutta la lectio, almeno a mio parere. Infatti, va bene dire che «Il messaggio cristiano, in base alla sua origine, dovrebbe essere sempre un incoraggiamento verso la verità e così una forza contro la pressione del potere e degli interessi.» (notare il condizionale…) ma avrei qualche dubbio sul «il messaggio della fede cristiana [è] una forza purificatrice per la ragione stessa, che aiuta ad essere più se stessa». Questo implica infatti che non può esistere ragione senza fede (sì, lo so, un altro punto fermo del pensiero ratzingeriano), però mi sembra un’affermazione assolutamente indimostrabile.
Anche l’accenno successivo all’università moderna, dove le “nuove dimensioni del sapere” sono valorizzate soprattutto «nelle scienze naturali, che si sono sviluppate sulla base della connessione di sperimentazione e di presupposta razionalità della materia» e «nelle scienze storiche e umanistiche, in cui l’uomo, scrutando lo specchio della sua storia e chiarendo le dimensioni della sua natura, cerca di comprendere meglio se stesso» fa molto arrabbiare il matematico che è in me e che si trova messo fuori gioco. Seriamente, la matematica (pura) non può proprio entrare nello schema indicato da Benedetto XVI, perché lo studio delle relazioni matematiche di per sé, e non quindi come modelli per quelle che lui chiama “scienze naturali”, richiede la ragione ma non ha assolutamente bisogno della sapienza delle religioni, grandi o piccole che siano. D’altra parte questa parte del discorso finisce con un’implicita ammissione di accerchiamento: «Detto dal punto di vista della struttura dell’università: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande.».
Fortunatamente nella parte finale, dove ricorda che il papa «Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà», è più tranquillizzante. Non rompiamo lamentandoci per l’invito alla ragione «a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro.». Come dicevo all’inizio, il rettore ha chiesto la lectio magistralis al Papa: è come lamentarsi per avere invitato Luca Cordero di Montezemolo alla riunione annuale di Ciclobby, e sentirlo terminare dicendo “la bicicletta è bellissima, e messa sul tetto della vostra automobile quando andrete in vacanza vi farà sentire più liberi”.
Occhei. Penso che ormai lo sappiate che io preferisco di gran lunga le discussioni filosofiche di Ratzinger al misticismo di Wojtyla, e so benissimo che i veri motivi per le contestazioni da parte di studenti e professori romani rimangono intatti: però devo dire che – pur non concordando in vari punti con quanto da lui detto nella sua lectio magistralis – l’ho trovata una lettura interessante.

Ultimo aggiornamento: 2008-01-16 23:51

se la FIMI gioisce…

Leggo da Daniele Minotti che c’è un progetto di legge sulla riorganizzazione della SIAE; e che la scorsa settimana, in commissione, è stato presentato e approvato un emendamento della cosiddetta “sinistra radicale” (Folena e Luxuria). Questo emendamento, che diverrebbe il comma 1bis dell’articolo 70 della legge sul diritto d’autore (22 aprile 1941, n. 633, più una sfilza di aggiornamenti) recita
«È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet a titolo gratuito di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradati, per uso didattico o enciclopedico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro della pubblica istruzione e dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o
enciclopedico di cui al precedente periodo.»

Così ad occhio la cosa mi parrebbe molto bella: però secondo Guido Scorza (post 1 e post 2) la cosa è peggiorativa rispetto alla situazione attuale. In due parole, per chi non ha voglia di leggersi quei post, adesso il comma 1 afferma che «Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali»; con il nuovo comma, nella peggiore delle ipotesi non si potrebbero più usare testi per scopi di ricerca; ma anche nella migliore delle ipotesi non si potranno usare più immagini e musica se non “degradate”. Quanto degradate non si sa, naturalmente. Insomma, già io dovrei stare molto attento a quello che inserisco nel mio sito – che è la quintessenza dei fini non commerciali; figuriamoci uno che mette gli AdSense nelle sue pagine.
Io avrei anche pensato a una paranoia da parte di Scorza: però dopo avere scoperto che la FIMI, vale a dire la federazione dei discografici, plaude all’emendamento ho cambiato idea. E comunque l’avvocato è lui, mica io… forse è meglio che mi fidi di chi ne sa più di me.

Ultimo aggiornamento: 2007-09-24 22:13

beppegrillo™ reloaded

Innanzitutto, ringrazio PiDave che è riuscito a trovarmi quello che dovrebbe essere il testo completo della proposta di legge che varie centinaia di migliaia di persone hanno firmato sabato e di cui avevo parlato. Che dire di più?
Non ho nulla da aggiungere sulla parte della non rieleggibilità dopo due elezioni: o meglio, faccio solamente notare che PresDelCons, ministri e sottosegretari non devono necessariamente essere parlamentari, il che significa che qualcuno dei firmatari potrebbe avere delle sorprese se la legge fosse approvata. Sulla parte del voto di preferenza, di nuovo nulla da dire: ma come avevo detto, qui sono d’accordo. Resta la parte che è stata etichettata come “Parlamento Pulito”. Dal punto di vista legale, il tutto è scritto in maniera “corretta”: ad esempio, chi è condannato in primo o secondo grado non è ineleggibile, ma “sospeso dall’ufficio” (ma se poi lo assolvono, gli danno tutti gli arretrati?) Notate che può tranquillamente candidarsi ed essere eletto, e soprattutto che non può venire sostituito :-) Ma il punto più interessante è quello su chi diventa ineleggibile o sospeso: bisogna essere stati condannati per reato non colposo ovvero a pena detentiva superiore a mesi 10 e giorni 20 di reclusione per reato colposo. Ora, beppegrillo™ afferma di essere stato condannato per omicidio colposo a quindici mesi, che sono sicuramente più di dieci mesi e venti giorni; però io sono un andreottiano, e penso comunque male.
Attenzione: dal mio punto di vista se Grillo volesse candidarsi non avrei problemi. Però non mi piace per nulla il modo di andare avanti a slogan (perché il testo della proposta di legge non è bello in evidenza sul suo sito, e non su un forum di volontari per quanto generosi e dotati delle migliori intenzioni?) Per me quella non è politica: non che sia politica quello che i sedicenti politici stanno facendo in Italia, ma resto dell’idea che per fare politica uno debba spiegare le cose, non lanciare proclami, ukase o fatwa. Con quelli fai il capopopolo.

Ultimo aggiornamento: 2007-09-11 10:29

La Brambilla e i quotidiani italiani

Oggi il Guardian pubblica un’intervista a Michela Vittoria “MVB” Brambilla. Cosa fanno i principali italici quotidiani? La Stampa segnala l’intervista, mette una foto di MVB, traduce i primi due paragrafi e si “dimentica” di mettere un collegamento all’originale.
Il Corriere della sera mette la foto, la stessa traduzione (parola per parola) dei primi due paragrafi, ma almeno lascia un link all’originale.
E Repubblica? Loro non hanno bisogno di citare il Guardian, perché hanno la loro intervista esclusiva.
(comunque consiglio di leggere l’originale inglese, anche se scade nell’agiografia quando racconta di tutti gli animali che la MVB tiene a casa. Ma la risposta all’ultima domanda, quando lei dice “del passato della gente non mi importa”, è da incorniciare)
Aggiornamento: ho controllato i feed dei due quotidiani copioni. La Stampa ha pubblicato la notizia alle 8:53 e l’ha modificata alle 9:56; il Corsera l’ha pubblicata alle 11:01 e l’ha modificata alle 14:18. Da questo si evince (a) che a Torino si svegliano prima, e (b) se non hanno copiato entrambi, sono i bauscia ad avere “recuperato” la traduzione.

Ultimo aggiornamento: 2007-09-01 17:23

La messa in latino

Non avevo ancora parlato del motu proprio ratzingeriano che faciliterebbe la possibilità di celebrare la messa secondo il rito tridentino, per l’ottima ragione che il motu proprio non è ancora stato reso pubblico, e non mi andava affatto di parlare sul nulla. Però a quanto pare sono in minoranza: basta leggere Repubblica sempre sulla notizia e scoprire come i cattolici inglesi si lamentino perché la Messa (pardon, la Mesa: ora che Repubblica sta riproponendo i fumetti di Tex, si scoprono delle strane commistioni…) sia antisemita. Sapendo che la maggior parte di quelli che mi leggono sono di estrema sinistra :-), e di queste cose non ne sanno magari troppo, mi pare opportuno dare qualche notizia in più, che può sempre essere utile nelle chiacchierate alla macchinetta del caffè. Altrimenti, come al solito, siete liberi di saltare la lettura.
Innanzitutto, iniziamo da uno scoop di base. Il problema non è la messa in latino. In effetti, come si può vedere andando a sfogliare i documenti del Vaticano II, la Sacrosanctum Concilium (III, 36) dice che nel rito latino la lingua ufficiale è… il latino. Poi viene graziosamente concesso, sotto controllo vescovile, di usare la lingua nazionale. In pratica non credo di conoscere nessun posto in cui la messa venga celebrata col rito postconciliare, ma in latino; però non ci sarebbe nessun problema ecclesiastico a farla. Quello che vogliono i lefebvriani è celebrare la messa col rito tridentino; che il rito sia in latino è un fatto, che ritengano il latino più “degno” per la celebrazione è probabilmente un altro fatto, ma sono due cose distinte.
Secondo scoop: di “perfidi ebrei”, o addirittura i “giudei infami” (sempre da Rep.it, questa volta addirittura in homepage. Strano, non mi pareva che avessero ripubblicato il Cuore, né il Diario minimo con l’Elogio di Franti. Chissà da dove gli è venuto fuori l’aggettivo) effettivamente se ne parlava nel messale Tridentino, durante la funzione (che non è una messa, ma qui entrerei troppo nel dettaglio) del venerdì santo. C’era infatti una preghiera “pro perfidis Iudaeis”: Wikipedia ne riporta il testo. La preghiera “per gli Ebrei” continua ad esserci ancora oggi, anche se il testo è molto cambiato, non solo per la cancellazione della parola “perfidi” ma anche perché non si dice più “fa’ che capiscano qual è la Vera Fede”. C’è tutta una diatriba sul vero significato dell’aggettivo “perfidis” in quel contesto: la mia personale opinione è che era nato nell’accezione latina “che hanno rotto il patto” (quello di Abramo che per un cristiano è stato completato dal Cristo) ma che ha rapidamente assunto il significato attuale di “perfidi” per colpa proprio di quella frase e dell’antisemitismo nemmeno troppo strisciante dei secoli passati. Però…
Il punto è però che quando ho scritto che “se ne parlava“, non è che pensassi al nuovo messale. Il rito tridentino ha avuto varie modifiche, a partire dal 1570 quando fu promulgato; l’ultima avvenne… nel 1962, dove la frase incriminata era stata appunto tolta da Giovanni XXIII, che dietro la faccia contadina da Papa Buono era un finissimo politico e aveva capito che forse era meglio evitare certe espressioni. È possibile che qualche lefebvriano sia un sedevacantista, ma non credo che ritengano diabolica la versione del 1962 dell’Ordo Missae: insomma, la ragione indicata nell’articolo di Rep.it mi pare tanto una bufala. Nulla di così strano.
Per quanto riguarda me, sono completamente agnostico rispetto alla reintroduzione del rito tridentino, almeno fino a quando rimane facoltativo: dal mio punto di vista è troppo esoterico, e non credo nemmeno che la chiesa cattolica ci guadagni qualcosa, ma chi sono io per giudicare?
Aggiornamento: (5 luglio) Anna mi ha fatto notare come in Inghilterra il latino abbia avuto delle connotazioni molto negative a partire dallo scisma anglicano e dalla contestuale King James Bible. Magari la vera ragione è questa…
Aggiornamento: (8 luglio) Continuo l’analisi qua.

Ultimo aggiornamento: 2007-07-04 14:20

divulgazione scientifica su Repubblica

Giusto per far capire cosa i media pensino dell’intelligenza del loro lettore medio, andatevi a leggere questo “articolo” di repubblica.it. L’articolo parla di come il professor Maurizio Seracini stia cercando un sistema per verificare se a Firenze, nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, sotto gli affreschi del Vasari restino delle tracce della battaglia di Anghiari affrescata da Leonardo – che come tutti sappiamo ha sempre avuto dei Grossi Problemi con gli affreschi, vedi il Cenacolo.
Il clou dell’articolo è questo: «La vera protagonista di questa indagine molto speciale sarà una macchina che proprio in questi giorni sta prendendo forma nell’Università di San Diego, in California, dove è volato il suo ideatore, il professor Maurizio Seracini. La macchina avrà uno di questi nomi impossibili. Semplificando potrà essere chiamata acchiappa-colori.». Avete letto bene. “Acchiappa-colori”, manco dovessero mettere l’affresco in lavatrice e non volessero che stingesse. Io che sono bastardo inside e penso sempre male mi chiedo se la signora o signorina Claudia Fusani l’abbia trovato, quel “nome impossibile”: credo però di no, perché le mie ricerche non hanno portato a nulla. Però ho scoperto un bel po’ di cose a riguardo: nel resto del mondo si è parlato della cosa tra febbraio e marzo (vedi Time, il New York Times, i siti della UCSD e della Emory University che poverina è stata dimenticata nella foga di scrivere l’articolo, forse perché in Italia non la conosce nessuno). Se uno vuole, può anche farsi una cultura leggendo qua.
Magari qualcuno può pensare che “sì, è tutto vero, ma qua non si era ancora certi che Rutelli desse l’ok alla ricerca, si sa come vanno queste cose…”. Può darsi. Però, sempre andando a spulciare in giro, ho scoperto che più di un mese fa il comitato scientifico si è regolarmente insediato. Notizia freschissima, vero? Bei frigoriferoni a rep.it, vero?

Ultimo aggiornamento: 2007-06-29 18:18