Archivi categoria: religione

Il Perdono d’Assisi

Lo so, oggi si dovrebbe parlare della strage di Bologna. Ci sono tanti blog in giro, che probabilmente sapranno erudirvi molto più di me. Io invece parlo di una cosa di cui sapevo l’esistenza, ma non avevo mai considerato attentamente: il Perdono d’Assisi.
Innanzitutto, per i poco versati nelle cose della chiesa cattolica romana, spiego in due parole che cos’è l’indulgenza plenaria. Per i cattolici la confessione rimette i (manda via la colpa dei) peccati, quindi dopo essersi confessato si rientra in grazia di Dio. Ma resta la pena per i peccati commessi: come diceva il buonanima del mio professore di religione al liceo, io ti posso anche perdonare se con una pallonata hai rotto il vetro della finestra del soggiorno, ma il vetro bisogna comunque ricomprarlo. Risultato? Avrai da stare per un po’ in Purgatorio, ad espiare la pena; a fare lavori socialmente utili, diremmo oggi. Bene: l’indulgenza cancella anche la pena, in parte o – se plenaria – tutta. Essendo Dio infinito, per Lui il costo marginale di un vetro nuovo è nullo, e può permettersi di queste cose.
L’indulgenza si può lucrare (notate il termine) per sé stessi o per i defunti, partendo evidentemente dal principio che non siano finiti all’inferno. Storicamente c’erano due modi per ottenerla: facendo un pellegrinaggio in Terra Santo o altri luoghi importanti e soprattutto sganciando un po’ di soldi alla Chiesa, in un do ut des che ricorda pericolosamente il vigile urbano o il finanziere che si prende la mazzetta se non vuoi avere una multa e che fu una delle cause, anche se non quella scatenante, dello scisma Protestante. Ordunque: leggo da Wikipedia che il Perdono d’Assisi, voluto fortemente da san Francesco che andò appositamente dal neoeletto papa Onorio III, fu il primo esempio di delocalizzazione, e soprattutto gratuità pratica, dell’indulgenza plenaria. Certo furono messi dei paletti, tipo la possibilità di ottenerla solo un giorno ogni anno; però è comunque un segno di quella che poi (non) è stata la Grande Riforma Medievale della Chiesa Cattolica. Sicuramente aiutava il fatto che Francesco, a differenza per esempio di Valdo, stava relativamente vicino a Roma. Però…

Ultimo aggiornamento: 2012-08-02 10:42

don Verzé: sospeso a divinis oppure no?

Dopo la morte di don Luigi Verzé sono ritornate prepotenti le voci sulla passata sospensione a divinis del fondatore del San Raffaele (che comunque aveva nemici anche tra i cattolici intransigenti, si legga ad esempio qui). C’è stata? non c’è stata? c’è stata ma poi è stata tolta? Essendo io bloccato a casa in quanto malato e spinto da questo thread su FriendFeed, ho pensato di vedere cosa potevo fare come .mau.croft cercando accuratamente in rete e valutando quanto trovato. Ecco qua i miei risultati.
Innanzitutto sono partito da Wikipedia. Non che io creda che dica la verità, ma spero sempre che siano state citate le fonti (uno dei punti fondamentali dell’enciclopedia libera) per valutarle. Attenzione: metto i link alla versione delle voci che ho consultato, in futuro le cose potrebbero cambiare. La voce su Verzé afferma che Verzé fu «”interdetto” dalla Curia milanese il 26 agosto 1964 con “la proibizione di esercitare il Sacro ministero”» (da un libro del 1994 della Kaos edizioni) ed è stato «sospeso a divinis dalla Curia milanese nel 1973» (da un’interrogazione parlamentare di Pannella e altri tre deputati radicali del 1978). Cominciamo dal secondo punto. Nonostante quello che credevo, la sospensione a divinis (cioè il divieto di officiare i sacramenti) può anche essere comminata dal vescovo e non solo dal papa, almeno leggendo il codice di diritto canonico (ho anche chiesto per sicurezza a un monsignore mio amico), anche se la cosa non è usuale. Però, anche se Pannella è pronipote di un omonimo importante prete cattolico dell’Ottocento – vi siete mai chiesti perché non vuole essere chiamato Giacinto? – non credo sia una fonte così valida per accertarsi della sospensione. La voce Sospensione a divinis parla di don Verzé citando nuovamente il succitato libro e ponendo la presunta sospensione nel 1974 (non fate caso alla didascalia “senza fonte”: ce l’ho aggiunta io :-) ). Già un anno di differenza non è malaccio su queste fonti, vero?
Sono poi passato all’Archivio Storico della Stampa, per cercare “vecchie” notizie su don Verzé. Nell’edizione del 15 dicembre 1973 a pagina 11 c’è un articoletto che parla di uno scandalo sulla costruzione del San Raffaele (toh…), e si legge «don Luigi Maria Verzé, 53 anni, d’origine veronese, che nella diocesi di Milano non può, per superiore decisione ecclesiastica, esercitare il suo ministero.» Questo ricorda abbastanza il primo punto di cui sopra, vero? Il mistero inizia forse a chiarirsi. Un prete opera (tecnicamente si dice “è incardinato”) in una diocesi. Se cambia diocesi deve chiedere il permesso al vescovo locale, e a quanto pare questo permesso non gli è stato dato oppure gli è stato poi tolto: cosa ben diversa dalla sospensione a divinis, che vale su tutto l’orbe terracqueo. Per curiosità, nella cache di Google del sito della diocesi di Verona (vedi immagine qua) c’era effettivamente una pagina dedicata a don Verzé, il che fa immaginare che continuava a essere incardinato nella sua diocesi originaria.
Nonostante Google dal mio PC sia insolitamente tarpato, tanto che ho dovuto usare il telefonino per scoprirlo, sono poi riuscito a trovare gli Acta Apostolicae Sedis di gennaio 2006, nelle quali a pagina 78 si annuncia che il sac. Luigi Verzé (Verona) è stato nominato “Cappellano di Sua Santita”. Non essendoci altri Verzé nella diocesi veronese, direi che è proprio il nostro Luigi Maria: quindi nel 2006 la sospensione sicuramente non c’era. Possiamo discutere se c’era stata in passato: ma allora probabilmente si sarebbe trovato un qualche sito che commentava la notizia al tempo, no? Non che tutto questo cambi una virgola sul giudizio da dare all’imprenditore-prete, però potrebbe cambiarlo sul giudizio da dare a tutti questi copioni in rete che prendono una non-notizia e la diffondono così tanto da farla diventare vera…

Ultimo aggiornamento: 2012-01-03 10:06

Martini – Tettamanzi – Scola

Ora che il Patriarca di Venezia è stato spostato più o meno d’imperio alla guida dell’arcidiocesi di Milano sono in tanti a pensare che Angelo Scola, da buon “amico di CL”, porterà una non si sa bene quale restaurazione. Io non sono molto addentro a queste cose, checché se ne possa pensare; però ricordo che quando Tettamanzi successe a Martini ci furono grandi diatribe sul suo conservatorismo e sulla sua mania di protagonismo che era arrivata al punto di convincere GP2 a spostare un cardinale arcivescovo (prima Dionigi era a Genova), cosa che non era affatto standard in quel periodo. Poi si è visto cosa è successo, con il cardinale-imam (occhei, un giudizio di Salvini conta poco).
Insomma, io resto a vedere cosa farà, senza preconcetti (tranne quelli contro Comunione e Liberazione, scusatemi ma lì proprio non ce la faccio ad essere neutrale)

Ultimo aggiornamento: 2011-06-30 07:00

De Mattei, Sodoma e Gomorra

Dev’essere davvero dura la vita del vicepresidente del CNR Roberto De Mattei. Non solo è costretto, pur di rendere noto al mondo intero il messaggio divino, a esprimere concetti sempre più forti che però hanno sempre meno spazio sui media “laici” (no, non è una campagna anticattolica, ma il semplice risultato della mitridizzazione dell’opinione pubblica) ma viene anche indirettamente rampognato da padre Cantalamessa (che – nomen omen – è il predicatore pontificio…) e financo dal Papa stesso, tanto che nel suo sito si sente in obbligo di esprimere delle controaffermazioni sul contenuto della predica stessa… argomentazioni, le sue, che mi sa non siano state raccolte dalla stampa. Proprio un complotto, non c’è che dire.
Ora io sono notoriamente un pessimo cattolico, e non ho certo una formazione teologica. Però, quando sento parlare di distruzione per castigo divino, mi torna subito in mente la storia di Sodoma e Gomorra. Il capitolo 19 della Genesi, quando gli inviati del Signore arrivano da Lot e subito i sodomiti vorrebbero abusare di loro, è sicuramente ben noto a tutti almeno nelle grandi linee; ma magari molti non hanno mai letto il capitolo precedente, quello dove Dio comunica ad Abramo che è pronto a distruggere le due città e il profeta, peggio di un commerciante levantino, inizia un tiremmolla convincendo Dio a promettere che non avrebbe distrutto la città se avesse trovato un numero abbastanza alto di giusti; numero che inizialmente Abramo pone a cinquanta, per scendere via via fino a dieci. Potremmo argomentare che Dio, essendo onnisciente, ha giocato un po’ come il gatto con il topo; ma è anche vero che Lot, in qualità di giusto, viene fatto fuggire. Insomma, il castigo di Dio secondo la Bibbia non cade ugualmente su buoni e cattivi, ma c’è comunque una separazione.
Eppure secondo De Mattei questa separazione non ci sarebbe stata; il terremoto + tsunami giapponese è simbolo del castigo di Dio. Ma allora non c’era nemmeno un giapponese “buono” e risparmiato? Non mi pare che il successivo riposizionamento di De Mattei, con la “sofferenza vicaria” delle anime che si offrono volontariamente in espiazione, sia applicabile, anche perché in tal caso il castigo non sarebbe dovuto esserci stato. Non parliamo poi del Dio che vorrebbe il male “per accidens”; a questo punto sarebbe un ribaltamento a 180 gradi del suo pensiero originario e allora le altre tre schermate di giustificazioni sarebbero inutili. Oppure siamo noi che non ci siamo accorti di un rivolo di nipponici giusti che si sono allontanati di soppiatto dall’area devastata prima del giorno fatale? O peggio ancora, nessuno ha cercato di intercedere con Dio per risparmiare il Giappone? Questa sì che sarebbe una vergogna: Roberto De Mattei dovrebbe fare pubblica ammenda e penitenza per questo suo atto di superbia che ha impedito a molti giusti il poter vivere ancora lunghi anni!

Ultimo aggiornamento: 2011-04-28 11:58

Chiesa cattolica e pedofilia

Vabbè, che Richard Dawkins voglia fare arrestare papa Benedetto XVI per crimini cntro l’umanità mostra semplicemente come Dawkins sia bravo a farsi pubblicità. Ma d’altra parte tutta la campagna attuale è nata facendo volontariamente confusione tra i vari piani di lettura.
Premessa: anche un solo prete pedofilo è un pedofilo di troppo.
Premessa 2: in quanto pedofilo, un prete pedofilo deve essere denunciato e portato alle autorità civili esattamente come un qualunque pedofilo.
Ciò detto, come fa la chiesa cattolica a scoprire che un prete è pedofilo? Se lo sa per confessione, l’unica cosa che può fare il prete è rifiutargli l’assoluzione, e (forse, il diritto canonico non è il mio forte) segnalare a qualche autorità di controllarlo per il futuro, proprio come il segreto professionale per l’avvocato può essere rotto solo se l’assistito sta per compiere un delitto grave. Inutile aggiungere che se la cosa fosse scoperta da qualcun altro, allora la gerarchia ecclesiastica avrebbe l’obbligo di collaborare.
Ma tralasciando per il momento tutto questo, qual è l’importanza dello spretamento dei preti pedofili, la cui mancanza porterebbe all’accusa di crimini contro l’umanità? Tale importanza può solo esserci all’interno della chiesa cattolica e sicuramente farà allontanare molti fedeli, ma dal punto di vista penale è assolutamente irrilevante.
(ps: per la cronaca, le controstatistiche sull’ampiezza della pedofilia tra i sacerdoti rispetto al resto della popolazione sono fallate in partenza non tenendo conto dell’inferenza bayesiana: ma v isto che tanto queste non sono cose su cui fare le statistiche col bilancino, non importa)

Ultimo aggiornamento: 2010-04-13 12:21

si litiga sul lezionario ambrosiano

Non credo che la cosa interessi a molti, ma è poco più di un anno che nel rito cattolico ambrosiano (insomma, quello delle messe a Milano) è stato adottato un nuovo lezionario; insomma, vengono fatte delle letture bibliche ed evangeliche diverse da prima e diverse da quelle che si fanno in tutto il resto del mondo. Si sa, gli ambrosiani hanno sempre voluto fare di testa propria; tanto per dire, ieri non era il mercoledì delle Ceneri, che di per sé non esiste nemmeno visto che l’imposizione delle ceneri è il primo lunedì di Quaresima.
Non è che questo nuovo lezionario abbia suscitato chissà quali entusiasmi, almeno a quanto ho sentito io; ma non mi aspettavo che il mormorio arrivasse fino a gente come il cardinale Biffi, come ho scoperto leggendo Sandro Magister. Io sono fatto strano, ma mi diverto più a leggere di queste diatribe piuttosto che le beghe meschine sul caso Boffo…
(il mio giudizio da assolutamente non addetto ai lavori: mi è sembrato che la chiesa milanese abbia voluto rimarcare la diversità con Roma e le sue origini più legate alle chiese orientali, ma che abbiano voluto strafare)

Ultimo aggiornamento: 2010-02-18 08:00

Forse Dio non c’è, ma non lo si può dire

A quanto pare, anche l’ultimo tentativo di campagna pubblicitaria dell’UAAR sulle fiancate degli autobus è saltato. La frase, “La buona notizia è che anche Zeus non esiste. Quella cattiva, è che solo di Zeus puoi dirlo”, sembra che andasse bene; ma la “firma” no. Per la cronaca, il messaggio era siglato “uaar.it – Liberi di non credere in Dio”.
A me la frase scelta per la campagna (e che ricordo non è la traduzione di quella apparsa nel Regno Unito) non è che piaccia, però è preoccupante che qualcuno – chiunque sia stato – possa obiettare sul testo “Liberi di non credere in Dio”. La logica conseguenza è infatto che questa libertà non esiste, o a essere molto buoni deve essere tenuta assolutamente nascosta. D’accordo, come cattolico potrei citare Giovanni 8, 31-32 («Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi») ai quali un ateo potrebbe ribattere con Amos 4,10 («Essi odiano chi ammonisce alla porta e hanno in abominio chi parla secondo verità.»); molto più banalmente trovo che non bisogna aver paura di quello che uno afferma, ma solo di quello che uno ti costringe ad affermare.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-18 11:58