[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
Anche stavolta non ho controllato, quando ho chiesto il libro per recensione, che non fosse parte di una serie. Questo è il secondo testo (e ce ne sarà almeno un terzo), il che significa che anche se trovo molti riferimenti che dovrebbero spiegare cosa è successo nel primo volume ho avuto parecchi problemi nel comprendere lo sfondo su cui il racconto si basa. Aggiungiamo anche che ci sono varie storie che alla fine si intrecciano, e capirete che ogni tanto mi sono perso. Però direi che l’impressione complessiva è buona: ci sono moltissime idee, e la descrizione del pianeta Tashwa e della razza senziente che lo abita, i Kuralim, è molto interessante. Posso al più lamentarmi che qualche volta ho trovato frasi un po’ stucchevoli, ma in genere la voglia di sapere come la storia continuava me le faceva saltare a piè pari…
Simon A. G. Spencer, Blood of Gods, Brain Lag 2024, pag. 577, € 8,31, ISBN 9781998795161 – se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me)
Voto: 4/5
Ultimo aggiornamento: 2024-08-03 17:42

I libri sul rapporto aureo, nel bene e nel male, sono solitamente pieni di fattoidi tendenti al new age, anche quando l’autore vuole spiegare perché quelle associazioni sono tirate per i capelli e non hanno nessun fondamento reale. Ben venga quindi questo libro, dove Dunlap si limita a considerazioni puramente matematiche sul rapporto aureo (e sui numeri di Fibonacci e di Lucas, che sono strettamente collegati ad esso). È un po’ buffo che Dunlap usi il “vecchio” simbolo τ per il numero, dopo che già da un paio di decenni Martin Gardner aveva sdoganato il ϕ (più per Fibonacci che per Fidia, secondo me), ma non è un problema. Peccato per qualche refuso che rende più complicata la lettura, come quando un ottaedro è diventato un tetraedro.
 Avrei dovuto accorgermi prima che Banti è uno storico (è perfino possibile che quarant’anni fa l’abbia per caso incontrato nella mensa della Normale…) e non un critico musicale. Questo significa in pratica che il primo capitolo del libro non ha in realtà nulla a che fare con la musica, ma cerchi di mostrare somiglianze e differenze tra gli USA e il Regno Unito nei quindici anni dopo la seconda guerra mondiale. Nel seguito entra più nel merito musicale, anche se la sua scelta è comunque quella di raffrontare Sgt. Pepper con la varia musica che si faceva in quel periodo e in quello precedente. A me personalmente è interessata soprattutto l’analisi musicale di Pasquale Laino (attenzione: è roba tosta, dovete saperne già di musica) e ho trovato comodo il lungo glossario di termini musicali alla fine del libro.
 D’accordo. Purini è un architetto, non un matematico. Potevo aspettarmi insomma che questo libro non fosse un trattato sulla parte matematica della sezione aurea ma sul suo uso (e non uso) in architettura, e la cosa mi sarebbe andata più che bene. Però di sezione aurea non se ne parla praticamente per nulla: Purini preferisce far vedere quante cose sa (tante), scrivere in maniera aulica (ma questo è un problema mio, che non ho fatto le alte scuole), lamentarsi dello stato dell’arte dell’architettura, accennare che «Nel Novecento l’unica discussione di livello mondiale riguardante il senso della sezione aurea all’interno del problema delle proporzioni fu proprio quella organizzata a Milano nel 1951.» (ma poi non parlarne…). Per dire: io so che cos’è il Modulor, ma dai 3 (tre) accenni nel testo il lettore ignaro non ha nessuna idea che esso si basi sulla proporzione aurea, ma al più che c’è una proporzionalità.