Le equazioni differenziali hanno costituito il corpo principale di studi dell’analisi matematica negli ultimi due secoli, essendo il mezzo per descrivere moltissimi processi fisici. Marco Menale in questo volume ci dà un’idea dei due tipi di equazioni differenziali che vengono studiati: quelle ordinarie (le meno difficili: parlare di “facili” in questo campo non vale) e quelle alle derivate parziali. Lo fa partendo da due esempi pratici: per le seconde l’equazione del calore studiata da Fourier, quando ancora non era chiaro cosa si potesse fare, e per le prime la trasmissione di un’epidemia, con i famigerati R0 e Rt che apparivano a ogni istante quando il Covid è esploso.
Sara Zucchini ci parla di Ramanujan, genio matematico che diceva che le sue formule gli apparivano in sogno, inviategli dalla dea Namagiri (ammettetelo, piacerebbe anche a voi!); i giochi matematici trattano dei problemi geometrici tridimensionali, qualcosa che io odio con tutto il cuore: ma esistono anche quelli!
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Marco Menale, Le equazioni differenziali, allegato a Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera, €6.99 più il prezzo del giornale.
Ultimo aggiornamento: 2025-11-06 20:02

I libri sul rapporto aureo, nel bene e nel male, sono solitamente pieni di fattoidi tendenti al new age, anche quando l’autore vuole spiegare perché quelle associazioni sono tirate per i capelli e non hanno nessun fondamento reale. Ben venga quindi questo libro, dove Dunlap si limita a considerazioni puramente matematiche sul rapporto aureo (e sui numeri di Fibonacci e di Lucas, che sono strettamente collegati ad esso). È un po’ buffo che Dunlap usi il “vecchio” simbolo τ per il numero, dopo che già da un paio di decenni Martin Gardner aveva sdoganato il ϕ (più per Fibonacci che per Fidia, secondo me), ma non è un problema. Peccato per qualche refuso che rende più complicata la lettura, come quando un ottaedro è diventato un tetraedro.
Avrei dovuto accorgermi prima che Banti è uno storico (è perfino possibile che quarant’anni fa l’abbia per caso incontrato nella mensa della Normale…) e non un critico musicale. Questo significa in pratica che il primo capitolo del libro non ha in realtà nulla a che fare con la musica, ma cerchi di mostrare somiglianze e differenze tra gli USA e il Regno Unito nei quindici anni dopo la seconda guerra mondiale. Nel seguito entra più nel merito musicale, anche se la sua scelta è comunque quella di raffrontare Sgt. Pepper con la varia musica che si faceva in quel periodo e in quello precedente. A me personalmente è interessata soprattutto l’analisi musicale di Pasquale Laino (attenzione: è roba tosta, dovete saperne già di musica) e ho trovato comodo il lungo glossario di termini musicali alla fine del libro.
D’accordo. Purini è un architetto, non un matematico. Potevo aspettarmi insomma che questo libro non fosse un trattato sulla parte matematica della sezione aurea ma sul suo uso (e non uso) in architettura, e la cosa mi sarebbe andata più che bene. Però di sezione aurea non se ne parla praticamente per nulla: Purini preferisce far vedere quante cose sa (tante), scrivere in maniera aulica (ma questo è un problema mio, che non ho fatto le alte scuole), lamentarsi dello stato dell’arte dell’architettura, accennare che «Nel Novecento l’unica discussione di livello mondiale riguardante il senso della sezione aurea all’interno del problema delle proporzioni fu proprio quella organizzata a Milano nel 1951.» (ma poi non parlarne…). Per dire: io so che cos’è il Modulor, ma dai 3 (tre) accenni nel testo il lettore ignaro non ha nessuna idea che esso si basi sulla proporzione aurea, ma al più che c’è una proporzionalità.