È stato molto bello vedere tradotto in italiano questo libretto (Donald E. Knuth, Numeri surreali : Come due ex studenti scoprirono la matematica pura e trovarono la vera felicità , Franco Angeli 2016 (1974), pag. 110, € 15, ISBN 9788891728012), che ha inaugurato la collana Scienza FA di Franco Angeli. Io avevo letto l’edizione originale una ventina d’anni fa e l’ho sempre ricordata con piacere. Il libro tecnicamente è una “novelette”, ma non si può leggere come un romanzo, perché di matematica ce n’è parecchia. Ma d’altra parte non è nemmeno un manuale di matematica, anche se alla fine surrettiziamente Knuth ha aggiunto qualche esercizio. In realtà è un modo per vedere come si fa davvero matematica. Si parte da una serie di regole – quelle di JHWH Conway sono solo due, proprio un insieme minimale – e si verifica da un lato che siano coerenti e dall’altro che creino una teoria interessante. Nel testo si vedono delle false strade, dei ripensamenti e a un certo punto ci si accorge di un errore fondamentale dovuto al pensare troppo per analogia: tutte cose che capitano, ma che i libri di testo nascondono accuratamente. Non è probabilmente un libro per tutti, ma gli appassionati di matematica non dovrebbero farne a meno. La traduzione di Francesco Oliveri è molto ben fatta dal punto di vista matematico, ma a mio parere avrebbe dovuto osare un po’ di più nelle parti più discorsive, che sono rimaste un po’ piatte. Sicuramente meglio così che una traduzione fiammeggiante ma incomprensibile, intendiamoci!
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_La ludoteca di Babele_ (libro)
Dopo Il falò delle vanità, nel quale aveva distrutto le poche certezze che io avevo a riguardo della creatività, Stafano Bartezzaghi pubblica nuovamente per Utet; (Stefano Bartezzaghi, La ludoteca di Babele, Utet 2016, pag. 210, € 14, ISBN 978-88-511-3858-5) stavolta si dedica al concetto di gioco, partendo dalla semplice considerazione che non era convinto delle tantissime definizioni diverse che aveva raccolto nei decenni. Il risultato però non mi pare del tutto convincente. Ci sono delle classificazioni interessanti e condivisibili, come la distinzione tra paidia anarchica e ludus irreggimentato, ripresa poi da Eco su play e game, oppure la tetractomia di Roger Caillois tra l’agon competitivo, l’alea contro il destino, la mimicry che si dedica all’illusione e l’ilinx vertiginoso. Però avrei sperato di trovare una tassonomia più completa,che invece sfugge alla lettura. In definitiva, il succo è che il gioco può essere una cosa seria oppure no, e tutto dipende da noi.
(P.S.: ricordo che Utet ha l’ottima usanza di regalare l’ebook a chi compra l’edizione cartacea del libro. Se vi chiedete a che diavolo serve, rispondo “volete mettere la semplicità di fare una ricerca nel testo senza doversi scorrere tutto il libro?”)
_Oltre il rumore_ (ebook)
Il rumore che dà il titolo a questo ebook (Antonio Pavolini, Oltre il rumore, Informant 2016, pag. 102, € 3,99, ISBN 978-88-98194-66-7) è duplice. Da una parte è quello generato da milioni di persone che sembrano avere scambiato la rete per un ring dove tirare fuori i propri peggiori istinti. Dall’altro è quello cercato puntigliosamente dai vecchi media, a partire dai giornali per arrivare soprattutto alla televisione: la tesi di Pavolini è che gli old media sappiano perfettamente che nel lungo termine saranno soppiantati, ma stiano facendo in modo di rallentare per quanto possibile il loro declino, seguendo la buona vecchia strategia di lasciare il problema ai propri successori.
Io sono molto più pessimista di Pavolini e non credo che dalla rete si riuscirà mai a estrarre più segnale che rumore, per l’ottima ragione che da che mondo è mondo chi è davvero interessato alla conoscenza è una sparuta minoranza e non è che dare una piattaforma abilitante, o addirittura un nuovo paradigma, cambi le carte in tavola. Ma anche quando non ero d’accordo con le sue tesi, ho trovato il suo modo di leggere gli avvenimenti della rete davvero interessante e fuori dal coro nel vero senso del termine: non banalmente per mostrare come si è bravi a dire l’opposto di quanto blatera la massa – quello lo sanno fare in tanti, e si potrebbe quasi creare un bot che lo faccia – quanto piuttosto nel leggere quello che è capitato negli ultimi decenni e sta capitando oggi da un punto di vista diverso dalla narrazione che ci troviamo davanti tutti i giorni, che come detto sopra nasce tipicamente dagli Old Media. E anche se a me Tumblr non piace molto, non posso non essere d’accordo con lui quando mostra che non sono le major ma gli utenti a decidere quale uso fare di un’applicazione. Consiglio insomma la lettura a tutti coloro che sotto sotto qualche dubbio ce l’hanno ma non bevono le storie raccontate dai neoluddisti della rete: potranno trovare nuove tessere del mosaico che è Internet.
Ultimo aggiornamento: 2016-10-15 09:17
_Algoritmi_ (libro)
Che cos’è un algoritmo? Oramai la metafora classica è ben nota: una ricetta, dove però non si trovano quelle indicazioni “un pizzico”, “q.b.” e simili che fanno imbestialire chi come me non capisce perché i dati nonpossano essere specificate una volta per tutte. In questo libro (Carlo Toffalori, Algoritmi, Il Mulino 2015, pag. 208, € 14, ISBN 9788815254153), però, Toffalori ci porta più avanti, dandoci un assaggio di come gli algoritmi si possano catalogare. La differenza tra le classi P (gli algoritmi che hanno una soluzione in tempo che varia come una specifica potenza della dimensione dei dati in ingresso) e NP (gli algoritmi per cui al momento sappiamo solo dimostrare rapidamente che una soluzione dataci è in effetti corretta, ma per cui al momento il tempo necessario per trovare una soluzione cresce esponenzialmente con la dimensione dei dati) è nota a molti, ma Toffalori aggiunge tante altre classi, creando uno zoo di algoritmi che non si sa ancora classificare in modo unitario. L’unico appunto che posso fare al libro è che sceglie di parlare di algoritmi a livelli molto diversi, perdendo probabilmente parte dei lettori e annoiandone il resto. È inutile: non si può scrivere un testo per tutti.
_Dire quasi la stessa cosa_ (libro)
Cosa vuol dire tradurre? La domanda è meno peregrina di quanto appaia. Se ci fosse una risposta precisa, non ci sarebbe alcun problema almeno in linea di principio ad avere una traduzione automatica o perlomeno una teoria della traduzione: ma entrambe le cose non esistono. In passato, anche Umberto Eco si era cimentato nel raccontare la sua idea di traduzione, come vista dal punto di vista un po’ di sbieco dato dalla semiotica; in questo libro (Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa : Esperienze di traduzione, Bompiani 2013 [2012], pag. 391, € 12, ISBN 9788845274862) raccoglie il testo di alcune sue conferenze e seminari, rivedendolo per uniformarlo. Come sicuramente immaginate, più che di traduzione si parla di Eco: con l’autoreferenzialitàche gli era solita, scrisse subito che riteneva che gli unici a poter parlare di traduzione sono gli autori che hanno tradotto e inoltre sono stati tradotti, e quindi parla solo di opere sue in un sensoo nell’altro. Una volta accettata questa premessa e il corollario che l’opera è infarcita di citazioni in varie lingue (per fortuna romanze e anglogermaniche…), il testo si fa leggere bene come prosa. Limitandomi io alla prima metà delle caratteristiche richieste – nessuno ha mai tradotto i miei libri, e comunque scrivo saggistica e non letteratura – non sarei titolato a dare un giudizio: ma faccio finta di niente e confermo che i punti trattati da Eco nella prima parte sono quelli che un qualunque traduttore degno di questo nome conosce più o meno esplicitamente: se non avete mai tradotto, capirete finalmente perché più che di traduzione si dovrebbe parlare di negoziazione. Poi il semiologo prende il sopravvento e comincia a parlare di “traduzioni” che traduzioni non sono, essendo più che altro tentativi di rendere in modi e media diversi “quasi la stessa cosa”. Qui mi sono perso, anche perché più che una teoria abbiamo un florilegio di esempi. In definitiva credo che il testo sia più che altro utile a chi non ha mai pensato a cosa sta dietro alla versione tradotta del libro che sta leggendo.
_L’evoluzione è ovunque_ (libro)
Tutti ci riempiamo la bocca con il darwinismo e l’evoluzione, ma spesso non abbiamo ben chiaro ciò che stiamo dicendo. In questo libro (Marco Ferrari, L’evoluzione è ovunque : Vedere il mondo con gli occhi di Darwin, Codice Edizioni 2015, pag. 220, € 16, ISBN 9788875785307) Marco Ferrari ci prende per mano e ci mostra come i concetti alla base del darwinismo si possano applicare anche al di fuori dell’evoluzione delle specie, arrivando alla medicina e all’agricoltura darwiniana. Personalmente ho trovato più noiosa la prima parte, quella che tratta più o meno dell’evoluzione in senso classico: cose che dal mio punto di vista sono note, ma che forse non lo sono per altri lettori. Proseguendo nella lettura, però, mi sono imbattuto in nozioni a me ignote e a punti di vista che mi erano sfuggiti. La maggior pecca, secondo me, è stata il volere evitare l’uso di un po’ di matematica, che avrebbe per esempio fatto comprendere meglio il ruolo del caso che un osservatore poco attento potrebbe confondere con la teleologia: non è per esempio che i nostri geni siano programmati per farci vivere solo qualche decennio, ma più banalmente una caratteristica che ottimizza le prestazioni durante il periodo riproduttivo ne soppianterà una che fa vivere più a lungo ma riduce la progenie per semplici ragioni statistiche.
_Eight Days a Week_ (film)
Anche se praticamente in zona Cesarini, sfruttando l’assenza dei bimbi sabato sera Anna mi ha regalato la visione del docufilm di Ron Howard sui concerti dei Beatles (dopo Please Please Me, per la cronaca). Dal mio punto di vista è stato un simpatico ricordo di cose che generalmente conoscevo già, e mi sono stupito di cosa siano riusciti a fare con il concerto allo Shea Stadium, dove le immagini sono nitide e non si sente nemmeno troppo rumore di fondo: come raccontano, per quel concerto la Vox aveva costruito apposta degli amplificatori da ben 100 Watt…
L’altra cosa che mi ha stupito è la qualità delle esecuzioni. Occhei, nel 1966 si erano scocciati e suonavano come veniva, ma nel 1965 l’esecuzione era praticamente impeccabile. A un certo punto Anna mi ha chiesto se avevano mixato la versione dell’LP, perché le sembrava assolutamente identica :-) Capisco che il film è per appassionati e non per il grande pubblico, però devo dire che è stato un buon lavoro.
Ultimo aggiornamento: 2016-12-11 09:20
_The Chess Mysteries of Sherlock Holmes_ (libro)
Questo vecchio libro di Raymond Smullyan, come dice il titolo (Raymond Smullyan, The Chess Mysteries of Sherlock Holmes, Random House 1979, pag. 171, ISBN 9780394737577), parla di problemi di scacchi. Ma questi problemi sono peculiari, perché le partite giocate sono tutto fuorché serie, pur rimanendo legali. I problemi sono infatti definiti di “analisi retrogada”: partendo dalla posizione mostrata occorre scoprire cosa è successo in passato, se per esempio si può fare un arrocco, oppure capire in quale di due caselle adiacenti bisogna posizionare un pedone, o così via. Essendo necessarie grandi doti di logica, è solo naturale che il protagonista sia Sherlock Holmes con il fidato dottor Watson. Secondo me dopo i primi esempi ci si stanca un po’, ma ci sono chicche tipo il matto che si può solo ottenere con la promozione di un pedone in un pezzo del colore opposto (fino a duecento anni fa non era vietato…) che vale la pena leggere.